Fake news: quanto vengono condizionati gli utenti?
Dilagano e si mostrano sgargianti soprattutto sul web: sono le fake news. Notizie derivate da equivoci, fraintendimenti o più frequentemente inventate di sana pianta. Dopotutto il settore in cui è più facile imbattersi in questo tipo di notizie è quello dei pettegolezzi. Flirt, rotture…la stessa persona può aver mollato sei persone ed essere single da sempre a seconda di chi la racconta.
Quando invece riguardano fatti politici o reati c’è da riflettere. Quanto possono condizionare chi legge, in buona fede?
fake news, inestirpabili come un’erbaccia
Difficile vedere Internet come un giardino ma la metafora rende bene l’idea. Partiamo dal significato dell’espressione inglese: fake, ossia falso, e news, ossia notizie. In italiano le chiamiamo comunemente bufale. in tono canzonatorio. Raramente però sono informazioni errate riportate in buona fede.
La maggior parte delle fake news consiste in contenuti falsi o distorti diffusi volontariamente. Per scioccare gli utenti dando loro qualcosa per cui discutere nel caso del gossip. Ma anche diffamare un politico o un’azienda se non un’intera associazione può essere un motivo alla base della loro diffusione.
Non si tratta neanche di una strategia nata con Internet. Da sempre sui giornali sono comparsi articoli poco attendibili o incentrati sulla propaganda contro una figura precisa. Semplicemente con il web si è introdotto l’elemento viralità in modo olto più accentuato. Una visibilità maggiore e una circolazione fuori controllo.
Per di più una volta che la verità viene a galla bloccare la catena è dura. Rincorrere la notizia falsa per rettificarla può richiedere del tempo e molti dubiteranno della seconda. Si aggiungono i social bot, che la ridiffondono simulando comportamenti di pesone reali.
Le sfaccettature del fenomeno: satira e disinformazione
Il fine delle fake news è manipolare il pubblico di chi legge le notizie in questione verso un pensiero o un atteggiamento. La forma però può variare a seconda del contesto in cui compaiono. Tra i contenuti falsi più comuni se ne individuano più tipologie.
La prima è costituita dalla satira e in realtà non è sempre studiata per riportare falsità. Riprendendo un dibattuto idelogico o politico alcuni articoli tendono a mescolare realtà e immaginazione per dare una connotazione. Da una lettura poco attenta però le similitudini possono non essere intese e sfociare nello scandalo è immediato. Non tutti abbiamo lo stesso senso dell’umorismo del resto.
Passiamo alla più diffusa disinformazione mirata. Nessun equivoco, qui l’ambiguità o la distorsione sono costruite ad arte. La disinformazione spesso viene anche tarata su gruppi più sensibili per essere assimilata immediatamente. Studi fasulli senza bibliografia, allarmi lanciati a caso…la rassegna è ampia.
Altri volti celati
Le fake news possono essere anche messaggi virali pubblicati a raffica sui social. In questo modo l’utente non ha modo né tempo di controllare l’autenticità di un post. Tenderà ad assimilare le informazioni senza porsi domande e assumere a reale ciò che ha visto su un argomento. Poi, distratto da altri contenuti, scorderà anche il piccolo dubbio che gli era sorto.
Una dinamica simile ce l’hanno i falsi titoli di testa. Quante volte abbiamo letto sul web testate allarmistiche o catastrofiche per scoprire che l’articolo raccontava altro? Montare i titoli nel giornalismo serve apposta per attirare l’attenzione ma spesso si inganna il lettore. In inglese questa pratica ha un nome preciso: clickbait headlines.
Una ricerca più accurata delle notizie porterebbe subito a galla ciascuno dei quattro volti delle fake news. Purtroppo però si getta uno sguardo veloce e rimane impresso il titolo, magari fuorviante. Nel gossip sui vip soprattutto capita spesso di leggere annunci scandalosi e scoprire si tratta di mere insinuazioni.