I fattori scatenanti l'Infanticidio
Nella società odierna, l’infanticidio è uno dei crimini più sconvolgenti, scioccanti e tragici, che solleva domande fondamentali sulla psicologia umana, il contesto sociale e le circostanze che possono portare ad un atto simile.
Cerchiamo di comprendere insieme le sue cause e le misure necessarie a prevenirlo!
Indice
Che cos’è l’infanticidio
L’atto dell’infanticidio comporta l’uccisione deliberata di neonati e bambini solitamente durante il primo anno di vita o nella prima infanzia da parte dei loro genitori o di chi ne ha la responsabilità. Può avvenire per varie ragioni e motivazioni complesse e multifattoriali.
Le tipologie di infanticidio e le circostanze specifiche sono varie ed includono:
- casi di negligenza e trascuratezza estrema;
- omicidi intenzionali;
- abbandono;
- asfissia;
- omicidio aggravato;
- pedofilia;
- abuso fisico per un’eccessiva punizione;
- incapacità totale o parziale d’intendere e di volere;
- incuria da situazioni da abuso di sostanze o alcol;
- quadri schizofrenici con deliri e allucinazioni;
- psicosi post-partum;
- depressione maggiore;
- sindrome di Munchausen per procura;
- sindrome di Medea;
- problemi familiari;
- situazioni di disperazione estrema;
- vendetta verso il coniuge nel tentativo di provocare sofferenza;
- tentativo di alleviare una sofferenza immaginata o reale al bambino;
- mancanza dell’instaurazione di un legame;
- altri metodi di uccisione.
A livello generale, le madri emergono come principali autrici, mentre i padri sono raramente coinvolti e il 20-25% delle vittime, vulnerabili e indifesi, sono neonati che hanno meno di un giorno di vita.
Infatti, il bambino è più a rischio nel periodo in cui il rapporto madre-figlio non ha ancora raggiunto un legame solido o non si è sviluppato l’attaccamento.
Cause e motivazioni
Le cause dell’infanticidio sono complesse e possono variare ampiamente.
Tra le principali figurano:
- disturbi mentali, quali depressione post-partum, schizofrenia o disturbo bipolare o abuso e dipendenza da sostanze;
- atti improvvisi e impulsivi che comportano la perdita di controllo con il neonato;
- stress estremo: pressione finanziaria, sociale e relazionale e contesti domestici caotici;
- rottura del legame madre-figlio: mancato sviluppo di un legame sano che porta a disconnessione emotiva e mancanza di empatia verso il bambino;
- negazione della gravidanza: i parti, spesso rapidi e ignorati, portano alla resa della negazione, innescando ansie intense che possono sfociare in atti drammatici;
- mancanza di supporto sociale: isolamento e privazione delle risorse necessarie per affrontare le sfide della genitorialità;
- stigmatizzazione sociale: timore del giudizio sociale e vergogna che portano nascondere la situazione e ritardare il ricorso a servizi di assistenza;
- storie famigliari problematiche: donne che provengono da famiglie numerose con un livello di istruzione più basso e spesso vittime di maltrattamenti nella loro infanzia;
- precedenti penali e problemi sociali: deprivazione sociale, accompagnata da relazioni personali disorganizzate e violente.
Occorre precisare che, contrariamente all’immagine stereotipata di madri mentalmente instabili, spesso chi commette infanticidio presenta caratteristiche quali:
- passività;
- immaturità;
- dipendenza;
- intelligenza e mediamente inferiore.
Caratteristica del profilo killer
Di certo, ogni caso di infanticidio va a sé e dipende da una complessità di sfumature psicologiche e sociali.
In questo contesto, a livello generale, emergono però alcune caratteristiche distintive quali
- giovane età: spesso sotto i 20 anni e single. Le gravidanze sono in gran parte non pianificate e celate, alimentando la motivazione principale di questo atto tragico ovvero il rifiuto del bambino indesiderato;
- fragilità del neonato, con fattori come la difficoltà nell’alimentazione o nel sonno, frequenti crisi di pianto onascite complicate;
- gravi disturbi mentali: episodi psicotici, allucinazioni o deliri o combinazione di stress, depressione, disconnessione emotiva e rabbia accumulata. In questo senso l’infanticidio rappresenta una forma di disimpegno emotivo estremo, in cui il genitore perde il senso di responsabilità verso il bambino e non riesce a comprendere le implicazioni delle proprie azioni.
Prevenire un atto così drammatico è molto complicato ma è essenziale un approccio comprensivo che includa:
- rilevazione precoce, per fornire supporto e interventi tempestivi;
- accesso a servizi di salute mentale di qualità;
- percorsi di educazione alla genitorialità tramite programmi educativi e di sensibilizzazione per aiutare a sviluppare le competenze necessarie;
- supporto a famiglie in difficoltà tramite servizi sociali, consulenza e assistenza economica.
Infanticidio: un po’ di dati
In Italia, a partire dal 2010 fino ad arrivare ad oggi, si sono verificati ben 268 casi di figlicidio. Nel 55,6%, le vittime erano minori di 12 anni.
Nello specifico:
- 39,7%: tra 0 e 5 anni
- 16,2%: tra i 6 e gli 11 anni
- 9,6%: adolescenti
- 34,4%: maggiorenni
- 56,8%: maschi
- 43,7%: femmine
Emerge inoltre che le madri risultano essere le autrici prevalenti di infanticidio nella fascia di età che va dai 0 ai 5 anni, pari al 57,5%.
Nella medesima fascia d’età, i padri raggiungono invece la percentuale di 42,5%. Occorre sottolineare che, in particolare, le madri sono responsabili della quasi totalità degli neonaticidi censiti, rappresentando 35 dei 39 casi complessivi. Inoltre, si attesta a circa il 43,3%, il suicidio conseguente all’omicidio, soprattutto in contesti familiari e relazioni di coppia, evidenziando il profondo malessere emotivo e psicologico che accompagna tali eventi.
Nella medesima fascia d’età, i padri raggiungono invece la percentuale di 42,5%. Occorre sottolineare che, in particolare, le madri sono responsabili della quasi totalità degli neonaticidi censiti, rappresentando 35 dei 39 casi complessivi. Inoltre, si attesta a circa il 43,3%, il suicidio conseguente all’omicidio, soprattutto in contesti familiari e relazioni di coppia, evidenziando il profondo malessere emotivo e psicologico che accompagna tali eventi.
A livello legale, infine, le madri killer vengono spesso trattate con relativa indulgenza: molte non vengono incriminate e, se subiscono una condanna, ricevono una pena condizionale.
Tutto ciò che abbiamo analizzato finora offre uno sguardo sulla complessità del fenomeno, evidenziando la varietà di circostanze e dinamiche che portano a tragiche situazioni. Di certo, l’educazione alla genitorialità è fondamentali per proteggere i bambini vulnerabili e provare a prevenire l’infanticidio.
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