Ed Gein, il “macellaio di Plainfield"
Dietro l’apparenza innocua di un contadino del Wisconsin, si nascondeva una delle figure più inquietanti e influenti dell’intera storia della criminologia americana: Ed Gein, l’uomo che avrebbe ispirato alcuni personaggi terrificanti della cultura pop — da Norman Bates a Leatherface. Quando, negli anni Cinquanta, gli investigatori entrarono nella sua fattoria di Plainfield, si trovarono davanti a una scena così macabra da cambiare per sempre il modo di raccontare il male nella società statunitense.
Il caso di Ed Gein non è soltanto un episodio di cronaca nera, ma un punto di svolta nello studio dei disturbi mentali, della violenza domestica e delle dinamiche psicologiche legate all’isolamento e al fanatismo familiare. La sua vicenda ha aperto interrogativi profondi su come un ambiente oppressivo e un trauma irrisolto possano generare comportamenti estremi, diventando materiale di studio per psichiatri, criminologi e storici del crime.
In questo articolo ricostruiremo in dettaglio i crimini, il profilo psicologico e il contesto che hanno portato alla nascita del “macellaio di Plainfield”, analizzando perché il suo nome continua a esercitare un fascino oscuro a oltre mezzo secolo di distanza. Una storia che svela non solo l’orrore, ma anche i meccanismi della mente umana quando si spinge ai suoi limiti più disturbanti.
Chi è Ed Gein: alle radici di una mente disturbata
Quando anche la madre muore nel 1945 per un ictus, Gein perde l’unico punto di riferimento, precipitando in una solitudine che si trasforma progressivamente in delirio.
La discesa nella follia
Lavora saltuariamente come contadino o babysitter, ma trascorre gran parte del tempo nella sua casa ad ossessionarsi con racconti di morte, crimini, articoli su cannibali, esecuzioni e atrocità naziste, affascinato in particolare dalla figura di Ilse Koch, la “strega di Buchenwald”, che confezionava oggetti con pelle umana.
Tra il 1947 e il 1957, Ed comincia a frequentare i cimiteri locali, riesumando i corpi di donne che gli ricordano la madre e compiendo con essi pratiche rituali e macabre operazioni di conservazione. Nello specifico: li scuoia, conserva parti del corpo e li trasforma in oggetti domestici quali sedie rivestite con epidermide umana, lampade e vestiti, tazze di cranio e maschere di pelle.
I delitti di Plainfield
- teschi umani usati come ciotole;
- cinture fatte di capezzoli;
- maschere di pelle umana;
- ossa trasformate in mobili;
- un corsetto ricavato dal torso di una donna;
- un cuore umano in una casseruola.
Perché il nome di Ed Gein continua a esercitare un fascino oscuro
Il caso di Ed Gein è uno di quelli che non smettono di attirare l’interesse di criminologi, ricercatori, scrittori e appassionati di true crime.
A differenza di molti altri criminali seriali, Gein non ha lasciato una lunga scia di omicidi: la natura dei suoi atti e il contesto psicologico in cui sono maturati hanno scolpito il suo nome nell’immaginario collettivo. Il suo fascino oscuro nasce da una combinazione di elementi unici e disturbanti.
1. L’orrore “domestico”: il male nascosto nella normalità
A differenza di criminali più “visibili”, Ed Gein viveva una vita apparentemente semplice, solitaria, quasi banale. Era un contadino timido, rispettoso, considerato eccentrico ma innocuo. Scoprire che, dietro quella facciata ordinaria, si nascondeva un mondo di violenza, necrofilia e pratiche macabre crea un senso di spaesamento psicologico: il male non appare come altro da noi, ma come qualcosa che può annidarsi nella quotidianità più semplice.
2. L’immaginario horror plasmato dal caso Gein
Gein non è solo un criminale: è diventato un archetipo. I suoi comportamenti hanno ispirato alcuni dei personaggi più iconici del cinema e della letteratura horror:
- Norman Bates in Psycho
- Leatherface in Non aprite quella porta
- Buffalo Bill ne Il silenzio degli innocenti
Questi personaggi hanno amplificato la leggenda di Ed Gein, trasformandolo da caso reale a simbolo culturale di follia, repressione e violenza domestica. Il pubblico continua a chiedersi come un uomo reale possa aver ispirato tre dei mostri più celebri della storia del cinema.
3. Il rapporto morboso con la madre: una storia di controllo e dipendenza
Una delle componenti più studiate è il legame psicopatologico con la madre Augusta. Autoritaria, religiosa in modo ossessivo, isolazionista, ha plasmato l’intera identità del figlio fino a renderlo incapace di distinguere desiderio, colpa e realtà.
Questo scenario fornisce materiale prezioso per psicologi e criminologi: rappresenta un caso estremo ma emblematico di dipendenza affettiva patologica, distorsione morale e internalizzazione tossica del senso di peccato.
4. Il confine ambiguo tra necrofilia, identità e dissociazione
Ed Gein non è classificabile come serial killer tradizionale. I suoi comportamenti includono elementi di necrofilia, feticismo, dissociazione e ritualità.
La creazione di oggetti, indumenti e maschere ricavati da resti umani — e la costruzione di un “corpo alternativo” ispirato probabilmente al desiderio di identificarsi con la madre — continua a generare interrogativi sul rapporto tra trauma, identità e fantasie distruttive.
5. Una storia che interroga la società
Il caso Gein non affascina solo per la sua componente macabra, ma perché tocca temi profondi:
- cosa può generare un ambiente familiare patologico?
- quanto pesa l’isolamento sociale sui disturbi mentali?
- fino a che punto un individuo può essere “prodotto” del proprio contesto?
Sono domande ancora attuali, che contribuiscono a mantenere viva la discussione attorno alla sua figura.
Analisi psicologica e lascito culturale
- schizofrenia paranoide;
- necrofilia;
- disturbo dell’identità di genere;
- dipendenza affettiva;
- allucinazioni e deliri di colpa sessuale radicato nell’infanzia.
Il personale lo descrive come un paziente tranquillo, dedito alla lettura e al giardinaggio. Muore nel 1984, a 77 anni, per insufficienza respiratoria.
