Cyberbashing: definizione del fenomeno in criminologia
Quando il bullismo diventa digitale si evolve in Cyberbashing. O meglio, una sua sfumatura che prevede la diffusione di filmati con aggressioni fisiche. Un aspetto del cyberbullismo noto anche come Happy Slapping. L’espressione che denoma una quasi totale mancanza di empatia. dell’aggressore verso la vittima.
Poiché il fenomeno è diffuso tra i giovanissimi, vale la pena approfondirlo per saperlo riconoscere.
Cyberbashing: caratteristiche
Chi compie azioni di Cyberbashing si sente a suo modo protetto dalla rete. Acquista una certa invisibilità rispetto alle persone che prende di mira. Può così evitare fino ad un certo grado le ripercussioni che subirebbe se le sue azioni avvenissero in contesti fisici.
Inoltre poiché la prevaricazione e l’umiliazione sono più forti maggiore è il publico che assiste, il web è perfetto. Diffondere video e immagini online porta ad una visibilità enorme e a un maggior disagio per la vittima. Agendo di nascosto e senza esporsi direttamente la potenza dell’attacco risulta molto più grande, secondo alcuni addirittura triplicata.
La forma di violenza agisce su due livelli durante un’azione di Cyberbashing. Da un lato quella reale dell’aggressione fisica al malcapitato, ripresa con il telefono da uno o più complici. Successivamente il video viene diffuso viralmente e all’attacco fisico subentra quello psicologico. Il plauso della folla virtuale, fredda e denigratoria.
La denominazione accessoria di Happy Slapping deriva proprio dallo spettacolo che si crea. Una persona picchiata per intrattenimento del pubblico, che si estrania dalla realtà attraverso lo schermo. Sia vittima che carnefice sono prevalentemente nella fascia d’età compresa fra i 12 e 16 anni. Probabilmente non consapevoli del tutto della portata delle loro azioni.
La Polizia Postale nel tempo ha stanato e bloccato diversi canali social dove erano stati diffusi contenuti simili. Più del 70% degli adolescenti percepisce questa forma di vessazione come la più pericolosa.
Carnefice, vittima e tanti altri…
Le azioni di Cyberbashing sono generalmente associate a un profilo psicologico molto insicuro per quanto riguarda l’aggressore. Da questo deriva un bisogno di prevaricazione sugli altri, per incontrare approvazione e visibilità.
Questo desiderio purtroppo degenera sull’aspetto dei mezzi per ottenere la popolarità. I carnefici sono in genere associati a gruppi di giovanissimi con tendenze violente, e si fanno trascinare. Non hanno punti di riferimento e fanno fatica ad aprirsi emotivamente. In alcuni casi non si ratta di figura con storie drammatiche alle spalle, ma anche di semplice noia.
Le vittime possono essere le più varie. Ragazzini a loro volta chiusi o timidi, o molto sensibili. Si può anche trattare di qualcuno di cui il carnefice è invidioso e vuole sminuire per questo. Difficile definire bene chi sia il bersaglio più facile.
Ma accanto all’aggressore esistono diverse figure intangibili che però sono alla base di tutta la dinamica. Gli spettatori, le visualizzazioni che magari neppure presentano un viso o un indizio sull’identità di chi assiste. Poiché i video raramente sono trasmessi in tempo reale o con le coordinate il coinvolgimento emotivo è minimo.
Lo spettatore si sente assolto a prescindere non essendo il diretto responsabile e neppure presente fisicamente. Questo porta all’assenza anche di considerare la propria responsabilità inesistente nella situazione. Eppure proprio loro sono gli agenti principali, poiché nutrono la motivazione del carnefice.
Nel Cyberbashing si fa vivo anche il cosiddetto effetto folla. Anche se dovesse giudicare male l’aggressione chi assiste pensa che qualcun altro interverrà. Una cosa simile avviene quando qualcuno è in difficoltà di fronte a tanta gente, come un malore.
Come agire in questi casi?
Cosa c’è nei video?
Si è parlato di violenza fisica, ma questa può assumere tante sfumature nel Cyberbashing. Ci si figura una persona impotente che prende colpi da qualcun altro. Una realtà di questo genere però rispecchia solo una parte dei media diffusi. Molti mostrano risse in piena regola fra due o più adolescenti attorniati dai coetanei. E qui definire esattamente vittima e carnefice si fa più complesso.
Oppure ragazze impiegate nella cosiddetta catfight, ossia che si aggrediscono con graffi e tirandosi i capelli. Scene ricorrenti al cinema ma che di simulato qui non hanno più nulla. La forza fisica viene sfruttata con l’intento di far male.
Ascoltando l’audio di tali video si sentono cori di incitamento. Chi riprende si lascia andare anche a una telecroncaca smaliziata. I ragazzi o le ragazze intenti a picchiarsi vengono spinti a continuare, con insulti o spinte vere e proprie. Il gruppo annulla l’individuo e la lotta prosegue. Tutto a caccia di like, commenti e condivisioni.
Il rischio è che si arrivi all’accettazione di tali scene, visto l’entusiasmo della folla. Si rischia di considerare normale quella che è vera e propria violenza. Fisica per le percosse e i livi, psicologica per essere ridotti ad animali da combattimento.Il Cyberbashing/Happy Slapping di felice non ha proprio nulla.