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Il veneficio fra le circostanze aggravanti dell’omicidio

Il veneficio fra le circostanze aggravanti dell’omicidio

veneficio - avvelenamento criminoso
  • Laura Danesi
  • 7 Novembre 2024
  • Criminologia
  • 6 minuti

Il veneficio fra le circostanze aggravanti dell’omicidio

Il veneficio riguarda l’uso di sostanze velenose o tossiche per causare la morte di una persona. Questa modalità di uccisione viene considerata un’aggravante in molti sistemi giuridici, incluso quello italiano, dove viene trattata con particolare severità.
Questo atto omicida assume una particolare gravità, suscitando l’interesse e la preoccupazione non solo della giustizia, ma anche dell’opinione pubblica.

In questo articolo esploreremo il significato giuridico del veneficio, il suo ruolo come circostanza aggravante nell’omicidio e le implicazioni pratiche di tale aggravante nel contesto del diritto penale italiano.

Indice
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Veneficio: definizione

Il termine “veneficio” deriva dal latino venenum (veleno) e facio (fare), e indica l’uso di una sostanza velenosa con l’intento di provocare un danno alla salute o, come nel caso più grave, la morte di una persona.

Il veneficio, tradizionalmente, non si riferisce esclusivamente all’uccisione, ma include qualsiasi azione compiuta con sostanze tossiche per causare malattie o danni fisici. Nel contesto del diritto penale moderno, tuttavia, il veneficio come aggravante è riferito specificamente all’omicidio mediante veleno.

I veleni, per loro natura, sono agenti insidiosi che spesso agiscono in maniera lenta e occulta, rendendo difficile la loro individuazione e il loro contrasto. Questo fa sì che l’omicidio per veneficio sia considerato un crimine particolarmente subdolo e premeditato, aggravando la posizione dell’autore del reato rispetto ad altri tipi di omicidio.

Sostanze venefiche: il loro uso è circostanza aggravante nell’omicidio

L’utilizzo delle sostanze venefiche nel diritto italiano è considerato una circostanza aggravante.
L’omicidio è regolamentato dall’art. 575 del Codice Penale, che stabilisce la pena base per chi “cagiona la morte di un uomo”. Lo stesso codice, inoltre, prevede una serie di circostanze aggravanti che rendono il crimine più grave e, di conseguenza, aumentano la pena prevista. L’omicidio commesso mediante veneficio è considerato una di queste aggravanti, come stabilito dall’art. 577 c.p.

Secondo l’articolo 577 l’omicidio è aggravato quando è commesso con “premeditazione” o “mediante sostanze venefiche”, e la pena prevista è l’ergastolo, che può essere ulteriormente inasprito in casi particolarmente efferati. Questo implica che il legislatore italiano ha riconosciuto la natura particolarmente insidiosa e premeditata del veneficio, equiparandolo alla premeditazione stessa, una delle aggravanti più severe nel diritto penale.

Mezzo venefico: atto insidioso

L’omicidio commesso mediante mezzo venefico si configura come un atto particolarmente insidioso, poiché l’assassino utilizza sostanze tossiche per portare a termine il crimine in modo occulto e deliberato. Il mezzo venefico, essendo silente e difficile da rilevare in tempi brevi, rende complesso per la vittima accorgersi del pericolo e, spesso, impedisce un tempestivo intervento medico.

Questo metodo implica una pianificazione accurata e intenzionale da parte del colpevole, che sceglie con attenzione il veleno e il modo di somministrarlo, sfruttando la fiducia della vittima o la sua vulnerabilità.

Aggravante rilevante nell’omicidio

Nel diritto penale italiano, quindi, il veneficio è considerato un’aggravante particolarmente rilevante nell’omicidio.
Questa specifica aggravante viene punita severamente, poiché il veneficio si configura come una forma di omicidio che sfrutta la vulnerabilità della vittima, rendendo difficile sia l’individuazione sia il contrasto immediato del reato.

Esistono diversi fattori che rendono l’omicidio mediante veleno particolarmente grave:

  • subdola modalità di esecuzione, il veneficio è una forma di omicidio spesso occultata e difficile da rilevare, poiché il veleno può essere somministrato in vari modi, come attraverso cibo, bevande o farmaci. In molti casi, la vittima può non rendersi conto di essere stata avvelenata fino a quando non è troppo tardi per intervenire;
  • premeditazione, l’uso di un veleno richiede pianificazione. L’assassino deve procurarsi la sostanza, decidere come somministrarla e valutare le possibili conseguenze. Questo implica un alto grado di premeditazione, che aggrava la gravità del crimine;
  • difficoltà nel contrasto, contrariamente a un attacco violento, il veneficio è spesso difficile da contrastare, sia per la vittima sia per le autorità. La somministrazione del veleno può avvenire in un contesto quotidiano, rendendo quasi impossibile per la vittima accorgersene in tempo;
  • dolore e sofferenza prolungata, molti veleni non causano una morte immediata.

La vittima può soffrire per un periodo prolungato, sperimentando dolori e sintomi gravi prima del decesso. Questa sofferenza prolungata contribuisce a rendere il crimine ancora più crudele.

Mezzo insidioso: elementi probatori

Il veleno viene definito mezzo insidioso e per questo motivo deve essere considerato molto pericoloso. Ciò a causa della sua occultabilità e dalla possibilità di essere dissimulato. La gravità del suo utilizzo è la modalità con cui viene impiegato. Questo aspetto si collega alla proditorietà, che rende il veleno estremamente difficoltoso sia da evitare da parte della vittima sia da individuare in un secondo momento.

L’accertamento in sede processuale dell’omicidio attuato attraverso il mezzo insidioso (il veleno) è complesso e richiede una raccolta accurata di prove scientifiche. Uno degli aspetti chiave dell’indagine è l’autopsia e l’analisi tossicologica, che permettono di rilevare la presenza di sostanze tossiche nel corpo della vittima. Identificare, tuttavia, la sostanza non è sempre sufficiente: è necessario dimostrare che essa è stata somministrata con l’intento di uccidere. Questo richiede spesso un’analisi delle circostanze e delle relazioni tra la vittima e il presunto colpevole.

Le prove utilizzate nei casi di omicidio per veneficio includono:

  • autopsie e analisi forensi, gli esami post-mortem e le analisi di sangue, tessuti e fluidi corporei possono rivelare la presenza di sostanze tossiche;
  • testimonianze, le dichiarazioni di testimoni possono fornire indizi sulla somministrazione del veleno o sui moventi;
  • prove circostanziali, come la presenza del veleno nell’abitazione dell’imputato, l’acquisto di sostanze tossiche o la scoperta di piani premeditati.

Veleno: come agisce la giurisprudenza italiana

In caso di omicidio mediante l’uso di veleno la giurisprudenza italiana ha definito i limiti e le caratteristiche di questa circostanza aggravante.
La Corte di Cassazione, ad esempio, ha più volte stabilito che il veneficio non richiede che il veleno sia l’unica causa della morte, ma è sufficiente che abbia contribuito in modo determinante al decesso.

La Corte di Cassazione, inoltre, ha chiarito che la natura premeditata del veneficio si riflette nella scelta deliberata del mezzo (il veleno) per causare la morte, anche quando la somministrazione avviene in modo indiretto o graduale.
Questo evidenzia come la giurisprudenza riconosca l’alto grado di intenzionalità e premeditazione implicato nell’uso del veleno.

Omicidio: usare il veleno prolunga la sofferenza della vittima

L’omicidio mediante veneficio rappresenta una delle modalità più sleali e ordite di togliere la vita a una persona.
L’assassino, in questo tipo di crimine, utilizza sostanze velenose per causare la morte della vittima, spesso somministrandole in maniera segreta e difficile da rilevare.

L’omicidio doloso che utilizza il veleno per veneficio è particolarmente temuto per la sofferenza prolungata che provoca, dato che molte sostanze tossiche agiscono lentamente, infliggendo dolore e debilitazione alla vittima prima del decesso.

Avvelenamento: atto subdolo e perfido

L’avvelenamento, quando utilizzato come modalità omicida nel contesto del veneficio, è un atto che si distingue per la sua estrema riservatezza e intenzionalità. A differenza di altre forme di omicidio, dove la violenza fisica è immediata e visibile, l’uso di veleni permette all’assassino di agire in modo discreto, rendendo difficoltoso l’individuazione del crimine prima che sia troppo tardi.

La diagnosi di avvelenamento deve essere basata sul riscontro univoco di una serie di elementi di valutazione, ottenuti dall’integrazione di diversi criteri: anatomopatologico, biologico e chimico-tossicologico, clinico e contestuale.

Veneficio: trattamento severo della giurisprudenza

Il veneficio, come circostanza aggravante dell’omicidio, è trattato con particolare rigore nel sistema giuridico italiano. La subdola natura dell’atto, la sofferenza inflitta alla vittima e l’alto grado di premeditazione coinvolti nell’uso di sostanze velenose giustificano il trattamento severo riservato a chi compie un omicidio di questo tipo. La complessità delle indagini richieste, inoltre, per dimostrare il veneficio rende questo crimine particolarmente difficile da perseguire, aumentando l’importanza di tecniche investigative avanzate e dell’uso di prove scientifiche.

L’omicidio per veneficio rappresenta, quindi, una delle forme più insidiose e premeditate di omicidio, giustificando l’inasprimento delle pene e una maggiore attenzione da parte delle autorità investigative.

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Laura Danesi
Sono laureata in Teorie e tecniche del linguaggio audiovisivo (DAMS quadriennale) presso l’Università degli Studi di Torino. Ho conseguito due qualifiche professionali: una come Tecnico multimediale, con indirizzo comunicazione televisiva e una come Tecnico di produzione di contenuti multimediali e comunicazione per il Web 2.0. Lavoro per privati, professionisti e Tribunali in qualità di trascrittrice file audio/video; sottotitolatrice audiovisiva; grafica; copywriter; ghostwriter; editor e correttore di bozze.
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