Comportamento criminale e Teoria della Tensione
Il celebre sociologo americano Robert K. Merton ha elaborato la Teoria della Tensione per spiegare come e perché, in determinate condizioni sociali, possano svilupparsi comportamenti devianti o antisociali.
Secondo questa prospettiva, le cause del comportamento criminale non sono da ricercare unicamente nelle caratteristiche individuali, ma anche – e soprattutto – nelle strutture sociali che possono generare frustrazione, disuguaglianza e senso di esclusione.
Questa teoria è diventata un punto di riferimento negli studi di criminologia e sociologia, poiché fornisce un quadro chiaro di come le pressioni sociali possano spingere alcuni individui a deviare dalle norme condivise. Comprenderne i meccanismi è fondamentale non solo per l’analisi scientifica del fenomeno, ma anche per l’elaborazione di politiche di prevenzione e intervento.
Vediamo dunque come è strutturata la Teoria della Tensione e quali sono i principali concetti che la caratterizzano.
Che cos’è la Teoria della Tensione
Egli dichiara infatti che sono le strutture sociali ad esercitare una pressione su alcuni membri della collettività ed indurli ad una condotta anticonformista. E lo fa perché propone obiettivi, scopi ed interessi universali che dovrebbero venire perseguiti da tutti, come ad esempio la ricchezza, proponendoli come imperativi.
Struttura della Teoria della Tensione
I primi sono gli obiettivi culturali, ovvero scopi ed aspirazioni che una società promuove e valorizza, tra cui ricchezza, successo e d ascesa sociale. Gli altri sono mezzi istituzionalizzati ed accettati dalla società per raggiungere gli obiettivi, come ad esempio istruzione e duro lavoro.
Tipologie di adattamento
- conformità: accettazione sia degli obiettivi culturali che dei mezzi per raggiungerli, anche se sono insufficienti. Questo è l’unico modello che rientra nella legalità;
- innovazione: accettazione degli obiettivi culturali, ma utilizzo di mezzi illegali o altri non istituzionalizzati per raggiungerli;
- ritualismo: rifiuto degli obiettivi culturali, ma adesione alle norme sui mezzi istituzionalizzati. In quest’ottica, ci si accontenta di ciò che si ha vedendo il mezzo, cioè il lavoro, come un fine in sé stesso;
- rivolta: rifiuto e ribellione sia degli obiettivi culturali che dei mezzi per raggiungerli, con l’intento di sostituirli con altri del tutto differenti;
- ritiro: rinuncia o rifiuto sia dei fini imposti dalla società che dei mezzi per raggiungerli. Questa scelta è quella dei mendicanti senza fissa dimora e dei tossico dipendenti.
Equilibrio tra mete e norme
- cerca di raggiungere le mete culturali avvalendosi di mezzi illegittimi;
- viola le aspettative di ruolo;
- rifiuta il proprio contributo al funzionamento della struttura sociale e culturale;
- nega l’apporto indispensabile della singola parte al funzionamento dell’intero sistema.