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Cold case Stephanie Isaacson: il mistero svelato grazie a una minuscola quantità di DNA

Cold case Stephanie Isaacson: il mistero svelato grazie a una minuscola quantità di DNA

Stephanie Isaacson - il mistero svelato grazie a una minuscola quantità di DNA
  • Sara Elia
  • 7 Agosto 2025
  • Criminologia
  • 4 minuti

Cold case Stephanie Isaacson: il mistero svelato grazie a una minuscola quantità di DNA

Dopo oltre trent’anni di silenzio e incertezze, il caso irrisolto di Stephanie Isaacson ha finalmente trovato una risposta. La giovane studentessa di 14 anni, brutalmente assassinata nel 1989 a Las Vegas, è diventata simbolo della tenacia investigativa e del potere della scienza forense moderna. A fare la differenza è stata una quantità microscopica di DNA – la più piccola mai utilizzata fino ad allora per risolvere un cold case – che ha permesso di identificare il responsabile e mettere fine a un enigma che aveva sconvolto una comunità intera.

In questo articolo ripercorriamo la vicenda di Stephanie Isaacson, dalla tragica scomparsa fino alla svolta decisiva nelle indagini, grazie alle tecnologie di genealogia genetica e all’impegno instancabile degli investigatori.

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I fatti: l’omicidio di Stephanie Isaacson

La mattina del 1° giugno 1989 la giovane quindicenne Stephanie Isaacson si stava come sempre recando, come sempre, alla Eldorado High School, scuola di Las Vegas. Quel giorno, Stephanie aveva deciso di prendere una scorciatoia isolata per poter arrivare prima.
Purtroppo, la ragazza non arrivò mai presso l’istituto. I genitori, non vendendola arrivare a casa nel pomeriggio, denunciarono immediatamente la scomparsa e le investigazioni iniziarono in una tempistica breve.
 
Gli agenti, dopo aver setacciato l’area intorno al percorso compiuto nel tragitto, ritrovarono il corpo esanime pochi metri distante dal sentiero.
Priva di vestiti, Stephanie Isaacson era stata stuprata, colpita con un bastone e strangolata.
Sulla maglietta, inoltre, venne trovata una traccia di DNA, probabilmente lasciata dall’assassino durante l’attacco mortale. Nel corso degli anni vennero eseguite numerose analisi ma, dal momento che i risultati dell’indagine indicavano che si trattava di un’aggressione casuale senza nessun legame tra carnefice e vittima, ogni tentativo di risoluzione del caso si rivelò infruttuoso.
 
Ogni sospettato che veniva interrogato dalla polizia, infatti, veniva scagionato in quanto innocente. Per ben trentadue anni l’assassinio rimase un cold case.
Questo fino a quando gli investigatori del Las Vegas Metropolitan Police Department (LVMPD), grazie alle recenti tecnologie sul DNA, sono riuscite a
Individuare il responsabile del delitto irrisolto.

La svolta nel caso

Bisogna aspettare il 2021 perché avvenga finalmente una svolta nell’omicidio di Stephanie Isaacson. In quest’anno, infatti, il Las Vegas Metropolitan Police Department richiede il supporto di Othram, società statunitense specializzata in genetica genealogia forense esperta nel recupero di DNA umano anche da tracce degradate o contaminate.
 
In particolare, viene inviato al laboratorio di analisi forense specializzato un campione di DNA rinvenuto sulla scena del crimine pari a 0,12 nanogrammi.
Le prove iniziano così a venire esaminate con le nuove tecnologie a disposizione.
 
Grazie ad esse, nel corso di ben sette mesi, tra il 19 gennaio e il 12 luglio 2021, viene costruito un profilo genetico del DNA in grado di sviluppare una precisa pista investigativa. Il campione ottenuto viene successivamente confrontato con i database presenti nelle banche dati, legate alla ricerca sugli alberi genealogici e sulla salute.Ed è proprio in questo modo che si riesce a dare un volto al responsabile del delitto.
Dopo degli iniziali sospetti su un cugino del responsabile, si arriva finalmente al vero colpevole: si tratta di Darren Ray Marchand.
 
In questo modo, inoltre, è stato fissato un nuovo limite inferiore alla quantità di DNA necessaria per costruire un profilo genealogico per un sospettato di un crimine che precedentemente era di almeno 0,15 nanogrammi.

Il colpevole dell’omicidio di Stephanie Isaacson

Il colpevole dell’omicidio di Stephanie Isaacson è Darren Ray Marchand, del quale esisteva già un campione genetico collegato a un altro omicidio nell’area di Las Vegas.
Il ragazzo era infatti stato arrestato a Las Vegas nel 1986, quando aveva 20 anni, con l’accusa di aver strangolato ed ucciso una giovane di 24 anni Nanette Vanderburg. Il caso era poi stato archiviato per insufficienza di prove, in quanto ai tempi il test del DNA non era disponibile.
 
Ad ogni modo, Darren Ray Marchand si era suicidato nel 1995 a 29 anni.
Dopo 32 anni, il caso di Stephanie Isaacson viene finalmente risolto e la sua famiglia ha potuto conoscere il nome del suo assassino.
 
Questo è solo uno dei tanti delitti risolti negli ultimi anni grazie alla genealogia forense attraverso la combinazione di analisi del DNA e il metodo di ricerca delle fonti utilizzato per ricostruire gli alberi genealogici.
 
Grazie a questa metodologia, infatti, è stato possibile riaprire molti altri casi storicamente considerati irrisolvibili. Tra questi, la vicenda più nota è quella dell’identificazione nel 2018 del “Golden State Killer” nell’ex poliziotto Joseph James DeAngelo, l’uomo che tra il 1973 e il 1986 commise almeno 13 omicidi e 50 stupri in tutta la California.

Come funziona l’analisi del DNA

Ogni organismo vivente ha un proprio assetto genetico che prende il nome di DNA. Esso contiene al suo interno:
  • geni indispensabili per la produzione di proteine ed enzimi necessari per lo svolgimento corretto delle funzioni vitali e fisiologiche. 
  • tratti codificanti: specifiche sequenze di DNA che vengono prima trascritte in RNA e poi tradotte in proteine;
  • tratti non codificanti: sequenze che hanno una funzione di regolazione dell’espressione genica, ad oggi ancora per lo più ignoti;
  • fenotipi: caratteristiche visibili prodotte dai geni, come ad esempio il colore di capelli.
Applicando questi principi alla genetica forense in contesto investigativo, è importante considerare che la predizione del fenotipo è la parte più rilevante nei casi di ritrovamento di materiale biologico su vittime o reperti. Identificare tramite DNA il soggetto ignoto di cui si trova traccia permette di offrire preziose informazioni agli inquirenti che, seppur spesso parziali, possono rappresentare un utile mezzo di indagine.
 
Inoltre, in Italia, per facilitarne l’identificazione, è stata istituita dal 2016 una banca dati del DNA in collaborazione con la polizia di altri Paesi che contiene 35mila reperti biologici ritrovati su scene del crimine, 14mila profili ottenuti dalla popolazione carceraria e 7500 persone fermate o arrestate.
 
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