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Shakahola: anatomia di un massacro annunciato

Shakahola: anatomia di un massacro annunciato

Shakahola - anatomia di un massacro annunciato
  • Sara Elia
  • 6 Dicembre 2025
  • Criminologia
  • 5 minuti

Shakahola: anatomia di un massacro annunciato

Nel febbraio 2024, la foresta di Shakahola — una vasta area rurale nel sud-est del Kenya — è diventata il teatro di uno degli scandali religiosi e umanitari più drammatici degli ultimi tempi.
Il ritrovamento di centinaia di corpi sepolti in fosse comuni ha rivelato l’esistenza di una comunità trasformata in setta distruttiva, guidata dal predicatore Paul Nthenge Mackenzie, fondatore della Good News International Church. Ciò che inizialmente appariva come un movimento religioso isolato si è presto rivelato un sistema di controllo mentale, privazioni estreme e rituali autodistruttivi culminati in un vero e proprio massacro.

Le autorità keniane parlano di una tragedia annunciata, favorita da anni di segnalazioni ignorate e da un contesto socio-economico fragile che ha reso centinaia di persone vulnerabili alla manipolazione spirituale. L’orrore di Shakahola ha aperto un dibattito globale sulla proliferazione delle sette apocalittiche, sulle responsabilità istituzionali e sulla capacità dei leader carismatici di spingere i fedeli verso forme estreme di obbedienza.

In questo articolo ricostruiremo le dinamiche interne del culto, i metodi usati da Mackenzie per esercitare il controllo e le indagini che hanno portato alla luce una delle più gravi tragedie settarie dell’Africa contemporanea. Una storia che interroga profondamente su come una comunità di fede possa trasformarsi, lentamente e silenziosamente, in una trappola mortale.

Indice
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Chi è Paul Nthenge Mackenzie

Paul Nthenge Mackenzie nasce nel 1973 a Lunga Lunga in Kenya e trascorre i primi anni della sua vita all’interno della comunità autoctona rurale. 
Successivamente, inizia la sua carriera lavorativa come taxista a Malindi, nella contea di Kilifi, dove lavora fino al 2003. In questo periodo, l’uomo entra a contatto con la religione cristiana evangelica e comincia a sviluppare una propria visione radicale e apocalittica.
 
Nel 2003, fonda la Good News International Church (GNIC), un’organizzazione evangelica che fin da subito raduna molti seguaci. 
I suoi sermoni, trasmessi in televisione e diffusi su internet, si basano inizialmente su temi religiosi, ma ben presto si concentrano sulla fine del mondo e sull’apocalisse imminente. Le prime crepe all’apparenza di normalità emergono già pochi anni dopo la fondazione, quando alcuni collaboratori decidono di allontanarsi a causa della deriva estrema del culto.
 
Allo stesso tempo, anche le autorità keniote iniziano a notare comportamenti sospetti ed arrestano nel 2017 Mackenzie con l’accusa di radicalizzazione e diffusione di idee radicali, ma viene assolto. Nel 2019 viene poi nuovamente coinvolto in indagini per la morte di due bambini per malnutrizione e soffocamento, collegata alle pratiche di GNIC
 
Durante la pandemia da Covid-19, invita centinaia di fedeli a trasferirsi nella foresta di Shakahola, allontanandoli da ogni contesto sociale. È l’inizio della fine.

Shakahola: la foresta degli orrori

A Shakahola, gli adepti del culto vengono progressivamente isolati dal mondo esterno e sottoposti a rigide regole che esaltano il digiuno come mezzo per avvicinarsi a Dio.
Mackenzie, infatti, convince i seguaci della Good News International Church che la pandemia fosse il primo segnale della fine imminente e solo smettere di nutrirsi li avrebbe condotti in Paradiso. In realtà, il digiuno forzato, accompagnato da coercizione psicologica e isolamento totale, è una scusa per esercitare il totale controllo sulla comunità.
 
Intere famiglie, infatti, abbandonano le proprie case per rifugiarsi nel ranch della GNIC a Shakahola, dove la vita quotidiana è regolata rigidamente dal leader: sono vietati contatti con l’esterno, comprese cure mediche e istruzione, e viene soppressa la libertà personale.
Ad aprile 2023, la polizia keniota fa una macabra scoperta: nella foresta di Shakahola vengono ritrovati corpi privi di vita. Le indagini, avviate dopo segnalazioni di persone scomparse, portano alla luce fosse comuni contenenti oltre 400 cadaveri, di cui 191 bambini. Gli esami autoptici rivelano che le cause dei decessi sono:
  • malnutrizione;
  • asfissia;
  • violenza fisica, tra cui principalmente strangolamento e percosse. 
In alcuni casi, risultano anche mancanti organi, alimentando sospetti sul traffico di organi e dimostrando che il digiuno non è stata l’unica pratica mortale imposta.
La scoperta e le condizioni in cui vengono trovati i corpi scatenano sgomento internazionale. 

Arresto, processo e accuse 

Dopo la scoperta dei cadaveri a Shakahola, ad aprile 2024 Paul Mackenzie e 29 collaboratori vengono arrestati.
L’uomo si costituisce spontaneamente alla polizia, consapevole della gravità della situazione, ma respinge ogni accusa dichiarandosi non colpevole e negando di aver mai costretto qualcuno a morire di fame.
 
Il 6 febbraio 2024 inizia il processo a suo carico presso la Corte Suprema di Mombasa con le accuse di:
  • omicidio;
  • tortura;
  • crudeltà;
  • rapimento di minori;
  • terrorismo.
Esso prevede esame di prove documentali, testimonianze di sopravvissuti e dei familiari delle vittime e risultati delle autopsie che hanno confermato le cause di morte.
Ad oggi, il processo è ancora in corso.
 
Dopo l’avvenimento, il presidente del Kenya, William Ruto, ha istituito una task force composta da leader religiosi, esperti legali e funzionari governativi, con l’obiettivo di investigare sulle dinamiche dei culti indipendenti e proporre regolamentazioni più rigorose. L’obiettivo è infatti quello di garantire che simili tragedie non possano più ripetersi, pur mantenendo il rispetto della libertà di religione prevista dalla Costituzione keniota.
 
La vicenda mette anche in evidenza le responsabilità delle forze dell’ordine. Nonostante numerose denunce e segnalazioni da parte di famiglie preoccupate per i minori scomparsi, l’intervento della polizia è infatti arrivato solo dopo anni di allarmi ignorati, alimentando interrogativi sul funzionamento del sistema di tutela dei cittadini.

Questioni sociali e culturali del massacro di Shakahola

Come abbiamo visto finora, il massacro di Shakahola ha evidenziato con drammaticità le tensioni tra libertà religiosa e protezione dei cittadini in Kenya. 
In questo senso, occorre infatti precisare che nel Paese, circa una persona su cinque si identifica come cristiano evangelico, e i culti indipendenti proliferano con migliaia di gruppi attivi, ma solo una piccola parte di questi sono ufficialmente riconosciuti dal National Council of Churches of Kenya (NCCK). Come è evidente, questo quadro crea quindi un terreno fertile per operare senza alcuna supervisione esterna, regolamentazione teologica o controllo legale.
 
Inoltre, anche a livello sociale, il massacro di Shakahola ha generato traumi profondi nelle comunità locali. Ad oggi, l’organizzazione Alice for Children segnala il rischio per i bambini reintegrati in famiglie legate alla GNIC, evidenziando come l’assenza di protocolli efficaci possa favorire il ripetersi di tragedie simili.
Infine, la vicenda di Shakahola ha anche acceso il dibattito sull’educazione e sulla sensibilizzazione della popolazione verso i culti estremisti, sottolineando l’importanza di strumenti sociali e culturali in grado di riconoscere e prevenire manipolazioni religiose.
 
Come abbiamo analizzato, il caso di Paul Mackenzie e del suo culto Good News International Church ha dimostrato come il potere carismatico di un leader, unito all’isolamento sociale e alla vulnerabilità delle persone, possa trasformarsi in una trappola mortale.
 
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