Revenge porn: definizione e numeri del fenomeno in criminologia
Nell’ultimo decennio, complice la diffusione di smartphone dotati di fotocamera e connessione ad Internet, un fenomeno ha subito un significativo aumento nel numero dei casi segnalati: ci riferiamo al revenge porn.
La condivisione di video e immagini è diventata eccessivamente semplice e immediata, tanto da avvenire in maniera rapida, nel giro di pochi istanti. Al contempo, si è diffusa la tendenza alla condivisione di immagini intime sfruttando Social Media e app di messaggistica istantanea.
Una condivisione che, purtroppo, a volte può portare a conseguenze nefaste.
Scopriamo insieme il fenomeno del revenge porn, che si è diffuso talmente tanto da diventare oggetto di studio da parte della criminologia, per via delle sue ripercussioni talvolta mortali.
Cos’è il revenge porn
Con “revenge porn” intendiamo con esattezza la condivisione di contenuti, sia immagini che video, in cui siano ritratti espliciti riferimenti sessuali o comportamenti intimi.
La condivisione ovviamente avviene senza il consenso della vittima, che appare nell’immagine e/o nel video o, di solito, ne è anche la protagonista.
Si è spesso portati a pensare, erroneamente, che il revenge porn interessi esclusivamente gli adulti, ma purtroppo questo non è esatto.
Vero è, infatti, che il fenomeno colpisce maggiormente determinate fasce d’età, ma anche adolescenti di età inferiore ai diciotto anni possono diventare facilmente vittime.
La maggior parte dei casi di revenge porn, comunque, riguarda soggetti di età compresa tra i diciotto ed i venticinque anni di età.
Il fenomeno trae origine dalla mancanza di considerazione in merito ai pericoli che la condivisione di un’immagine privata può generare nella vittima.
Come ci lascia intendere il nome stesso, di solito il reato viene generato da una rottura o alla fine di una relazione.
In questo caso, una delle due parti si vendica mediante la condivisione dei contenuti espliciti, come una sorta di punizione nei confronti dell’ex.
Quella del revenge porn è una questione molto complessa. Parte della complessità è data dal fatto che spesso la vittima ha consapevolezza di essere ritratta nel video o nella foto incriminata, anche se non ha dato il consenso alla sua diffusione. Ma, anche nel caso in cui il contenuto sia stato condiviso consapevolmente dalla vittima, quest’ultima lo ha condiviso solamente col destinatario, senza dare alcun consenso alla condivisione con altri.
Qualora il destinatario decida di diffondere il contenuto a terzi, la vittima ne perde totalmente il controllo e l’immagine o il video incriminati potrebbero essere visti da chiunque.
Non mancano poi i casi in cui il contenuto sia stato scattato o registrato addirittura ad insaputa o senza il consenso della vittima.
Conseguenze e numeri di questa tipologia di “vendetta”
Il revenge porn può comportare quindi delle gravissime conseguenze alla salute mentale della vittima. E non soltanto per un periodo di tempo limitato, ma per la sua intera vita.
Infatti, il fatto di non avere la possibilità di controllare il contenuto, soprattutto qualora questo divenga virale, si collega a sentimenti di umiliazione, oltre che alla totale perdita di fiducia nell’altro.
E, dato che la maggior parte dei crimini di revenge porn vengono perpetrati ad opera di ex partner, la situazione si complica ancora di più.
Sentirsi traditi dall’ex partner potrebbe anche instillare, nella vittima, un senso di colpa che le fa credere che avrebbe potuto evitare quel che le è accaduto.
Oltre al tradimento da parte di una persona che è stata comunque vicina alla vittima, poi, quest’ultima dovrà avere a che fare, per tutta la vita, con la privazione della propria intimità.
Insomma, l’impatto psicologico negativo del revenge porn è enorme: non è raro che le vittime decidano di compiere gesti estremi, fino a porre addirittura fine alla propria vita.
Nella migliore delle ipotesi, non sarà più capace di fidarsi di qualcun altro, e questo potrebbe compromettere per sempre le sue relazioni con gli altri.
Sfortunatamente, si tratta di un fenomeno in larga ascesa: secondo un articolo de La Repubblica, infatti, nel nostro Paese si registrano almeno due casi di revenge porn al giorno.
Si tratta di cifre spaventose, se consideriamo che il fenomeno si sta diffondendo ampiamente anche su Telegram. Su questa app di messaggistica sono infatti nati moltissimi gruppi deputati proprio alla diffusione di materiale pornografico non consensuale.
Nella maggioranza dei casi, il revenge porn colpisce le donne. Non mancano però le situazioni in cui è la donna a diffondere, illecitamente e senza alcun consenso, le immagini del proprio ex per vendetta.
Legge italiana e revenge porn
Considerati i numeri, che sono in aumento, e la crescente diffusione del fenomeno, la legge italiana è intervenuta per punire coloro che si macchiano di revenge porn.
Innanzitutto, è stato introdotto al Codice penale un articolo apposito, ossia l’articolo 612-ter, denominato Diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti.
Nello specifico, il Codice penale inserisce il revenge porn tra i reati contro la libertà morale dell’individuo. Si tratta quindi di un vero reato, perseguibile dalla legge.
L’introduzione dell’Art. 612-ter è piuttosto recente: è datata 9 agosto 2019. A partire da questa data, coloro che attuano revenge porn ai danni di un altro individuo possono essere puniti, nel nostro Paese, con una multa che va dai 5.000 ai 15.000 euro, ma anche con la reclusione, da uno a sei anni.
Ancor più recente è l’introduzione di una nuova possibilità, per le vittime di revenge porn, che grazie al decreto-legge n.139/2021 possono adesso anche rivolgersi al Garante della Privacy.
In ultimo, cerchiamo di capire che può essere punito dalla legge con l’accusa di revenge porn.
Si macchia infatti di reato non soltanto l’ex o il soggetto che, per primo, ha diffuso il materiale, ma anche un eventuale soggetto terzo che ha perpetrato la diffusione.
Anche chi riceve il contenuto e lo diffonde senza il consenso della vittima, dunque, verrà punito. Una pena che è del tutto uguale a quella di chi ha dato avvio alla “punizione”. Le conseguenze, per la vittima, sono infatti le stesse.
In altre parole, la legge non attua una distinzione tra colui che ha diffuso per primo il materiale incriminato e i terzi che ricevono lo stesso materiale e lo condividono a loro volta. In entrambe le situazioni si tratta di un caso di revenge porn.