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Lo psicologo penitenziario: elementi etici e deontologici della psicologia penitenziaria

Lo psicologo penitenziario: elementi etici e deontologici della psicologia penitenziaria

psicologo penitenziario
  • Sara Elia
  • 26 Febbraio 2025
  • Professioni
  • 5 minuti

La complessa figura dello psicologo penitenziario

Lo psicologo penitenziario svolge un ruolo cruciale all’interno degli istituti di detenzione, contribuendo al benessere psicologico dei detenuti e supportando il personale nell’affrontare le complesse dinamiche dell’ambiente carcerario.
Questa figura professionale opera in un contesto in cui la sofferenza psichica, la devianza e la necessità di riabilitazione si intrecciano, richiedendo un elevato livello di preparazione e una solida aderenza a principi etici e deontologici.

Quali sono le sue responsabilità? Quali competenze deve possedere per garantire un intervento efficace e rispettoso della dignità umana?

In questo articolo, esploreremo il ruolo dello psicologo penitenziario, analizzando le sfide etiche e i principi deontologici che guidano la sua attività all’interno del sistema penitenziario.

Indice
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Chi è lo psicologo penitenziario

Lo psicologo penitenziario è un professionista abilitato e iscritto all’Ordine degli Psicologi che lavora in contesti carcerari e si occupa di:
  • promuovere riabilitazione e tutela del benessere psicologico dei detenuti;
  • impostare interventi di prevenzione, cura e sostegno del disagio psichico;
  • ipotizzare eventuali carenze psicofisiche, sociali e affettive che hanno contribuito a delinquere tramite l’osservazione scientifica della personalità;
  • delineare il trattamento più adeguato;
  • garantire il principio costituzionale della pena detentiva come strumento di riabilitazione e reinserimento in società;
  • impostare interventi di prevenzione e tutela della salute mentale.
Ad oggi, infatti, tale figura è obbligatoria e, tramite un consono intervento psicologico, ha come obiettivi principali quelli di:
  • stimolare assunzione di responsabilità e facilitare l’elaborazione critica del comportamento criminale;
  • migliorare il livello di benessere psicologico all’interno dell’ambiente penitenziario;
  • promuovere un cambiamento positivo nei comportamenti e nelle attitudini dei detenuti volto alla risocializzazione e riduzione del rischio di recidiva;
  • garantire supporto dedicato in specifiche situazioni, quali stati depressivi, di isolamento, etc.
  • intercettare e prevenire rischi autolesivi e suicidari;
  • garantire supporto in specifiche delicate situazioni, quali stati depressivi, di isolamento, etc;
  • collaborare con il personale carcerario e altri professionisti in un approccio coordinato alle esigenze psicologiche dei singoli.

Metodi ed interventi

Lo psicologo penitenziario è tenuto a fare una valutazione psicologica e disegnare un programma di trattamento personalizzato per ogni detenuto. Si tratta di progetto rieducativo che:
  • valuta la storia individuale, evidenziando la presenza o l’assenza di eventuali disturbi di personalità o sindromi;
  • evidenzia l’attuale salute mentale, esigenze terapeutiche ed effettiva potenzialità di cambiamento;
  • lavora a livello clinico sui modelli relazionali portati avanti dal singolo, anche tramite interviste, test psicologici e osservazioni comportamentali;
  • affronta le cause alla base del comportamento criminale e promuove il cambiamento positivo;
  • alterna incontri individuali con altri di gruppo, utili a favorire la condivisione, il supporto reciproco e lo sviluppo di competenze sociali;
  • affronta problemi psicologici specifici al fine di promuovere la crescita personale;
  • valuta l’idoneità del detenuto per l’accesso a permessi premio e ad attività extra o intra-murarie.
A livello psichiatrico, inoltre, il metodo più utilizzato è la terapia cognitivo-comportamentale (CBT). Essa risulta infatti molto utile per:
  • affrontare problemi quali gestione della rabbia ed abuso di sostanze;
  • risolvere traumi e trigger scatenanti;
  • promuovere regolazione emotiva e comportamenti prosociali.
L’obiettivo del programma di trattamento è quindi quello di costruire, consolidare e rinforzare durante il percorso riabilitativo le risorse interne del detenuto, strumenti da custodire ed utilizzare poi durante il reinserimento.

Etica e deontologia del lavoro di psicologo penitenziario

A livello generale, lo psicologo penitenziario nello svolgimento del proprio ruolo deve rispettare il “doppio mandato”.
Questo termine sta ad indicare l’impegno che un professionista mette nel rispondere alle richieste istituzionali senza abbandonare il mandato deontologico di promozione della salute del paziente.
 
D’altra parte, occorre sottolineare che ogni istituto ha le proprie peculiarità e un funzionamento specifico.
 
Inoltre, come è indicato nel documento “Elementi etici e deontologici per lo psicologo penitenziario” l’intervento del professionista è reso più complesso da possibili criticità provocate o esacerbate dalla detenzione.
Nello specifico:
  • consapevolezza della presenza di situazioni di disagio e psicopatologie nell’ambiente carcerario di lavoro;
  • obbligo di mancanza di posizione morale rispetto al reato commesso anche nel caso in cui si provi forte disapprovazione;
  • competenze in ambito sociale e culturale per decodificare sistemi differenti dal proprio e offrire supporto anche a persone straniere;
  • capacità di confrontarsi con eventuali critiche in merito alle valutazioni dei detenuti;
  • eventuale resistenza del paziente, che in quanto detenuto non ha scelto di essere tale e spesso percepisce l’intervento come coatto mettendo in atto resistenze, meccanismi di difesa e strategie di manipolazione per ottenere vantaggi.
Infine, non sempre nelle carceri i diritti umani sono sufficientemente garantiti. In questo senso la valutazione dello psicologo penitenziario ha conseguenze molto importanti per i detenuti, contribuendo alla loro libertà.

Luoghi di lavoro e criticità principali

Gli psicologi penitenziari operano in contesti quali:
  • istituti detentivi come esperto ex art.80 tramite bando pubblico:
  • ASL che svolgono attività sanitarie in ambito penitenziario;
  • Tribunale per i Minorenni come Giudici Onorari, consulenti esperti e componenti privati;
  • Tribunale di Sorveglianza come esperti carcerari;
  • Centri per la Giustizia Minorile (CGM) ed Uffici di Servizio Sociale Minori (USSM) come consulenti esperti.
In tali contesti, lo psicologo penitenziario si trova ad affrontare una serie di sfide e criticità intrinseche al complesso contesto carcerario.
 
Nello specifico:
  • limitazioni delle risorse all’interno delle strutture penitenziarie: condizioni ambientali difficili, sovraffollamento, scarsità di personale qualificato e limitato accesso ai servizi e alle risorse di salute mentale possono influire sul benessere e sulla sicurezza dei detenuti;
  • mancanza di strutture organizzative chiare  e ruoli definiti;
  • sfide nel mantenimento della privacy dovute alla natura dell’ambiente carcerario;
  • stigmatizzazione e resistenza al cambiamento, sia da parte dei detenuti che della società;
  • bilanciamento tra sicurezza e obiettivi riabilitativi delicato. La necessità di preservare l’ordine e la sicurezza all’interno delle strutture coesiste con l’importanza di implementare programmi che favoriscano la riabilitazione.
Come abbiamo visto insieme lo psicologo penitenziario svolge un ruolo cruciale nel contesto carcerario, impegnandosi in una vasta gamma di compiti e responsabilità mirati a comprendere e affrontare le sfide psicologiche dei detenuti.
 
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