Pedofilia: definizione e conseguenze del fenomeno nella criminologia
Quando si parla di pedofilia, non possiamo considerare il fenomeno dal mero punto di vista criminologico.
Anche se è vero che il pedofilo commette un crimine, bisogna innanzitutto considerare la pedofilia come un disturbo mentale, che va analizzato sotto diversi aspetti, e non solo dunque dal punto di vista della criminologia.
Ci sono infatti numerose tipologie di pedofili ed il fenomeno è in effetti uno dei crimini più complessi. Tiene in considerazione tantissime variabili, dagli aspetti mentali e psicopatologici agli aspetti istituzionali. In questo articolo cercheremo di analizzare il fenomeno, sia dal punto di vista del disturbo in sé, sia per quanto concerne le implicazioni criminologiche.
Caratteristiche del disturbo pedofilico
La pedofilia, definibile anche come disturbo pedofilico, si caratterizza per la ricorrenza di fantasie o comportamenti sessuali che hanno per oggetto i bambini.
Di solito, si parla più propriamente di pedofilia quando l’oggetto delle attenzioni è un bambino di età inferiore o pari ai tredici anni.
La pedofilia può essere rivolta a bambini, bambine o ad ambo i sessi. Non è infrequente, poi, che il pedofilo provi attrazione anche per gli individui adulti, ma ci sono casi in cui le attenzioni del soggetto vengono riservate totalmente a bambini.
In accordo con la medicina e la psicologia, possiamo considerare la pedofilia come una parafilia. Non a caso, in effetti, il DSM-5 ha inserito questo disturbo proprio nel capitolo dedicato alle parafilie.
Dato che comunque si tratta di una parafilia dannosa per gli per gli altri, poi, la pedofilia viene inclusa tra i disturbi mentali.
Tuttavia, non sempre il pedofilo passa realmente all’azione, sfogando i suoi impulsi sessuali su un minore. In questo specifico caso, non parliamo più semplicemente di pedofilo, ma di child molester.
E non sempre queste due categorie si sovrappongono.
Quando ciò avviene e, da parafilia, si passa alla molestia vera a propria, in molti casi l’adulto ha una qualche forma di relazione con la sua vittima, che conosce bene il proprio aguzzino. Molto spesso, i reati di pedofilia vengono registrati all’interno delle mura familiari, ma non solo.
Il molestatore conosce però nella maggior parte dei casi le abitudini familiari del bambino, ed in questo modo lo induce a fidarsi con estrema facilità.
Può anche succedere, però, che il pedofilo scelga la sua vittima al di fuori della propria cerchia familiare o di conoscenze intime.
In generale, i casi di molestia su minore prevedono l’uso della forza, in quanto il molestatore si pone in una condizione di supremazia nei confronti del bambino.
Proprio questa condizione di supremazia convince il minore a tacere in merito agli abusi; talvolta, invece, il molestatore compra il silenzio del bambino con premi, o con minacce e punizioni.
Quando si può diagnosticare la pedofilia
Spesso gli individui affetti da pedofilia manifestano un disturbo di personalità antisociale. Frequenti sono anche i casi di depressione o di dipendenza da sostanze varie.
Nel passato del pedofilo possono esserci famiglie disfunzionali: capita, a volte, che il pedofilo sia stato a sua volta vittima di abusi sessuali durante l’infanzia.
Tuttavia, queste sono indicazioni molto generiche perché, come accennavamo in apertura, non tutti i pedofili sono uguali. E, allo stesso modo, non tutti i casi di pedofilia scaturiscono dal medesimo evento traumatico.
In aggiunta, come si diceva al paragrafo precedente, non tutti gli individui affetti da pedofilia, alla fine, diventano dei child molester. Il crimine, insomma, non è scontato.
La situazione si complica ulteriormente se consideriamo il fatto che chi è affetto da pedofilia, come avviene per ogni forma di disturbo mentale, non sempre è consapevole della pericolosità delle proprie inclinazioni.
Difficilmente, dunque, si rivolgerà ad uno specialista per poter ovviare alla propria parafilia. La diagnosi, il più delle volte, avviene solamente una volta scoperto e condannato l’eventuale crimine di molestia sessuale ai danni di minore.
Generalmente, viene confermata diagnosi di pedofilia nel caso in cui impulsi o atti hanno avuto per oggetto bambini, per un periodo non inferiore ai sei mesi.
Sarebbe importante diagnosticare preventivamente il disturbo pedofilico, in modo da inserire gli affetti in adeguati programmi che ne prevedano il trattamento.
Tuttavia, oltre alle difficoltà della diagnosi preventiva di cui abbiamo parlato, c’è anche da considerare il fatto che, talvolta, né le terapie psicologiche né quella farmacologica sono risolutive.
Entrambi i trattamenti riescono ad agire sul controllo degli impulsi, ma non sulle tendenze pedofiliche in generale.
Tuttavia, un trattamento preventivo può fare la differenza e garantire minori conseguenze sociali, proteggendo i bambini dal rischio di molestie sessuali da parte degli individui affetti da pedofilia.
Implicazioni criminologiche della pedofilia
Per poter parlare di reato di pedofilia, deve essere necessariamente avvenuta una molestia o perpetrato un abuso ai danni di minore.
Se non interviene un atto sessuale, quindi, non si può parlare di reato di pedofilia.
Questo significa che la parafilia, da sola, non basta a condannare l’individuo affetto da pedofilia. Ma un individuo con disturbo pedofilico si spinge spesso all’azione e, basandosi sui suoi impulsi, per la Legge commette un grave reato sessuale.
Può anche trattarsi di un lungo processo che gradualmente porterà alla molestia vera e propria, processo durante il quale il soggetto affetto da pedofilia tenta di conquistare la fiducia del bambino.
Molti sono i modi che il molestatore sfrutta per arrivare ai suoi scopi: spesso punta a far sentire il minore complice di un segreto da condividere in due, ma anche ad incuriosire gradualmente il bambino con subdole strategie e giochi a sfondo sessuale.
Insomma, si tratta di un processo complesso e, per via di questa complessità, non è semplice individuare e punire i reati a sfondo sessuale ai danni di minori.
La legge italiana, già dal 1996, ha aggiornato il Codice Penale inserendo gli abusi sessuali su minore tra i reati sessuali.
Inoltre, sempre nel 1996, grazie alla Legge n. 66 sono state introdotte numerose modifiche, che hanno permesso di aggiungere al Codice Penale degli specifici articoli che definiscano sia i reati di violenza, atti sessuali e corruzione che hanno per oggetto un minore, sia le relative pene.
Nel 2006, poi, con la Legge n. 38 sono stante introdotte e modificate nuove regole che prevedono non solo l’inasprimento delle pene legate a reati di pedofilia, ma anche un nuovo aggiornamento su fenomeni in aumento, ossia la pedopornografia e l’adescamento.