OneTaste, il caso della wellness company di Nicole Daedone
Dietro il linguaggio del benessere e dell’empowerment femminile, il caso OneTaste è un esempio di come il confine tra crescita personale e manipolazione possa diventare estremamente sottile. Fondata nei primi anni 2000 da Nicole Daedone, la wellness company californiana prometteva di rivoluzionare il modo in cui le donne vivono la sessualità e la consapevolezza corporea, grazie alla pratica della cosiddetta Orgasmic Meditation (OM).
Ma sotto la superficie patinata di un movimento spirituale e imprenditoriale di successo, OneTaste avrebbe celato, secondo le accuse emerse dalle indagini federali statunitensi, un sistema di potere, coercizione e sfruttamento sessuale. Quello che inizialmente si presentava come un percorso di “liberazione” e crescita interiore si è progressivamente trasformato in un caso giudiziario internazionale, oggi al centro di un processo che ha riaperto il dibattito sui rischi dei culti del benessere e dei business legati alla spiritualità.
Nei prossimi punti analizzeremo la storia di OneTaste, il modello economico e psicologico su cui si fondava, le testimonianze delle ex adepte e le accuse mosse nei confronti dei suoi leader, cercando di comprendere come un’idea di empowerment si sia trasformata in una rete di controllo e abuso.
Che cos’è OneTaste
La donna racconta di aver vissuto un’infanzia traumatica per via del padre, condannato per pedofilia, e di aver trovato la pace solo dopo aver scoperto la meditazione orgasmica. Grazie ad un monaco buddhista, infatti, aveva appreso la connessione tra piacere, presenza e guarigione, idea alla base del suo business. OneTaste, infatti, si presenta come una comunità dedicata al benessere sessuale.
- l’idea alla base è che l’orgasmo non sia solo piacere fisico, ma anche un canale di consapevolezza interiore;
- la pratica consiste in una sessione di quindici minuti in cui un partner, solitamente un uomo, che stimola manualmente una donna in modo lento e controllato;
- l’obiettivo non è il raggiungimento dell’orgasmo, ma la piena connessione con le sensazioni e con il proprio corpo.
OneTaste: la verità dietro l’apparenza
Il linguaggio usato è quello tipico della spiritualità contemporanea: “energia”, “vibrazione”, “connessione”. Ma dietro queste parole si nascondono meccanismi di manipolazione psicologica, in cui ogni dubbio o resistenza viene interpretato come un “blocco emotivo” da superare.
Dallo scandalo mediatico al processo federale
- costringere persone a lavorare;
- prestare attività sessuali non consensuali sotto minaccia psicologica e abuso di potere;
- approfittare dei traumi personali per ottenere obbedienza.
Il governo federale descrive OneTaste come una struttura coercitiva, dove la leader esercitava un controllo totale sui membri. La difesa sostiene invece che l’organizzazione non fosse una setta e che tutti gli adulti coinvolti erano consenzienti. Accusa, inoltre, Netflix e i media di aver costruito una narrazione sensazionalistica per motivi commerciali.
Le testimonianze delle ex adepte (e di ex dipendenti)
Negli atti processuali e nelle cronache d’aula del procedimento federale a Brooklyn sono emersi racconti ricorrenti su lavoro non retribuito o sottopagato, coercizione sessuale, isolamento sociale e indebitamento. Ecco gli elementi-chiave riferiti da ex partecipanti ed ex dipendenti.
- Pressioni a pratiche sessuali “per il bene del gruppo”
In aula alcune ex lavoratrici hanno descritto un ambiente in cui venivano spinte a eseguire sessioni di OM con sconosciuti e a restare “sessualmente disponibili” come parte del ruolo; una testimone (indicata in cronaca come “Becky”) ha parlato di aspettative di orgasmo “con chiunque dalla strada” e di corsi con contenuti S&M/bondage venduti come crescita personale. - “Ricerca partner” e controllo delle relazioni
Ex membri hanno riferito che i leader assegnavano “research partners” con cui condividere letto e OM, e che venivano interrotte relazioni esterne ritenute “non funzionali” al gruppo. - Debiti, lavoro estenuante e promesse disattese
Diverse testimonianze hanno raccontato di corsi dal costo anche superiore a 10.000 $, di lunghissime giornate di lavoro (spesso come “volontari” o contractor) e di commissioni/salari trattenuti o mai corrisposti, con spinta a contrarre ulteriori debiti per “progredire” nel percorso. - Isolamento in case-comune e sorveglianza
Ex partecipanti hanno descritto comunità residenziali con regole rigide, scambi continui di messaggi e monitoraggio del comportamento per misurare la “dedizione”. Alcune dicono di essere state umiliate in pubblico durante riunioni interne. - “Reclutamento” di persone vulnerabili
Secondo l’accusa (confermata dal verdetto di giuria), il sistema faceva leva su donne con storie di trauma per ottenere servizi e prestazioni “per il bene dell’azienda”, includendo incontri sessuali con clienti o investitori: un punto ribadito nei resoconti di Associated Press e nell’ordine di condanna.
Nel documentario Netflix “Orgasm Inc: The Story of OneTaste” compaiono ex membri e staff (tra cui Frank Fu e Yves Gore) che raccontano derive e conseguenze del modello; l’inchiesta di Bloomberg (Ellen Huet, 2018) ha raccolto prime testimonianze su indebitamento e “servitù sessuale”. Inoltre, in sede civile, diverse donne hanno agito con pseudonimi (es. Jane Doe) contro Nicole Daedone e altre figure apicali; gli atti riportano accuse di manipolazione, abusi e costrizione riconducibili al periodo 2004–2018.
Il confine tra spiritualità e abuso
È ciò che gli esperti di culti definiscono “spiritual bypassing”: usare concetti spirituali per evitare il confronto con la sofferenza reale o con l’abuso di potere.
