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OneTaste, dal business dell’Orgasmic Meditation al processo per abusi

OneTaste, dal business dell’Orgasmic Meditation al processo per abusi

OneTaste - dal business dell’Orgasmic Meditation al processo per abusi
  • Sara Elia
  • 2 Novembre 2025
  • Criminologia
  • 7 minuti

OneTaste, il caso della wellness company di Nicole Daedone

Dietro il linguaggio del benessere e dell’empowerment femminile, il caso OneTaste è un esempio di come il confine tra crescita personale e manipolazione possa diventare estremamente sottile. Fondata nei primi anni 2000 da Nicole Daedone, la wellness company californiana prometteva di rivoluzionare il modo in cui le donne vivono la sessualità e la consapevolezza corporea, grazie alla pratica della cosiddetta Orgasmic Meditation (OM).

Ma sotto la superficie patinata di un movimento spirituale e imprenditoriale di successo, OneTaste avrebbe celato, secondo le accuse emerse dalle indagini federali statunitensi, un sistema di potere, coercizione e sfruttamento sessuale. Quello che inizialmente si presentava come un percorso di “liberazione” e crescita interiore si è progressivamente trasformato in un caso giudiziario internazionale, oggi al centro di un processo che ha riaperto il dibattito sui rischi dei culti del benessere e dei business legati alla spiritualità.

Nei prossimi punti analizzeremo la storia di OneTaste, il modello economico e psicologico su cui si fondava, le testimonianze delle ex adepte e le accuse mosse nei confronti dei suoi leader, cercando di comprendere come un’idea di empowerment si sia trasformata in una rete di controllo e abuso.

Indice
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Che cos’è OneTaste

OneTaste viene fondato a San Francisco nel 2001 da Nicole Daedone, che si presenta come una guida spirituale e sessuologa.
La donna racconta di aver vissuto un’infanzia traumatica per via del padre, condannato per pedofilia, e di aver trovato la pace solo dopo aver scoperto la meditazione orgasmica. Grazie ad un monaco buddhista, infatti, aveva appreso la connessione tra piacere, presenza e guarigione, idea alla base del suo business. OneTaste, infatti, si presenta come una comunità dedicata al benessere sessuale.
 
All’interno del gruppo, le persone vivono insieme, discutono apertamente di sessualità e sperimentano la pratica dell’Orgasmic Meditation (OM), una forma di meditazione per “sbloccare energie represse” e liberarsi dai traumi. Nello specifico:
 
  • l’idea alla base è che l’orgasmo non sia solo piacere fisico, ma anche un canale di consapevolezza interiore;
  • la pratica consiste in una sessione di quindici minuti in cui un partner, solitamente un uomo, che stimola manualmente una donna in modo lento e controllato;
  • l’obiettivo non è il raggiungimento dell’orgasmo, ma la piena connessione con le sensazioni e con il proprio corpo.
In pochi anni OneTaste diventa un marchio internazionale finanziata da investitori della Silicon Valley e dotata di corsi intensivi e ritiri spirituali, alcuni dei quali costano fino a 36.000 dollari.

OneTaste: la verità dietro l’apparenza

Come abbiamo visto finora, OneTaste si presenta come una comune spirituale in cui i partecipanti condividono spazi, vivono insieme e si dedicano a tempo pieno alle loro attività, condividendo un’ideale.
 
Tuttavia, dietro la patina di apertura e libertà, emergono dinamiche di controllo. Nicole esercita un’influenza carismatica, quasi religiosa, sui suoi seguaci ed è capace di trasformare il discorso sul piacere in uno strumento di potere decidendo chi può frequentare chi, chi può avere relazioni e come condurre la propria vita privata.
Il linguaggio usato è quello tipico della spiritualità contemporanea: “energia”, “vibrazione”, “connessione”. Ma dietro queste parole si nascondono meccanismi di manipolazione psicologica, in cui ogni dubbio o resistenza viene interpretato come un “blocco emotivo” da superare.
Con il passare degli anni, la comunità diventa sempre più chiusa. I membri lasciano il lavoro e si trasferiscono nei loft gestiti dall’organizzazione, lavorando gratuitamente “per il bene comune”.
 
Nicole sostiene che le donne devono riappropriarsi del proprio desiderio e non sentirsi vittime, neppure in caso di violenza sessuale ma trasformare anche questo atto in piacere. Il concetto diventa una delle dottrine centrali. Allo stesso tempo, gli uomini devono abbracciare la loro natura sessuale più aggressiva, idea che porta a comportamenti sempre più problematici.
 
È l’inizio della fine.

Dallo scandalo mediatico al processo federale

Nel 2017 un’inchiesta della rivista Glamour espone per la prima volta il lato oscuro di OneTaste con accuse di prostituzione, sfruttamento e coercizione sessuale.
 
Molte testimonianze di ex membri descrivono un clima in cui la pressione a partecipare a sessioni intime era costante. Alcune donne affermano di essere state spinte ad avere rapporti con sconosciuti per “sbloccarsi” o “guarire dal trauma”. 
L’FBI apre quindi un’indagine formale per verificare i reati di traffico di esseri umani e lavoro forzato, facendo chiudere nel mentre molte filiali. Inoltre, nel 2022 Netflix pubblica il documentario Orgasm Inc., che porta il caso all’attenzione internazionale.
 
Le autorità federali statunitensi presentano nel 2023 un atto d’accusa contro Nicole Daedone e Rachel Cherwitz, ex direttrice delle vendite per aver cospirato per:
  • costringere persone a lavorare;
  • prestare attività sessuali non consensuali sotto minaccia psicologica e abuso di potere;
  • approfittare dei traumi personali per ottenere obbedienza.
Il processo si è aperto a maggio 2025 e non si è ancora concluso.
Il governo federale descrive OneTaste come una struttura coercitiva, dove la leader esercitava un controllo totale sui membri. La difesa sostiene invece che l’organizzazione non fosse una setta e che tutti gli adulti coinvolti erano consenzienti. Accusa, inoltre, Netflix e i media di aver costruito una narrazione sensazionalistica per motivi commerciali.

Le testimonianze delle ex adepte (e di ex dipendenti)

Negli atti processuali e nelle cronache d’aula del procedimento federale a Brooklyn sono emersi racconti ricorrenti su lavoro non retribuito o sottopagato, coercizione sessuale, isolamento sociale e indebitamento. Ecco gli elementi-chiave riferiti da ex partecipanti ed ex dipendenti.

  • Pressioni a pratiche sessuali “per il bene del gruppo”
    In aula alcune ex lavoratrici hanno descritto un ambiente in cui venivano spinte a eseguire sessioni di OM con sconosciuti e a restare “sessualmente disponibili” come parte del ruolo; una testimone (indicata in cronaca come “Becky”) ha parlato di aspettative di orgasmo “con chiunque dalla strada” e di corsi con contenuti S&M/bondage venduti come crescita personale.
  • “Ricerca partner” e controllo delle relazioni
    Ex membri hanno riferito che i leader assegnavano “research partners” con cui condividere letto e OM, e che venivano interrotte relazioni esterne ritenute “non funzionali” al gruppo.
  • Debiti, lavoro estenuante e promesse disattese
    Diverse testimonianze hanno raccontato di corsi dal costo anche superiore a 10.000 $, di lunghissime giornate di lavoro (spesso come “volontari” o contractor) e di commissioni/salari trattenuti o mai corrisposti, con spinta a contrarre ulteriori debiti per “progredire” nel percorso.
  • Isolamento in case-comune e sorveglianza
    Ex partecipanti hanno descritto comunità residenziali con regole rigide, scambi continui di messaggi e monitoraggio del comportamento per misurare la “dedizione”. Alcune dicono di essere state umiliate in pubblico durante riunioni interne.
  • “Reclutamento” di persone vulnerabili
    Secondo l’accusa (confermata dal verdetto di giuria), il sistema faceva leva su donne con storie di trauma per ottenere servizi e prestazioni “per il bene dell’azienda”, includendo incontri sessuali con clienti o investitori: un punto ribadito nei resoconti di Associated Press e nell’ordine di condanna.

Nel documentario Netflix “Orgasm Inc: The Story of OneTaste” compaiono ex membri e staff (tra cui Frank Fu e Yves Gore) che raccontano derive e conseguenze del modello; l’inchiesta di Bloomberg (Ellen Huet, 2018) ha raccolto prime testimonianze su indebitamento e “servitù sessuale”. Inoltre, in sede civile, diverse donne hanno agito con pseudonimi (es. Jane Doe) contro Nicole Daedone e altre figure apicali; gli atti riportano accuse di manipolazione, abusi e costrizione riconducibili al periodo 2004–2018.

Il confine tra spiritualità e abuso

Il processo OneTaste apre una riflessione profonda sulla linea di confine tra spiritualità e abuso. Da un lato c’è chi vede nel gruppo una setta manipolativa, dall’altro chi parla di moralismo giudiziario verso pratiche sessuali alternative.
Alcuni ex membri descrivono la vita nella comunità come un’esperienza disumanizzante dominata dalla paura di essere escluse. Altri, invece, continuano a considerare l’organizzazione un progetto pionieristico sul piacere e la connessione umana.
 
Un tratto distintivo del modello psicologico di OneTaste è l’uso sistematico di linguaggio spirituale e pseudo-terapeutico per giustificare comportamenti coercitivi. Espressioni come “liberare l’energia femminile”, “attraversare la vergogna” o “esprimere la verità corporea” vengono usate per normalizzare esperienze di disagio e abuso, reinterpretandole come tappe necessarie del percorso di crescita.
È ciò che gli esperti di culti definiscono “spiritual bypassing”: usare concetti spirituali per evitare il confronto con la sofferenza reale o con l’abuso di potere.
 
Il dibattito coinvolge anche il mondo accademico e femminista. Molti studiosi notano come esso rifletta le ambiguità del mercato del benessere spirituale, in cui concetti come “empowerment” e “consapevolezza” possono essere trasformati in strumenti di sfruttamento.
Ad oggi, Nicole Daedone è in attesa di giudizio e continua a proclamare la propria innocenza affermando di non aver mai costretto nessuno e di aver solo proposto una pratica di intimità consapevole.
 
Come abbiamo visto insieme, la vicenda di OneTaste mostra come spesso movimenti che si vendono come di crescita personale possano trasformarsi in strutture di potere e dipendenza. In questo senso, il processo ancora aperto non giudica solo una persona ma un’intera epoca in cui la ricerca spirituale si confonde con il marketing del desiderio. E ricorda che dietro la promessa di libertà può nascondersi la più sottile delle prigionie.
 
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