Milena Quaglini, il caso della casalinga che divenne serial killer per difesa
Milena Quaglini è un nome che suscita ancora oggi interesse e riflessione nel panorama criminologico italiano. Casalinga dall’apparenza ordinaria, la sua storia cela un profondo intreccio di dolore, abusi e disperazione, fino a trasformarsi in una spirale di violenza che la portò a uccidere per autodifesa tra il 1995 e il 1999.
Quaglini, vittima di una vita segnata da soprusi e traumi, si trovò al centro di un caso giudiziario che sollevò interrogativi sulle dinamiche tra vittima e carnefice, ponendo questioni etiche e psicologiche ancora aperte.
In questo articolo, esploreremo la vicenda di Milena Quaglini, ricostruendo i fatti che la portarono a essere definita “l’Angelo sterminatore” e “serial killer per difesa“. Attraverso l’analisi del suo profilo criminologico, cercheremo di comprendere il confine tra legittima difesa e vendetta, esaminando come le esperienze personali possano influire su comportamenti estremi e apparentemente imprevedibili. Una storia drammatica, che continua a interrogare esperti e opinione pubblica sul ruolo delle circostanze e del contesto nella trasformazione di una vittima in carnefice.
Chi era Milena Quaglini
Per questo motivo, una volta compiuti i 18 anni, scappa di casa e si trasferisce nel comese. dove si arrabatta con lavori saltuari. Qui conosce il suo primo marito, un brav’uomo con il quale ha un figlio, che però si ammala e muore di diabete qualche anno dopo.
La donna, rimasta sola, scivola in una spirale depressiva che sfocia nella dipendenza da alcol.
Nonostante le prevaricazioni, la donna rimane legata a Fogli con il quale ebbe due bambine e, per sopravvivere si rifugia nella pittura, nell’alcol e negli antidepressivi. La situazione degenera quando la loro casa viene pignorata per i pesanti debiti.
I tre delitti
La situazione precipita il 2 agosto 1998, quando lei decide di farlo fuori nel sonno, strozzandolo con la corda della tapparella ed autodenunciandosi poi ai carabinieri.
Milena Quaglini confessa anche questo omicidio.
La perizia psichiatrica
Milena Quaglini, spiega così agli investigatori il motivo che l’ha spinta a uccidere. In base alla sua ricostruzione, gli omicidi sono stati una reazione al male subito, stanca di subire violenza che le ricordavano suo padre.
- prima perizia: al momento dei delitti la donna era incapace di intendere e di volere;
- seconda perizia: vizio parziale di mente;
- terza perizia: in grado di intendere e di volere al momento del delitto e azione con lucidità anche nei momenti successivi.
Milena Quaglini: la vedova nera vendicatrice
- Giusto Della Pozza viene colpito alla testa con una lampada senza nessuna premeditazione;
- Mario Fogli viene stordito, ucciso e momentaneamente occultato prima della confessione. Il metodo sembra quindi perfezionato;
- il corpo di Porrello viene invece spostato ed occultato nel tentativo di procurarsi un alibi.
Secondo le teorie della vittimologia, infatti, il suo comportamento può essere interpretato come una forma estrema di sopravvivenza attiva, tipica delle vittime che si ribellano per evitare ulteriori traumi.
Implicazioni criminologiche
Milena era descritta come una persona emotivamente instabile, con episodi depressivi gravi e una forte dipendenza dall’alcol, utilizzato come meccanismo per affrontare il dolore. I suoi omicidi possono essere considerati atti di autodifesa degenerati in violenza estrema, dove il desiderio di protezione personale si è trasformato in un’escalation incontrollata.
In ogni omicidio, Quaglini ha dichiarato di aver agito per difendersi da aggressioni fisiche o sessuali. Questo riflette una dinamica di “vittimizzazione reversa”, dove il ruolo di vittima e carnefice si intreccia.
Il caso di Milena Quaglini solleva questioni importanti nel dibattito criminologico:
- La linea sottile tra autodifesa e omicidio
Quando una vittima di abusi agisce per proteggersi, è possibile distinguere la legittima difesa dall’intenzionalità criminale? - Il ruolo della società
La mancata protezione e il fallimento delle reti di supporto sociale hanno contribuito a spingere Milena verso l’isolamento e, infine, verso azioni violente.
La sua storia mette in luce quanto sia essenziale un approccio integrato, che consideri sia le cause personali che le influenze esterne, per comprendere appieno il comportamento criminale.