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Macchina della verità: storia e uso nelle indagini penali

Macchina della verità: storia e uso nelle indagini penali

macchina della verità - storia e uso nelle indagini penali
  • Sara Elia
  • 20 Ottobre 2024
  • Criminologia
  • 4 minuti

Il poligrafo, ovvero la macchina della verità

Conosciuta anche con il nome di poligrafo, la macchina della verità è uno strumento in grado di stabilire se il soggetto interrogato stia effettivamente dicendo la verità o meno.

Scopriamo insieme al meglio di cosa si tratta e se è davvero attendibile!

Indice
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Storia ed origini della macchina della verità

Le origini della cosiddetta macchina della verità risalgono al 1921, quando lo statunitense John Augustus Larson inventò il test del poligrafo, che venne poi perfezionato dallo studente californiano Leonarde Keeler.
 
Alla base del funzionamento stava il principio per cui, quando si mente, i parametri vitali subiscano alterazioni tanto maggiori quanto più elevato è il livello di stress. L’esempio tipico è proprio quello che si ha durante un interrogatorio, la cui durata si estende per diverse ore.
 
Lo strumento prometteva di smascherare ed incastrare i colpevoli di crimini che si rifiutavano di confessare. Per farlo venivano quindi misurate varie caratteristiche fisiologiche dell’individuo, tra cui pressione del sangue, respirazione, ritmo cardiaco, e così via. Dopodiché, si procedeva all’interrogatorio, venivano poste alcune domande e in base alla curva delle oscillazioni si comprendeva se il sospettato diceva la verità o stava mentendo.
 
I principali dubbi degli studiosi di psicologia criminale erano se tale  mezzo fosse degno di fiducia ed indice di veridicità, proponendo in quest’ottica un’integrazione dei risultati ottenuti dalla macchina con altri mezzi.
 
Nonostante inizialmente la macchina della verità fu molto discreditata, fece in seguito una brillante carriera e venne utilizzata con successo in numerosi casi dell’epoca.

Che cos’è e come funziona

La macchina della verità è uno strumento in grado di stabilire se il soggetto sottoposto ad interrogatorio stia dicendo la verità o mentendo. Per farlo si utilizzano un insieme di apparecchiature collegate ad aghi scriventi che permettono di riportare la misurazione contemporanea di una serie di parametri vitali quali
 
  • sudorazione, rilevata da elettrodi posti sui polpastrelli;
  • respirazione toracica e addominale, misurata con due tubi pneumatici di gomma posti intorno all’addome e al torace;
  • attività cardiovascolare, analizzata misurando il polso e la pressione con uno sfigmomanometro;
  • ossigenazione del sangue, pressione arteriosa e frequenza cardiaca.
Al soggetto, durante il test, vengono poste delle domande e registrate le sue reazioni fisiologiche alle stesse. E quindi, ad esempio, aumento della pressione sanguigna, accelerazione del polso, etc.
In quest’ottica, la macchina della verità è in grado di evidenziare i picchi o le anomalie dei valori rispetto al normale di un individuo.
 
Qualora si riscontrino alterazioni su almeno due tracciati si ritiene probabile che il soggetto menta.
 
Il poligrafo rileva quindi i dati fisiologici e gli aghi li trascrivono su carta sotto forma di tracciati paralleli, in modo che possano essere confrontati. I dati risultanti sono indicatori dello stato di ansia che il soggetto sta nutrendo in quel preciso momento.

Attendibilità dello strumento

Fin dalla sua prima apparizione, sulla macchina della verità vennero formulate varie ipotesi circa la sua concreta utilità come prova inconfutabile.
Ad oggi, si ritiene per lo più che il test del poligrafo possa solamente rivelare le reazioni emotive, e quindi non individuare con certezza chi mente. Inoltre, è possibile falsare i risultati, per esempio controllando la respirazione.
 
Per questo motivo è considerata inaffidabile nella maggior parte dei Paesi, sebbene in alcuni, come Usa e Israele, la polizia continui a farne uso.
Nonostante in alcuni documenti ufficiali la sua attendibilità viene dichiarata prossima al 94%, non esistono studi scientifici che dimostrino la sua efficacia.
 
Le principali difficoltà nell’effettuare studi approfonditi per deliberare o negare il possibile l’utilizzo risiedono nell’analizzare l’attendibilità del principio dietro il funzionamento. Nel campo delle emozioni, stabilire quanto le menzogne possano influire sui parametri vitali è pressoché impossibile.
Esse potrebbero infatti essere distorte per motivi quali:
 
  • stress dovuto all’interrogatorio
  • coinvolgimento personale nella vicenda
  • ansia stessa dovuta all’essere collegati al poligrafo
  • alterazione, da soggetti ben addestrati, del proprio stato emotivo
A livello generale, in Europa, la macchina della verità resta quindi ad oggi poco impiegato, e rimane oggetto di controversie sulla questione dell’attendibilità.

Utilizzo della macchina della verità nelle indagini

Negli Stati Uniti, la macchina della verità viene spesso utilizzata durante gli interrogatori, per verificare che le risposte dei soggetti imputati o chiamati a testimoniare corrispondano alla verità dei fatti. Al contrario, in Italia, il codice di procedura penale ne viete espressamente l’utilizzo durante i procedimenti.
 
In base all’art 188 c.p. 
 
“Non possono essere utilizzati, neppure con il consenso della persona interessata, metodi o tecniche idonei a influire sulla libertà di autodeterminazione o ad alterare la capacità di ricordare e di valutare i fatti”.
 
La sanzione prevista in caso di violazione dell’articolo è l’inusabilità del materiale raccolto in quanto prova illegittimamente acquisita.
 
Il test di poligrafo, in Italia, viene considerato uno strumento in grado di alterare la capacità di ricordare e valutare i fatti. Inoltre, tramite la norma, si vuole tutelare la libertà morale del singolo che non deve essere condizionata da forme di coercizione fisica, morale o psichica da parte degli inquirenti.
 
Ad ogni modo, l’ordinamento obbliga imputati e testimoni a pronunciare una formula solenne in cui si impegna a pronunciare tutta la verità. In caso di menzogna, è previsto il reato di falsa testimonianza, la cui condanna è la reclusione da due a sei anni.
 
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