Chemiluminescenza: rilevare tracce di sangue con luminol e
Gli esperti di criminologia, ma anche eventuali appassionati di chimica investigativa, hanno sicuramente familiarità con il temine “luminol”. Questa sostanza viene spesso utilizzata dalla Polizia Scientifica per la rilevazione di eventuali tracce di sangue. Possiamo quindi indicare la tecnica della chemiluminescenza come una delle opportunità migliori per poter assicurare alla giustizia un eventuale omicida.
Eppure, ancora oggi, sono molti coloro che si interrogano in merito all’affidabilità dal luminol e della chemiluminescenza.
In questo articolo analizzeremo insieme il funzionamento esatto delle rilevazioni che utilizzano tale sostanza, cercando di capire anche se si tratta di una tecnica affidabile o meno.
Luminol, cos’è chemiluminescenza
L’utilizzo del luminol in criminologia lo dobbiamo a H.O. Albrecht. Il chimico tedesco, già nell’ormai lontano 1928, utilizzò la sostanza per la prima volta nel modo in cui la Polizia Scientifica lo usa ancora oggi.
Infatti, il chimico accostò il luminol al sangue umano, creando di fatto quella che oggi è nota come tecnica della chemiluminescenza.
Tale tecnica viene utilizzata per rilevare tracce di sangue in una scena del crimine.
Infatti, il luminol, che è un composto chimico, una volta entrato in contatto con il ferro presente a livello ematico, genera una reazione chimica. Reazione che permette di individuare la presenza di sangue non visibile ad occhio nudo.
Per tale ragione, ad oggi, questa sostanza è molto utilizzata da quella branca della chimica nota come chimica investigativa.
Non solo criminologia: dov’è presente il luminol
Il luminol, comunque, non viene utilizzato solamente in criminologia.
Lo conosciamo soprattutto perché utilizzato dalla Polizia Scientifica per la rilevazione di tracce di sangue sulla scena del crimine. Eppure, è una sostanza presente in natura, e molto utilizzata nell’intrattenimento.
Pensiamo alle lucciole: questi insetti devono la propria particolarità proprio alla chemiluminescenza. Un fenomeno che, tra l’altro, viene condiviso anche da alcune tipologie di lucciole.
La reazione chimica che viene utilizzata dagli esperti in criminologia per individuare le tracce di sangue sulla scena del crimine è inoltre sfruttata nel campo dell’intrattenimento.
In molti conoscono i cosiddetti glow stick, i bastoncini colorati molto usati in discoteca o come oggetto ludico per divertire i più piccoli.
Ebbene, anche i glow stick devono la loro esistenza alla reazione chimica della chemiluminescenza.
Come la Polizia Scientifica usa il luminol
Per l’utilizzo della chemiluminescenza, la Polizia Scientifica mescola il luminol, che si presenta in forma di polvere ad una soluzione.
La polvere, in sostanza, viene mescolata a perossido di idrogeno ed idrossido. Si ottiene in tal modo una soluzione che può essere letteralmente spruzzata sulla scena del crimine.
In presenza di tracce di sangue, lo spray reagirà col ferro contenuto a livello ematico, generando per pochi secondi una sorta di luce. La luce, di colore che varia da blu al verde, dura meno di mezzo minuto. E tale effetto si crea proprio per la reazione di chemiluminescenza: da qui il nome di questa tecnica ampiamente utilizzata in criminologia.
Da ricordare, però, che l’effetto luminoso è visibile solamente in assenza di oscurità.
Inoltre, la sostanza non reagisce solamente in presenza di sangue, ma anche di urina, feci, rafano e candeggina.
La tecnica è davvero efficace per rilevare tracce di sangue?
Come anticipavamo in apertura, anche gli esperti di criminologia e chimica investigativa hanno spesso messo in dubbio l’efficacia del luminol.
Di base, possiamo dire che l’utilizzo del luminol è abbastanza affidabile, in quanto permette di individuare tracce ematiche diluite con rapporto 1:100.000.
Detto in altre parole, anche se l’autore del delitto si è preoccupato di ripulire la scena del crimine, la chemiluminescenza potrebbe comunque rivelare tracce ematiche.
Inoltre, l’affidabilità di questo test è valida per anni. Anche a distanza di anni, la reazione con ferro viene attivata.
La chemiluminescenza, però, dà talvolta origine a dei falsi negativi. Il che significa che, pur in presenza di tracce di sangue, la tecnica non sempre in grado di generare il fascio di luce.
Questo perché molte sostanze detergenti, ma anche l’applicazione di cloro sulla scena del delitto, possono falsare i risultati annullando la reazione chimica. Anche la semplice candeggina potrebbe paradossalmente falsare i risultati del test che prevede l’uso del luminol.
Di base, dunque, si suggerisce alla Polizia Scientifica di utilizzare più test per avere conferma. Al luminol, quindi, è bene affiancare un secondo test per avere un riscontro incrociato.
Possiamo infatti considerare la chemiluminescenza come un test presuntivo, il quale va poi necessariamente integrato con altri test confermativi.
Chimica investigativa: le alternative al luminol
La chimica investigativa prevede diverse alternative al luminol a alla chemiluminescenza.
Uno dei più utilizzati in criminologia è il fenolphthalein. La reazione col ferro, in questo caso, produce una colorazione rosata.
Ma il fenolphthalein non rappresenta l’unica alternativa al luminol. La verifica di eventuale presenza di tracce di sangue si può effettuare utilizzando anche altri agenti chimici, come il verde di leucomalachite.
Tale sostanza permette di testare la scena del crimine, ed è rappresentata una delle più affidabili per accertare l’eventuale presenza di tracce ematiche.
Chemiluminescenza, come ridurre al minimo errori e conseguenze
Oltre a poter generare falsi negativi, il luminol ha anche un secondo inconveniente. Tale sostanza chimica, infatti, è molto pericolosa perché potenzialmente tossica per gli operatori.
Il che significa che va maneggiata con cura, e solamente da reparti di Polizia Scientifica altamente esperti.
In ogni caso, entrambi gli svantaggi della chemiluminescenza possono essere arginati.
Innanzitutto, è fondamentale dosare il composto adeguatamente, utilizzando solo il quantitativo necessario. Purtroppo, esagerare col luminol significa compromettere irrimediabilmente le prove disponibili.
Una quantità eccessiva di prodotto potrebbe comportare una diluzione eccessiva di eventuali tracce ematiche. La conseguenza, in questi casi, è rappresentata dalla mancata attivazione della reazione luminosa. Per dirla con parole più semplici, il rischio è quello di generare un falso negativo.
In secondo luogo, è di vitale importanza per la validità del test utilizzare la soluzione spruzzandola direttamente sul punto da esaminare.
C’è poi da considerare anche il fatto che la reazione luminosa è visibile solamente in condizioni di buio totale e che dura solamente 30 secondi.