Jobs Act e Consulta: reintegro per tutti i lavoratori licenziati in modo illegittimo
Il Jobs Act, in alcuni casi, è illegittimo. Questa è la conclusione alla quale è giunta la Corte Costituzionale, che ha confermato l’illegittimità in uno specifico caso.
Qualora il lavoratore sia stato licenziato in modo illegittimo e, di conseguenza, in caso di licenziamento nullo, la norma stabiliva infatti che il lavoratore interessato avrebbe potuto essere reintegrato in un solo caso. Quello, cioè, in cui la nullità era espressamente sancita.
Al contrario, la Consulta della Corte Costituzionale ha invece stabilito che tutti i lavoratori licenziati in modo illegittimo hanno diritto ad essere reintegrati. Anche se non espressamente sancita la nullità, il reintegro potrà avvenire.
Dunque, i lavoratori che hanno perso il lavoro in modo illegittimo hanno ora più diritti e possono essere reintegrati nel loro posto di lavoro.
Ecco tutte le novità e le tutele previste per i lavoratori a seguito della sentenza.
Jobs Act: l’Art. 2, comma 1 è illegittimo
Con la sentenza n. 22/2024, la Consulta della Corte Costituzionale ha confermato che una parte del Jobs Act è illegittima.
In particolare, la sentenza in questione è relativa al comma 1 dell’Art. 2 del Jobs Act. Ancor più nel dettaglio, secondo la Corte Costituzionale, è il termine “espressamente” a causare l’illegittimità.
L’Art. 2 comma 1 della Legge n. 23/2015, nota come Jobs Act, recita infatti:
“Il giudice, con la pronuncia con la quale dichiara la nullità del licenziamento perché discriminatorio a norma dell’articolo 15 della legge 20 maggio 1970, n. 300, e successive modificazioni, ovvero perché riconducibile agli altri casi di nullità espressamente previsti dalla legge, ordina al datore di lavoro, imprenditore o non imprenditore, la reintegrazione del lavoratore nel posto di lavoro, indipendentemente dal motivo formalmente addotto. A seguito dell’ordine di reintegrazione, il rapporto di lavoro si intende risolto quando il lavoratore non abbia ripreso servizio entro trenta giorni dall’invito del datore di lavoro, salvo il caso in cui abbia richiesto l’indennità di cui al comma 3. Il regime di cui al presente articolo si applica anche al licenziamento dichiarato inefficace perché intimato in forma orale”.
In sostanza, si riconosce la tutela per i lavoratori ingiustamente licenziati solamente nel caso in cui la nullità venga sancita espressamente dalla legge.
In parole povere, questa parte del Jobs Act prevedeva che, se un lavoratore con un contratto a tutele crescenti veniva licenziato in modo illegittimo, poteva essere reintegrato solo se la legge affermava chiaramente che il licenziamento era nullo.
La Corte Costituzionale ha invece stabilito che questa limitazione è illegittima.
Quindi, tutti i lavoratori con contratti a tutele crescenti che sono stati licenziati in modo illegittimo hanno diritto al reintegro, anche se la legge non specifica che il licenziamento è nullo.
La sentenza della Corte Costituzionale
Dunque, grazie alla recente sentenza n. 22/2024, la Corte Costituzionale ha di fatto esteso la tutela prevista in caso di licenziamento illegittimo, tutela che col Jobs Act era stata di fatto limitata.
L’illegittimità rilevata dalla Consulta della Corte è costituzionale. La sentenza permetterà quindi di eliminare i limiti che il Jobs Act aveva illegittimamente introdotto.
Quindi, anche i nuovi assunti con contratto a tutele crescenti potranno essere reintegrati sul posto di lavoro dopo un licenziamento non legittimo.
Questo perché la limitazione imposta dal Jobs Act non risulta conforme con l’Art. 76 della Costituzione, che tutela il diritto al lavoro.
In particolare, in riferimento ai licenziamenti nulli, non si dovrebbe prevedere alcuna distinzione tra le nullità formalmente espresse e quelle non espresse.
All’interno del Jobs Act, al contrario, vengono introdotti i casi di nullità previsti per legge. Il Jobs Act prevedeva, come abbiamo visto, che la tutela che prevede il reintegro sul posto di lavoro dovesse essere garantita solamente per in caso di nullità espressa. Tra le altre cose, il Jobs Act non approfondisce inoltre le eventuali fattispecie escluse, compresi i licenziamenti privi di espressa sanzione della nullità.
In questo modo, la norma risulta incompleta e non coerente. La Corte Costituzionale ha dunque risolto la questione dichiarando illegittima la limitazione della reintegrazione ai soli casi di licenziamenti nulli “espressi”.
Il parare dei Sindacati
A seguito della sentenza della Corte di Cassazione relativa al Jobs Act, anche i Sindacati hanno espresso la propria opinione sulla questione.
La Uil, nelle parole della segretaria confederale Ivana Veronese, ha espresso contentezza in merito. La segretaria ha affermato che, in questo modo, il Jobs Act verrà ridefinito e riequilibrato.
Anche la Cisl si è espressa in merito alla sentenza della Corte. In particolare, il segretario confederale Mattia Pirulli ha definito “condivisibile” la sentenza.
Tale sentenza, infatti, garantirà maggior tutele ai lavoratori, anche qualora la nullità del licenziamento non sia espressa dalla legge. L’impatto positivo, tra l’altro, non sembra intaccare i principi fondativi del contratto a tutele crescenti.
La Cgil, invece, non ha fornito commenti dettagliati. Eppure, anche questa sigla sindacale sembra soddisfatta dalla sentenza.
Cosa prevede il Jobs Act?
Ricordiamo che, oltre ad occuparsi del contratto a tutele crescenti (col D.Lgs. 23/2015), il Jobs Act ha consentito l’emanazione di diversi decreti attuativi.
Innanzitutto, l’attuazione della legge delega in materia di lavoro n. 183/2014, meglio conosciuta come Jobs act, ha consentito l’emanazione del D.Lgs. 22/2015.
Si tratta del decreto attuativo che ha permesso l’introduzione di nuovi ammortizzatori sociali in caso di disoccupazione involontaria. In pratica, con questo decreto è stata introdotta la ben nota NASpI.
Successivamente, grazie al D.Lgs. 80/2015, sono stati chiariti modi e termini relativi alla conciliazione tra tempi di vita e di lavoro.
Il decreto n. 81/2015 ha invece provveduto al riordino dei contratti di lavoro e alla disciplina delle mansioni.
Con i successivi decreti legislativi n. 148 e 149 del 2015, invece, sono stati chiariti elementi relativi all’attività ispettiva in materia di lavoro e legislazione sociale e principi di riorganizzazione della disciplina degli ammortizzatori sociali in costanza di rapporto di lavoro.
Infine, i decreti 150 e 151 del 2015 hanno apportato, rispettivamente, semplificazioni in materia di lavoro e pari opportunità e novità in materia di politiche attive.
Infine, il già citato decreto attuativo n. 23/2015, in attuazione del Jobs Act, è invece quello relativo al contratto a tutele crescenti.