In aumento l'insoddisfazione al lavoro: solo il 50% si sente apprezzato
Sono diverse le professioni in cui si sta diffondendo sempre di più il problema dell’insoddisfazione al lavoro. Che si tratti di posizioni di alto livello come i ruoli manageriali che di semplici impiegati non fa differenza anche perché i motivi che la fanno insorgere sono diversi. A volte si tratta di valori non condivisi fra lavoratori e aziende, altre si tratta di un clima ostile con i colleghi o della monotonia di un mestiere ripetitivo.
In Italia un’importante agenzia per il lavoro nota come MAW ha svolto una ricerca a riguardo scoprendo che solo tre lavoratori su dieci sono soddisfatti del proprio lavoro. Gli altri sette invece combattono ogni giorno con la sensazione di non essere apprezzati, sentirsi sfruttati e con un rischio crescente di sviluppare depressione o altri disturbi dovuti allo stress.
Insoddisfazione al lavoro: come nasce
La pandemia ha portato molti italiani a perdere il proprio posto di lavoro o a doversi assentare dal proprio ufficio o reparto per un periodo prolungato. Non è un caso che in questa situazione molti si siano ritrovati a riflettere sulla propria professione, in molti casi realizzando di andare avanti per inerzia. Chi è da anni che lavora nella stessa realtà va avanti in automatico e solo a causa di episodi particolari realizza la sua frustrazione.
In generale però l’insoddisfazione al lavoro è una condizione che inizia a svilupparsi a poco a poco per motivi ben precisi. Il primo di tutti è l’essere entrati in un’azienda che dava un’impressione di un certo tipo poi disillusa in breve tempo. Se non si è su una linea di pensiero affine con quella dei propri datori di lavoro giorno dopo giorno si accumula una sensazione di inadeguatezza che alla lunga può esaurire le energie.
Un altro aspetto che porta a sentirsi insoddisfatti è quando le possibilità di crescita professionale sembrano troppo poche. Dopo anni con lo stesso inquadramento nonostante la voglia di mettersi in gioco si arriva a detestare il proprio posto di lavoro. Se in più si vedono persone più giovani fare carriera con disinvoltura la sensazione peggiora, facendo sentire ingabbiati nel ruolo che si ha.
Non mancano i casi in cui i carichi di lavoro appaiano troppo gravosi ai dipendenti rispetto a quanto percepiscono come stipendio. Sentire di lavorare senza la giusta retribuzione appare come un segno ulteriore di scarso apprezzamento delle capacità dei dipendenti. In più si sente di non avere spazio di manovra per sfruttare il proprio talento.
Quali sono le priorità dei lavoratori in Italia
Quando si percepisce un senso di insoddisfazione al lavoro la prima reazione che si ha è valutare di cambiare posto di lavoro proponendosi ad altre aziende. Per fare questa scelta sono due i parametri principali che gli italiani considerano quando vagliano le opzioni: l’ammontare dello stipendio e il clima lavorativo.
Una paga adeguata al ruolo che si ha è considerata dal 76% dei lavoratori la caratteristica più importante per selezionare una proposta di lavoro. Il 56% invece dà maggiore rilievo all’ambiente in cui ci si andrà ad inserire, che comprende il rapporto che si instaura con i colleghi, la policy aziendale e la pressione che si riceve dai superiori.
Curiosamente i benefit aziendali non sono tra gli aspetti che sembrano interessare i dipendenti a dispetto di quanto le aziende li sottolineino negli annunci di lavoro. Sono visti come un valore aggiunto ma non una caratteristica fondamentale del posto di lavoro ideale a patto che preveda un clima sano e una buona retribuzione.
Il 33% dei lavoratori intervistati da MAW inoltre specifica come per evitare l’insoddisfazione sul lavoro ciò che serve sia un basso carico di stress. Scadenze ravvicinate e martellanti, tensione e rapporti ostili o poco sereni con colleghi e superiori per un italiano su tre sono troppo da sopportare anche se lo stipendio è buono.
Insoddisfazione al lavoro: il rapporto con il capo
Le relazioni professionali influenzano molto il clima lavorativo, in particolare quelle con i superiori. Secondo le statistiche chi è già da qualche anno nel mondo del lavoro tende a restare più a lungo in una posizione lavorativa se si trova bene con il suo capo. L’aspetto che i dipendenti ricercano di più in chi gestisce il loro lavoro è la capacità di ascoltare, di aprirsi al confronto.
C’è meno insoddisfazione al lavoro nelle realtà aziendali dove i dirigenti o i manager instaurano un dialogo costruttivo con il proprio team. Perché questo avvenga devono essere disposti a ricevere proposte di miglioramento ed essere propositivi valorizzando le capacità di ogni membro della squadra. E spendere una parola in più per un complimento, all’occasione.
Infatti è proprio quando il team leader sembra non dare mai un feedback in merito all’operato dei vari membri che inizia a venire meno la fiducia nei suoi confronti. Ci si sente anonimi e tutti uguali, e senza apprezzamento si riduce anche la volontà di impegnarsi. Basti immaginare la frustrazione per l’aver speso ore di straordinari per risultati che poi passano sotto silenzio.