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Indagini e DNA: Pitchfork, il primo caso risolto mediante impronta genetica

Indagini e DNA: Pitchfork, il primo caso risolto mediante impronta genetica

impronta genetica - Pitchfork, il primo caso risolto mediante DNA
  • Sara Elia
  • 25 Luglio 2025
  • Criminologia
  • 5 minuti

Indagini e DNA: Pitchfork, il primo caso risolto mediante impronta genetica

Se oggi il DNA rappresenta uno degli strumenti più potenti nelle indagini forensi, gran parte del merito va al genetista britannico Alec Jeffreys, considerato il padre dell’impronta genetica. Grazie alla sua scoperta rivoluzionaria, la scienza è entrata a pieno titolo nelle aule di tribunale, rendendo possibile identificare con certezza colpevoli e innocenti attraverso tracce biologiche anche minime.

Il primo caso della storia risolto grazie all’impronta genetica è quello di Colin Pitchfork, un caso emblematico che segnò una svolta epocale nella criminologia e nell’uso del DNA come prova giudiziaria. Correva l’anno 1986 e, da quel momento, nulla sarebbe stato più come prima nelle scienze forensi.

Scopriamo insieme cosa accadde, come si arrivò all’arresto di Pitchfork e perché questo caso rappresenta una pietra miliare nella storia delle indagini criminali.

Indice
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L’importanza dell’impronta genetica nelle indagini forense

Per poter comprendere al meglio il ruolo dell’impronta genetica nelle indagini forense, è necessario risalire alla scoperta del DNA.
Abbreviazione di acido desossiribonucleico, si tratta della molecola alla base della vita che contiene tutte le informazioni genetiche per l’esistenza di un organismo, scoperta nel 1953 dai futuri premi Nobel per la medicina Watson e Crick.
 
In particolare, il primo modello di struttura a doppia elica del Dna era stato proposto a partire dagli studi della chimica e fisica inglese Rosalind Franklin. Nel 1953 erano poi state stabilite le basi della moderna biologia molecolare: le funzioni del Dna, il codice genetico, i geni e la sintesi delle proteine.
 
Il parametro è in grado di distinguere un essere umano da un altro e per farlo deve avere determinate caratteristiche quali essere invariabile nel tempo, misurabile e discriminare nella popolazione individui differenti con assoluta certezza.
 
Come è evidente, la scoperta di tale molecola si è rivelata fondamentale in quanto ha permesso:
  • prevenzione di molte malattie genetiche;
  • risposta definitiva nei test di paternità;
  • risoluzione di complicati ed ambigui casi di omicidio.
Negli anni, inoltre, l’esponenziale progresso scientifico in ambito medico-biologico ha portato alla possibilità che un test del DNA possa essere sicuro al 100%.

Il caso Pitchfork

Da quell’anno, per inchiodare i colpevoli di reati, l’indagine deduttiva, che si serviva di una serie di indizi, viene sostituita dall’indagine scientifica in cui è la prova incontrovertibile del DNA ad avere la meglio.
 
In particolare, la vicenda che ha visto protagonista Colin Pitchfork è stato il primo caso nella storia risolto proprio grazie all’impronta genetica.
 
Ci troviamo nel 1983, a Narborough nell’Leicestershire (UK).
Il 21 novembre una giovane di appena 15 anni di nome Lynda Mann, dopo aver finito il suo turno di lavoro come babysitter, aveva deciso di tornare a casa attraverso una scorciatoia. Purtroppo, però, non arrivò mai.
Dopo una notte passata a cercarla, il suo corpo venne ritrovato senza vita a ridosso del sentiero e il medico legale confermò, attraverso l’esame autoptico, segni di una violenza sessuale e di strangolamento.
 
Vennero successivamente analizzati campioni di sperma dell’omicida e si scoprì così che l’uomo possedeva sangue del gruppo A, appartenente a solo circa il 10% della popolazione maschile.
 
Lo stesso avvenimento si ripeté il 31 luglio 1986 quando Dawn Ashworth, un’altra giovane quindicenne di Narborough, venne ritrovata su un sentiero nella boscaglia. Anche in questo caso, la ragazza era stata picchiata con violenza, violentata e strangolata e, soprattutto, il gruppo sanguigno dell’assassino coincideva con A positivo.

La risoluzione grazie all’ impronta genetica

Le indagini si intensificano fino a individuare un sospettato, un giovane di diciassette anni. In questa occasione, fu usata per la prima volta la prova del DNA che scagiona il presunto colpevole: non era lui l’autore dei crimini.
 
Poco tempo dopo venne richiesto agli abitanti uomini di Narborough e dintorni di sottoporsi al prelievo del Dna tramite saliva o sangue, ma la ricerca si rivelò fallimentare. Tra loro l’omicida non c’era.
È necessario attendere l’anno successivo, il 1987, per arrivare ad una svolta nel caso. In quell’anno, infatti il signor Kelly racconta ad alcuni amici che in occasione del prelievo del sangue un suo collega dal nome Colin Pitchfork gli aveva offerto delle sterline per farsi dare una provetta del suo sangue.
 
Sconvolto da quell’informazione, un amico avvisa le forze dell’ordine.
Gli investigatori, indagando sull’uomo, scoprono che aveva contro di lui dei precedenti documentati. Procedono poi all’analisi dell’impronta genetica e trovano corrispondenza con quello trovato sulle vittime.
 
L’uomo, messo alle strette, è costretto a confessare di aver violentato e strangolato Lynda Mann e Dawn Ashworth.
Dopo il processo, nel 1989 viene condannato a trent’anni di carcere. Purtroppo, però, il primo settembre 2021 gli è stata concessa la libertà condizionale, nonostante la protesta delle famiglie delle vittime.

Utilizzo attuale

La tecnica per risalire all’ impronta genetica è basata sull’unicità di alcune sequenze di basi all’interno del DNA di ciascun individuo.
Di fatto, ciò rende il patrimonio genetico di una persona indiscutibilmente diverso da quello di qualunque altra. L’eventualità di trovare uno stesso patrimonio genetico in due individui, si manifesta solamente in caso di gemelli omozigoti ed in altri statisticamente ogni mille miliardi di persone.
 
Nonostante il metodo risulti efficace, ad oggi, in ambito forense non è più molto utilizzato a causa della sua laboriosità, inaccuratezza interpretativa e del fatto che servono grandi quantità di materiale genetico per completare l’analisi.
 
Il progresso della ricerca ha infatti permesso sostituire l’impronta genetica con la Reazione a Catena della Polimerasi. Abbreviata in PCR, si tratta di un procedimento con il quale è possibile amplificare i segmenti di DNA raccolti ed avviare l’analisi da quantità esigue di materiale genetico, anche parzialmente degradate o datate.
 
Come abbiamo visto insieme, il test genetico è stato utilizzato nel campo criminalistico per identificare i responsabili di omicidi, violenze carnali e attentati. Viene tutt’ora usato per molteplici scopi, quali l’identificazione personale in casi di disastri di massa, l’accertamento di paternità e il ricongiungimento tra consanguinei.
 
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