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Genetica forense: il DNA al servizio delle indagini criminali

Genetica forense: il DNA al servizio delle indagini criminali

genetica forense - il DNA al servizio delle indagini criminali
  • Sara Elia
  • 5 Aprile 2025
  • Criminologia
  • 4 minuti
  • 15 Maggio 2025

Genetica forense: il DNA al servizio delle indagini criminali

Nel mondo della criminologia, la genetica forense rappresenta una delle conquiste più straordinarie degli ultimi decenni. Grazie alle nuove tecnologie di analisi del DNA, oggi è possibile risolvere casi complessi, identificare autori di crimini, scagionare innocenti e far luce su eventi rimasti irrisolti per anni.
La genetica, un tempo confinata ai laboratori di ricerca, è ormai uno strumento imprescindibile al servizio della giustizia. La genetica forense è una scienza ad oggi estremamente utile nell’identificazione di colpevoli di reato, persone scomparse o vittime di tragedie.

In questo articolo esploreremo il ruolo della genetica forense nelle indagini criminali, le tecniche utilizzate e le sfide etiche e giuridiche che accompagnano il suo utilizzo.

Indice
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Che cos’è la genetica forense

La genetica forense è una disciplina che in un’indagine penale a partire da un campione biologico permette di leggere il DNA e
  • identificare i colpevoli di un reato;
  • verificare dei legami di parentela in caso di dubbio o contestazione;
  • identificare cadaveri rinvenuti sul luogo di una tragedia e persone scomparse;
  • attribuire un nome a resti umani sconosciuti;
  • ricostruire la scena del crimine in caso di un disastro di massa.
Per farlo vengono utilizzate tecniche di biologia molecolare in un contesto forense. I marcatori genetici, infatti, assumono particolare rilevanza nella predizione di caratteristiche fenotipiche.
 
Questa scienza vede le sue origini nel 1983 quando Alec John Jeffreys scopre che nel patrimonio genetico umano sono presenti dei polimorfisimi, regioni in cui una breve sequenza di lettere viene ripetuta un certo numero di volte. Lo scienziato ne comprende l’utilità per ottenere un’impronta genetica della persona. Infatti, analizzando il numero di ripetizioni in un numero sufficiente di regioni del DNA si ottiene una combinazione unica. Non esistono al mondo due persone che condividano lo stesso patrimonio genetico.
 
Il metodo si rivela fin da subito efficace ed inizia a diffondersi, perfezionandosi progressivamente grazie all’avanzamento tecnologico.
Ad oggi, l’analisi del DNA una delle più potenti e affidabili risorse a disposizione del sistema giudiziario moderno.

Come funziona il DNA applicato alla genetica forense

Ogni organismo vivente ha un proprio assetto genetico che prende il nome di DNA. Esso contiene al suo interno:
  • geni indispensabili per la produzione di proteine ed enzimi necessari per lo svolgimento corretto delle funzioni vitali e fisiologiche;
  • tratti codificanti: specifiche sequenze di DNA che vengono prima trascritte in RNA e poi tradotte in proteine;
  • tratti non codificanti: sequenze che hanno una funzione di regolazione dell’espressione genica, ad oggi ancora per lo più ignoti;
  • fenotipi: caratteristiche visibili prodotte dai geni, come ad esempio il colore di capelli.
Applicando questi principi alla genetica forense in contesto investigativo, è importante considerare che la predizione del fenotipo è la parte più rilevante nei casi di ritrovamento di materiale biologico su vittime o reperti. In quest’ottica, identificare tramite DNA il soggetto ignoto di cui si trova traccia permette di offrire preziose informazioni agli inquirenti che, seppur spesso parziali, possono rappresentare un utile mezzo di indagine.
 
Inoltre, in Italia, per facilitarne l’identificazione, è stata istituita dal 2016 una banca dati del DNA in collaborazione con la polizia di altri Paesi. Essa contiene i profili genetici di:
  • 35mila reperti biologici ritrovati su scene del crimine,
  • 14mila profili ottenuti dalla popolazione carceraria;
  • 7500 persone fermate o arrestate.

Cosa ci rivela il DNA: utilità principali

Come abbiamo visto finora, il DNA è uno strumento identificativo efficacissimo grazie alla sua unicità. Esso può essere facilmente estratto da sangue, capelli, saliva, urine, spermatozoi e pelle, reperti reperibili sulla scena di un crimine, anche oggetti semplicemente toccati o sfiorati dalla persona d’interesse.
 
La sua capacità di identificare in modo univoco individui, nel rispetto di standard etici rigorosi, ne fanno uno strumento essenziale nella genetica forense nel riconoscimento di vittime e carnefici. Da parte sua, la comunità scientifica internazionale è costantemente al lavoro per sviluppare e validare strumenti in grado di definire il grado di predittività delle caratteristiche fenotipiche che si ricercano.
 
Inoltre, la DNA è la macromolecola biologica più resistente alle avversità ambientali. Ciò significa che è possibile reperire molecole intatte, o parzialmente intaccate, anche dopo molti anni. Come è evidente, ciò ha importanti implicazioni per la soluzione di cold cases e per l’identificazione di cadaveri decomposti. In quanto molecola dell’ereditarietà, è possibile inoltre, ricostruire legami di parentela che facciano luce sulle relazioni familiari di un ignoto, portando alla sua identificazione incrociando i dati genomici con quelli provenienti da registri genealogici.

L’importanza del confronto

Occorre subito precisare che i campioni di DNA non indicano il nome e cognome della persona a cui appartiene in modo diretto.
Si può affermare che essi appartengono a uno specifico individuo solo qualora sia possibile confrontarlo con un campione biologico suo o dei suoi familiari
. Nella genetica forense l’identificazione, infatti, avviene sempre per confronto.
 
Allo stesso modo, l’analisi del DNA può confermare o escludere che una traccia biologica ritrovata sulla scena del crimine appartenga a una specifica persona. In questo senso, in caso di omicidio, l’identificazione avviene per confronto con un campione biologico prelevato dal sospettato.
Inoltre, anche quando non è possibile un riconoscimento preciso, un’analisi profonda e dettagliata può fornire importanti spunti investigativi. Il DNA, infatti, determina in larga misura l’aspetto esteriore, rendendo possibile una sorta di identikit basato sulla diversità molecolare.
 
Nello specifico è possibile individuare:
  • età e statura approssimative;
  • pigmentazione della pelle;
  • colore dei capelli e degli occhi;
  • informazioni sulla morfologia cranio-facciale. 
Integrando competenze e tecnologie genetiche diversificate, il lavoro degli esperti del mondo accademico e il ruolo della Polizia di Stato è stato più volte possibile dare un volto agli autori dei reati. Tra questi, Massimo Bossetti, l’assassino di Yara Gambirasio.
 
In questo senso, senza il contributo del DNA e della genetica forense non sarebbe mai stato possibile identificare molti autori di reati.
 
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