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Durkheim e la teoria del comportamento deviante

Durkheim e la teoria del comportamento deviante

Durkheim
  • Sara Elia
  • 27 Dicembre 2024
  • Criminologia
  • 4 minuti

La teoria del comportamento deviante di Durkheim

Emile Durkheim, sociologo e antropologo francese, figura tra i primi e principali studiosi del concetto di devianza.

Esaminiamo al meglio il suo pensiero e la sua analisi del comportamento criminale!

Indice
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Che cos’è la devianza per Durkheim

Viene definito deviante un comportamento o un atto che viola le norme di una comunità.
Esso può assumere carattere legale o morale ed è perseguibile con delle sanzioni rispettivamente di reclusione o emarginazione e giudizio negativo da parte della società.
 
Lo studioso, sociologo e antropologo francese Emile Durkheim ne analizza con attenzione la matrice elaborando una sua teoria, a stampo relativistico. Egli sostiene che la devianza non sia una caratteristica di un certo comportamento, ma dipenda dal significato e che una specifica società assegna a tali atti.
In quest’ottica quindi, la devianza dipende dal contesto socioculturale in cui si manifesta. Un atto reputato inaccettabile all’interno di una comunità in un’altra può essere accolto positivamente.
 
Nello specifico, la teoria di Durkheim, parte dal presupposto che la natura intrinseca dell’uomo sia essenzialmente distruttiva. Per questo motivo, l’ordine sociale non è naturale ma deve esistere un fattore esterno che lo imponga e mantenga. 
In che modo?
A tenere saldi i rapporti tra i cittadini sono i “fatti sociali”, norme e tradizioni che modellano gli individui, la forma stessa dell’organizzazione sociale in cui essi sono nati e cresciuti.
 
Per comprendere al meglio il pensiero di Durkheim è necessario precisare che, in quanto sociologo non si interessava della psiche in quanto tale, ma studiava il modo in cui la stessa veniva influenzata dalla società.

Il rapporto tra società e comportamento criminale

Come abbiamo visto, Emile Durkheim sosteneva che per comprendere la devianza fosse necessario analizzare la società e il modo in cui questa influisce sui suoi membri. Sono infatti le norme condivise, i valori e i dettami etici a dare un’impronta ai cittadini.
 
Lo studioso operava nel delicato periodo della rivoluzione industriale, che aveva spezzato i legami tra gli individui su cui si basava la società precedente. Ai tempi, la società era nell’effettivo in un momento di disgregazione sociale e grande cambiamento caratterizzata dalla mancanza di un substrato comune e la proliferazione di comportamenti criminali a causa dell’assenza di norme condivise.
 
In questo contesto, secondo Durkheim, l’unica soluzione era il recupero di solidarietà organica, composta da tre dimensioni:
  • autonomia: scelta autodeterminata del singolo di volersi integrare nella propria comunità rispettando le sue regole;
  • disciplina: comportamento attivo messo in atto di conseguenza;
  • attaccamento: ritrovamento del senso di appartenenza alla propria comunità.
Una volta superati questi tre passaggi era necessario applicare la solidarietà meccanica, un tipo di solidarietà costruita in modo attivo caratterizzata da coesione per permettere ai membri della comunità di ritrovarsi spesso per rinnovare l’attaccamento.
 
Questo era l’unico modo per contrastare la disgregazione che la società industriale aveva generato. Se questa soluzione non fosse stata messa in pratica, non sarebbe potuta resistere.

Reati ed omicidi 

Nonostante l’elaborazione della teoria del comportamento deviante e di una soluzione per sopravvivere ad essa, secondo Durkheim era comunque molto difficile ripristinare l’ordine nella società dell’epoca in quanto costituita da soggetti deboli, e quindi, più propensa al comportamento criminale.
 
Per questo motivo era fondamentale che si costituisse un gruppo in grado di stabilire cosa fosse giusto e costa sbagliato, punendo chi non si fosse adeguato.
 
La concezione di Durkheim dei reati era molto precisa. Si trattava infatti di fatti sociali normali, in quanto ogni società è intrinsecamente portata a delinquere. D’altra parte, essi assumevano un valore sociale positivo di regolatori morali: chi delinque viene infatti punito, permettendo alla comunità di evolvere e introdurre valori aggiornati.
 
La visione del sociologo per l’omicidio era invece ancora differente. Si trattava infatti di un reato più immorale rispetto agli altri in quanto le conseguenze che esso provocava, erano in conflitto con l’evoluzione della morale collettiva.
In passato, diceva, il sentimento collettivo più forte riguardava il gruppo, nel presente era invece diventato il singolo individuo. In questo senso, a seconda del tasso di omicidi registrato in una data comunità, si poteva dedurre il grado di diffusione del rispetto per l’uomo.

Emile Durkheim e l’utilità della devianza

Come abbiamo visto finora. spesso nelle società valori, norme tradizionali e punti di riferimento normativo venivano meno senza essere sostituiti dai nuovi 
 
Studiando la devianza, Durkheim voleva sottolineare quanto fosse un fattore inevitabile e, allo stesso tempo necessario in quanto dalla funzione:
 
  • adattiva: una forza innovatrice capace di introdurre introduce nuove idee e pensieri nella società;
  • incoraggiare la definizione di nuove norme e valori;
  • evidenziare ciò che è morale tramite la definizione opposta di immoralità;
  • provocare un’accettazione condivisa dei nuovi valori promulgati in grado di rafforzare la solidarietà di gruppo;
  • ribadire la giustezza dei nuovi modelli di moralità assunti mediante la punizione.
A livello generale, è dunque fondamentale sottolineare come il fenomeno della devianza per Emile Durkheim fosse importante non solo in sé stesso ma anche e soprattutto per quello che rappresentava. Per ribadire quali siano i confini di una società, è infatti necessario che essi vengano oltrepassati.
Solo quando l’individuo trasgredisce una norma che quella norma può essere compresa. La società ha bisogno del cattivo per ricordare a tutti, o forse per rassicurare sé stessa, di quanto sia buona.
 
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