Dattiloscopia e analisi delle impronte digitali
L’analisi delle impronte digitali tanto cara a film e serie TV gialli ha un nome specifico, ed è definita dattiloscopia. Si tratta, in sostanza, della rilevazione delle impronte da una scena del crimine, al fine reperire prove sostanziali per l’accusa.
Le tecniche di rilevazione delle impronte digitali sono fondamentali per diversi motivi. L’aspetto più importante riguarda il fatto che le impronte digitali difficilmente coincidono. Secondo la scienza, c’è solo una possibilità su 64 miliardi che un disegno papillare di una persona sia identico a quello di un altro soggetto. Neanche nei gemelli le impronte sono infatti identiche e corrispondenti.
In altre parole, questa rilevazione biometrica permette di identificare in maniera praticamente cerca l’autore di un delitto. La dattiloscopia forense rappresenta la rilevazione biometrica più affidabile attualmente a disposizione.
Dattiloscopia, cos’è con esattezza
Con il termine dattiloscopia, meglio nota come dattiloscopia forense, intendiamo una vera e propria scienza. Tale scienza analizza le impronte digitali, al fine di identificare un soggetto.
Ogni individuo possiede, sulle palme di mani e piedi, le cosiddette creste cutanee, ossia delle curve di carne propriamente chiamate dermatoglifi. Grazie alle ghiandole sudoripare presenti su mani e pieni, quando si tocca una qualunque superficie o un qualunque oggetto, le impronte digitali vi restano impresse.
In questo modo, è possibile identificare la persona che ha toccato una determinata superficie, dato che come detto le impronte digitali sono praticamente quasi uniche.
Inoltre, quella sorta di schema che si viene a creare non cambia: le impronte restano identiche per tutta la durata della vita del soggetto.
Altra particolarità delle impronte digitali è che queste possono essere trovate praticamente ovunque. Restano infatti impresse su qualunque superficie solida, inclusi i corpi umani stessi.
Le origini della dattiloscopia forense
La dattiloscopia trae la sua origine da alcuni studi compiuti tra Otto e Novecento, mediante l’uso delle impronte papillari per l’identificazione di un soggetto.
Le moderne tecniche di rilevazione delle impronte digitali si basano sull’opera di Edward Henry. È infatti a questo poliziotto che si deve l’introduzione della dattiloscopia in Inghilterra tra l’Ottocento e il Novecento.
Prima di essere impiegato in patria, il poliziotto londinese prestò servizio in Bengala, dove ebbe modo di avvicinarsi a William Herschel. Quest’ultimo era un promotore dell’uso delle impronte digitali in ambito investigativo.
Un successivo incontro con Galton, autore del volume Fingerprints, e gli studi personali, portarono Henry a superare i limiti e a creare un nuovo metodo.
I preziosi e accurati risultati ottenuti dal poliziotto hanno permesso di applicare la metodologia prima in India, dove ha garantito la risoluzione di diversi casi.
Il successo in territorio indiano fece si che, nel luglio 1900, una commissione londinese convocò Henry in persona. Dopo aver illustrato alla commissione i brillanti risultati del suo lavoro, il poliziotto ottenne l’introduzione della dattiloscopia forense anche in Inghilterra.
Gli sviluppi odierni
L’analisi delle impronte digitali mediante la dattiloscopia rappresenta una prova fondamentale, in grado di collegare una persona specifica ad un determinato crimine.
Tuttavia, prima dell’introduzione dei database e dei registri informatici che raccolgono le impronte, le Forze dell’Ordine hanno potuto sfruttare solo parzialmente questa scena.
Oggi, invece, è molto più semplice identificare un sospettato. A partire dagli Anni Ottanta, infatti sono stati introdotti i primi sistemi di corrispondenza informatizzati.
Il primo venne introdotto dalla Polizia giapponese, che ha introdotto un sistema per trovare la corrispondenza elettronica tra le impronte rilevate e quelle presenti in un database.
Questo modello venne poi replicato in altri Paesi. Ad oggi, la maggior parte degli Stati utilizza un proprio sistema di identificazione automatica delle impronte digitali latenti ottenute mediante dattiloscopia.
Le impronte, una volta rilevate, vengono cioè confrontate con quelle presenti negli archivi al fine di identificare eventuali corrispondenze.
Tecniche di rilevazione delle impronte digitali e del disegno papillare
Dai tempi in cui la dattiloscopia forense venne introdotta in Inghilterra da Edward Henry sono stati compiuti passi da gigante.
Ad oggi, la localizzazione e l’evidenziazione delle impronte digitali oltre che la loro analisi si avvalgono di strumenti digitali molto sensibili.
Grazie a tali strumenti, è possibile individuare una percentuale di corrispondenza anche se le impronte rilevate sono parziali. In tal modo, in sostanza, anche se le impronte rilevate sono incomplete se ne potrà appurare la corrispondenza mediante i caratteri che contraddistinguono l’impronta stessa.
L’utilizzo di strumenti digitali ha permesso di compiere dei grandi passi avanti. Talvolta, infatti, le impronte digitali sono visibili sulla scena del crimine.
Si possono cioè rilevare con facilità, ad occhio nudo. Tuttavia, non esistono solamente le impronte visibili: sulla scena del crimine spesso non si nota alcunché.
Infatti, nella maggior parte dei casi, è necessario rilevare le impronte latenti, ossia presenti sulle superfici ma non visibili ad occhio nudo. L’uso di scanner digitali introdotto di recente, in tal senso, rende le operazioni di rilevazione non solo più rapide, ma anche più accurate.
Gli strumenti tipici della dattiloscopia
Dopo aver ricercato le tracce presenti sull’eventuale scena del crimine, per poter successivamente analizzare le impronte digitali è necessario avvalersi di diversi strumenti.
Viene innanzitutto reperito il reperto con le impronte latenti. Successivamente, si esaltano le impronte presenti con una polvere fluorescente. Questa tecnica, molto utilizzata soprattutto in passato, ad oggi sta cedendo il passo a dispositivi a LED o laser.
Tali dispositivi emettono particolari lunghezze d’onda, o tipologie di luce specifiche.
Se lasciate su carta o altra superficie porosa, le impronte latenti possono essere rilevate grazie ai cosiddetti sviluppatori fisici, come la ninidrina.
L’impronta così ottenuta viene asportata, di solito su una superficie trasparente e adesiva per fissare l’impronta.
A questo punto interviene la tecnologia: su utilizza uno scanner, attraverso il quale l’impronta viene rilevata ed eventualmente confrontata con altre presenti sui database.
L’importanza per le indagini criminologiche
La dattiloscopia forense rappresenta una importantissima tecnica di rilevazione biometrica per diverse ragioni. Innanzitutto perché i reperti e le impronte digitali latenti possono essere ottenuti facilmente.
Si tratta poi di una tecnica che consente di ottenere prove sostanziali per l’accusa in maniera economica. La rilevazione dattiloscopica, infatti, è poco costosa.
Nonostante questo, si tratta di una tecnica molto affidabile e che permette di identificare un soggetto pur non possedendone informazioni sul DNA.