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I 4 criteri di Daubert

I 4 criteri di Daubert

Daubert
  • Laura Danesi
  • 23 Settembre 2024
  • Criminologia
  • 5 minuti

I 4 criteri di Daubert

Jason Daubert, insieme a sua moglie Joyce, era uno dei querelanti principali nel caso Daubert v. Merrell Dow Pharmaceuticals Inc, che divenne un punto di riferimento nella storia del diritto americano.
La coppia aveva intentato una causa contro la Merrell Dow Pharmaceuticals, una società farmaceutica, sostenendo che il farmaco Bendectin, prodotto dalla Merrell Dow e utilizzato per trattare la nausea durante la gravidanza, aveva causato difetti congeniti nei loro figli.

Nel contesto del sistema giudiziario statunitense, la questione della validità e dell’affidabilità delle prove scientifiche presentate in tribunale è di cruciale importanza. Questo problema è stato affrontato in modo significativo nel caso sopra citato, deciso dalla Corte Suprema degli Stati Uniti nel 1993.
Il processo stabilì i cosiddetti “criteri di Daubert”, un insieme di linee guida che i giudici devono utilizzare per valutare se una testimonianza scientifica è ammissibile in tribunale. Questi criteri sono diventati un punto di riferimento fondamentale nella pratica legale, influenzando la gestione delle prove scientifiche in numerosi sistemi legali.

Indice
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Daubert: la validità delle prove scientifiche

La coppia Daubert rappresentava uno dei numerosi casi di genitori che avevano presentato cause simili contro la Merrell Dow, sostenendo che il Bendectin fosse responsabile di malformazioni congenite. La questione centrale del caso, tuttavia, non riguardava solo il merito delle affermazioni dei Daubert, ma più specificamente la validità delle prove scientifiche presentate per sostenere queste affermazioni.

Durante il processo iniziale, Merrell Dow presentò studi scientifici che dimostravano che il Bendectin non causava difetti congeniti.
D’altra parte, i Daubert presentarono le testimonianze di esperti che sostenevano il contrario, basandosi su metodologie e teorie non ancora ampiamente accettate nella comunità scientifica. Il tribunale di primo grado respinse le prove presentate dai Daubert, applicando il “test di Frye“, che richiedeva che le metodologie scientifiche fossero generalmente accettate per essere ammissibili in tribunale.

1993: Corte Suprema stabilisce i criteri di Daubert

La questione fu portata davanti alla Corte Suprema, che emise una decisione storica nel 1993, stabilendo i criteri di Daubert. Questo nuovo standard richiedeva ai giudici di valutare l’affidabilità delle prove scientifiche basandosi su una serie di fattori, piuttosto che sulla semplice accettazione generale nella comunità scientifica.

Anche se Jason Daubert non era una figura pubblica di rilievo, il suo nome è divenuto sinonimo di uno dei più importanti sviluppi giuridici nella gestione delle prove scientifiche nei tribunali americani.
Il caso Daubert è fondamentale per la giurisprudenza, poiché ridefinì come le prove scientifiche devono essere valutate e ammesse in contesti legali.

Il contesto storico e giuridico
Prima della decisione Daubert, l’ammissione delle prove scientifiche era generalmente governata dal cosiddetto “test di Frye“, derivato dal caso Frye v. United States (1923). Il test di Frye richiedeva che una metodologia scientifica fosse “generalmente accettata” dalla comunità scientifica pertinente per essere ammessa come prova in tribunale.
Questo standard, tuttavia, fu criticato per essere troppo rigido e per escludere metodologie scientifiche emergenti che, sebbene non ancora universalmente accettate, potevano essere valide e affidabili.

Nel caso Daubert, la Corte Suprema ha abbandonato il test di Frye in favore di un approccio più flessibile e moderno, stabilendo i quattro criteri che oggi portano il nome di questo caso. L’obiettivo era quello di permettere l’ammissione di prove scientifiche affidabili anche se non ancora “generalmente accettate”, ma che avessero una solida base scientifica.

I quattro criteri di Daubert

I criteri di Daubert forniscono un quadro analitico per i giudici chiamati a decidere sull’ammissione delle prove scientifiche. Vediamo insieme quali sono questi criteri.

  1. Falsificabilità o verificabilità
    Il primo criterio riguarda la capacità della teoria o tecnica di essere sottoposta a test per determinarne la falsità o la verità. Una teoria scientifica deve essere formulata in modo tale che possa essere empiricamente verificata o confutata attraverso esperimenti e osservazioni. Questo concetto è fondamentale nel metodo scientifico, poiché una teoria che non può essere testata non può essere considerata scientifica.

  2. Revisione paritaria e pubblicazione
    Il secondo criterio si riferisce alla pubblicazione della ricerca in questione su riviste scientifiche sottoposte a revisione paritaria (peer review). Il processo di revisione, ad opera di esperti del settore, rappresenta un’importante garanzia di qualità e rigore scientifico. Anche se una teoria non è stata pubblicata, la Corte può comunque considerarla, ma la mancanza di revisione paritaria può influire negativamente sulla sua ammissibilità.

  3. Tasso di errore conosciuto
    Il terzo criterio si concentra sul tasso di errore della metodologia utilizzata. La capacità di quantificare il tasso di errore di una tecnica o di una teoria è un indicatore della sua affidabilità. Un basso tasso di errore può aumentare la fiducia nell’accuratezza dei risultati ottenuti attraverso quella metodologia.

  4. Accettazione generale nella comunità scientifica
    Sebbene Daubert non richieda che una teoria o una tecnica sia “generalmente accettata” nella comunità scientifica, come richiedeva il test di Frye, questo criterio rimane comunque un fattore importante da considerare. L’accettazione generale è un’indicazione della validità di una metodologia, ma non è determinante. L’importanza di questo criterio è stata ridimensionata rispetto al passato, ma rimane rilevante.

Applicazione dei criteri

I giudici, nel valutare le prove scientifiche, agiscono come “guardiani” o “gatekeepers“, responsabili di assicurarsi che solo le prove scientifiche affidabili vengano presentate alla giuria. Questo ruolo richiede un’approfondita comprensione dei principi scientifici e una valutazione critica dei metodi e delle conclusioni degli esperti chiamati a testimoniare.

L’applicazione dei criteri di Daubert può variare a seconda della complessità del caso e della natura delle prove scientifiche in questione. Il giudice, in alcuni casi, potrebbe richiedere l’assistenza di esperti indipendenti per valutare l’affidabilità della prova. La decisione di ammettere o escludere una prova, inoltre, può avere un impatto significativo sull’esito di un processo, poiché le prove scientifiche possono spesso giocare un ruolo determinante nella decisione della giuria.

Le critiche ai criteri

Nonostante la loro adozione diffusa, i criteri di Daubert non sono esenti da critiche.
Alcuni sostengono che richiedono ai giudici di assumere un ruolo eccessivamente tecnico, per il quale potrebbero non essere adeguatamente preparati. Altri critici evidenziano che i criteri possono portare all’esclusione di prove potenzialmente valide, semplicemente perché non soddisfano tutti i requisiti stabiliti dalla Corte Suprema.

I criteri di Daubert, tuttavia, hanno anche avuto un impatto positivo, contribuendo a migliorare la qualità delle prove scientifiche presentate in tribunale e riducendo l’influenza di pseudoscienze o metodologie non verificate sui verdetti. La loro influenza si estende oltre i confini degli Stati Uniti, avendo ispirato riforme simili in altri paesi che mirano a migliorare l’affidabilità delle prove scientifiche nei processi legali.

Criteri di Daubert: pietra miliare nella giustizia

I criteri di Daubert, quindi, rappresentano una pietra miliare nel campo della giustizia, stabilendo un quadro che bilancia la necessità di rigore scientifico con la flessibilità necessaria per ammettere nuove scoperte e metodologie emergenti.

Sebbene non privi di critiche, questi criteri continuano a giocare un ruolo cruciale nell’assicurare che le decisioni legali siano basate su prove scientifiche affidabili e valide. La loro applicazione richiede una continua collaborazione tra il mondo del diritto e quello della scienza, affinché la giustizia possa essere amministrata nel modo più equo e accurato possibile.

 

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Laura Danesi
Sono laureata in Teorie e tecniche del linguaggio audiovisivo (DAMS quadriennale) presso l’Università degli Studi di Torino. Ho conseguito due qualifiche professionali: una come Tecnico multimediale, con indirizzo comunicazione televisiva e una come Tecnico di produzione di contenuti multimediali e comunicazione per il Web 2.0. Lavoro per privati, professionisti e Tribunali in qualità di trascrittrice file audio/video; sottotitolatrice audiovisiva; grafica; copywriter; ghostwriter; editor e correttore di bozze.
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