Il fenomeno dei crimini ambientali nelle scienze forensi
Nell’ambito delle scienze forensi, soprattutto negli ultimi anni, si sono diffusi concetti nuovi: la criminologia ambientale è una di queste novità.
La sua recente diffusione e popolarità si deve soprattutto all’attenzione che, negli ultimi anni, viene data all’ambiente e alla sua conservazione. Purtroppo, esistono diversi crimini che possono incidere proprio sull’ambiente, e la green criminology, altro nome con cui questa nuova branca della criminologia è nota, indaga proprio i crimini ambientali.
Tuttavia, dato che si tratta per l’appunto di una branca di studi nuova, non è ancora chiaro il suo ambito di applicazione. Allo stesso modo, non ne sono note le peculiarità, e le modalità con cui l’indagine della relazione tra criminale e crimine ambientale viene condotta.
Per questa ragione, abbiamo pensato a questa guida, grazie alla quale scopriremo insieme cos’è la criminologia ambientale. Vedremo poi qual è la situazione nel nostro Paese in merito allo sviluppo di questa branca della criminologia e i suoi ambiti di applicazione.
Criminologia ambientale: cos’è
Con il termine “criminologia ambientale”, come accennavamo in apertura, intendiamo quel ramo delle scienze forensi che indaga i crimini verdi.
Tali crimini sono quelli che arrecano danno all’ambiente, ad opera dell’uomo. Dei crimini che vengono perpetrati coscientemente dal criminale.
La green criminology è una scienza piuttosto recente.
La sua diffusione si deve soprattutto alla crescente consapevolezza del fatto che vasti danni all’ambiente potrebbero comportare enormi conseguenze negative all’intero ecosistema ambientale.
Un singolo reato ambientale, cioè, potrebbe avere delle compromissioni di ampia portata, oltre che a lungo termine.
La diffusione della criminologia ambientale, comunque, non si deve solamente ad una maggiore consapevolezza verso l’ambiente. Purtroppo, negli ultimi anni, i crimini verdi sono esponenzialmente aumentati.
Questo secondo fattore ha comportato una diffusione della green criminology, rendendo necessario approfondire le conoscenze sui reati ambientali.
Le origini
Si parla per la prima volta di criminologia ambientale negli Anni Novanta. Il termine green criminology fu infatti introdotto da Michael J. Lynch, ricercatore e Professore di Criminologia presso l’Università del Sud della Florida.
Nel 1990 Lynch utilizzo per la prima volta il termine, per indicare i danni che un essere umano può arrecare all’ambiente. Dei danni che causano rischi sia locali che globali, nell’ottica di crimini d’impresa o di Stato, da lui definiti White Collar Crime.
Il termine, dall’epoca in cui fu coniato da Lynch, ha comunque subito un’evoluzione, acquisendo accezioni diverse. Piers Biern e Nigel South hanno ripreso il concetto di criminologia ambientale, legandola sia a istituzioni che a persone comuni. I due hanno quindi provveduto ad espandere il concetto, indicandolo come lo studio dei danni che vengono perpetrati contro ambiente e animali non appartenenti alla razza umana.
La green criminology oggi
Dal 1990 ad oggi, la criminologia ambientale si è evoluta, fino a diventare una disciplina a sé, pienamente riconosciuta tra le scienze forensi.
Si occupa di studiare i danni ecologici causati dai reati contro l’ambiente, ma anche le conseguenze di tali reati, le leggi ambientali da applicare, i provvedimenti da garantire alle vittime dei crimini ambientali.
E quest’ultimo aspetto rende la green criminology profondamente differente rispetto alle altre scienze forensi. Infatti, tra le possibili vittime dei reati verdi, ci sono non solo esseri umani, ma anche ambiente ed ecosistemi, oltre che animali non appartenenti alla razza umana.
Una novità non indifferente nel campo della criminologia generale e delle scienze forensi.
Criminologia ambientale e crimini verdi: la classificazione
Grazie alla criminologia ambientale, è stato inoltre possibile creare una specifica classificazione per inquadrare i crimini verdi.
I reati ambientali si suddividono innanzitutto in primari e secondari. Si tratta di due crimini molto diversi tra loro:
- i reati ambientali primari causano danni diretti all’ecosistema, all’ambiente e alle varie specie che lo abitano. Sono esempi di crimini verdi primari la deforestazione, l’inquinamento di ambiente e/o di acque, lo sfruttamento estensivo ed eccessivo delle risorse;
- i reati ambientali secondari, secondo la criminologia ambientale, sono invece quelli causati dalla violazione delle leggi a tutela dell’ambiente. Generalmente, in questi casi, il danno all’ambiente viene perpetrato dagli stessi governi, da società o da criminalità organizzata.
Environment criminology ed ecocidio
Nell’ambito della criminologia ambientale, talvolta, si può anche sentire parlare di environment criminology ed ecocidio.
Si tratta di due termini strettamente legati alla green criminology, ma con delle definizioni specifiche e a sé stanti.
Con environment criminology non intendiamo un sinonimo di criminologia ambientale. Questo secondo termine indica la connessione tra tipologie di crimine e ambiente umano. L’environment criminology studia dunque i crimini ambientali perpetrati all’interno del tessuto urbano.
Quando si parla di ecocidio, invece, si intende la distruzione dell’ambiente, compiuta volutamente ed in maniera intenzionale.
La situazione delle green criminology in Italia
Nel nostro Paese, la criminologia ambientale si concentra sui danni a acque, suolo e aria.
Inoltre, sono frequenti in Italia crimini verdi quali bracconaggio e sfruttamento, sia di ambiente che di animali utilizzati a livello industriale.
Al fine di comprendere al meglio la situazione della criminologia ambientale in Italia, basti pensare che anche Legambiente realizza di frequente dei report. Uno dei più recenti, denominato rapporto Ecomafia, è datato 2022.
Il rapporto contiene dati davvero interessanti: la maggior parte dei crimini verdi viene perpetrato nel Sud del Paese, generalmente ad opera di soggetti che hanno a che fare con le mafie.
Nel 2022, il 43,8% dei reati di interesse della criminologia ambientale si è infatti registrato in Campania, Puglia, Calabria e Sicilia. Le Province italiane che hanno registrato il numero più alto di crimini ambientali, invece, sono Roma, Napoli e Cosenza.
I dati condivisi da Legambiente hanno permesso, inoltre, di individuare le tipologie di crimine più frequenti nel nostro Paese.
La maggior parte dei crimini che hanno a che fare con la green criminology riguardano cemento, rifiuti e incendi. Molto frequenti anche i reati contro la fauna e la flora e i danneggiamenti che hanno a che fare col patrimonio e coi beni culturali.
Il report Legambiente ha anche messo in evidenza che, nel nostro Paese, alcuni argomenti, come i PFAS e la gestione di rifiuti pericolosi come l’inquinamento da amianto, rappresentano problemi concreti.
Si tratta di questioni che la criminologia ambientale dovrà studiare a fondo a fini preventivi.