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Martina Levato e Alexander Boettcher: la follia criminale della coppia dell’acido

Martina Levato e Alexander Boettcher: la follia criminale della coppia dell’acido

coppia dell’acido - follia criminale Martina Levato e Alexander Boettcher
  • Sara Elia
  • 17 Marzo 2025
  • Criminologia
  • 5 minuti

La follia criminale della coppia dell'acido

La cronaca nera italiana è segnata da storie che scuotono l’opinione pubblica, ma poche hanno lasciato un’ombra così inquietante come quella della coppia dell’acido. Martina Levato e Alexander Boettcher sono stati protagonisti di una serie di aggressioni pianificate nel milanese, nelle quali l’acido veniva usato come arma per deturpare e distruggere la vita delle loro vittime. Quella che inizialmente sembrava una relazione passionale si è trasformata in un sodalizio criminale, caratterizzato da dinamiche manipolatorie, un’ossessione per il controllo e una violenza senza precedenti.

Ma cosa ha portato due giovani della Milano bene a compiere atti così efferati? Quali meccanismi psicologici e relazionali hanno alimentato questa spirale di orrore?

Analizziamo insieme vicende, fatti e condanne!

Indice
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Coppia dell’acido: chi sono Martina Levato e Alexander Boettcher

Martina Levato, all’epoca dei fatti, aveva 23 anni ed era una studentessa di economia all’Università Cattolica e di marketing alla Bocconi. Il suo fidanzato Alexander Boettcher, trentenne della Milano bene, svolgeva invece il lavoro di broker ed amava le discoteche e la palestra.
 
Nonostante all’apparenza sembrasse una coppia normale, il loro rapporto era in realtà fatto di dipendenza affettiva, manipolazione e pratiche inusuali.
Alexander aveva infatti un carattere estremamente dominante, al quale Martina era completamente soggiogata in una relazione basata sul controllo totale su di lei e sul suo corpo.
 
La devozione che la donna provava nei suoi confronti aveva infatti concesso a Boettcher un predominio che rendeva il rapporto malato e perverso.
Lo strumento del sesso veniva usato come arma potente di persuasione e suggestione che creava attaccamento. Il possesso e l’esclusività erano anche rappresentati dalle incisioni sul viso e sulla coscia di Martina Levato della “A” di Alex a rappresentare una sua totale abnegazione e proprietà.
 
La coppia dell’acido presentava quello che viene in psicologia chiamato disturbo psicotico condiviso. 
Si tratta di persone in stretto contatto tra loro che vivono una situazione di simbiosi, isolate dal mondo, e trasmettono i deliri paranoidi dall’uno all’ altro componente della coppia.

Coppia dell’acido: la vicenda e i fatti

La coppia dell’acido ha sulla coscienza due aggressioni riuscite, una fallita, altre programmate e un tentativo di evirazione. Tutto ciò per purificarsi dalle relazioni che Martina Levato aveva avuto con le vittime prima di avere un figlio con Alexander Boettcher.
 
Nello specifico, le principali tappe della vicenda sono:
  • prima vittima (maggio 2014): tentata evirazione ai danni di Antonio Margarito, compagno di università di Martina Levato;
  • seconda vittima (novembre 2014): il 25enne Stefano Savi, scambiato il fotografo Giuliano Carparelli, viene colpito da un getto di acido mentre sta parcheggiando;
  • terza vittima (novembre 2014): Giuliano Carparelli viene colpito da Martina Levato con dell’acido ma riesce a ripararsi con un ombrello. La insegue e viene aggredito dalla coppia con uno spray al peperoncino, reo di aver avuto un rapporto sessuale con Martina;
  • quarta vittima (dicembre 2014): lo studente 22enne Pietro Barbini, ex compagno di classe di Levato, viene convinto a scendere dal suo appartamento con la scusa della consegna di un pacco. Una volta in strada il giovane viene colpito da un getto di acido ed inseguito da Boettcher con un martello, per poi essere salvato dal padre.
La polizia arresta immediatamente Alexander Boettcher, per poi, qualche ora più tardi fermare anche Martina Levato.

Il processo e la condanna

L’8 gennaio 2015 inizia il processo per Alexander Boettcher e Martina Levato sull’aggressione a Pietro Barbini. Viene fuori che i due avevano un complice, Andrea Magnani, bancario ed amico della coppia dell’acido.
Agli imputati viene inoltre contestata anche l’aggressione a Stefano Savi.
 
La prima sentenza dichiara una condanna a 14 anni di reclusione. Nel frattempo, ad agosto, nasce il figlio Achille, immediatamente separato dalla madre e affidato ad una comunità.
 
Nel settembre 2015 a Levato viene anche contestata la tentata evirazione ad Antonio Margarito e una seconda sentenza condanna con rito abbreviato a 16 anni di reclusione la donna con le imputazioni di associazione a delinquere e lesioni gravissime.
Boettcher, che ha invece scelto il rito ordinario viene condannato nel marzo 2016 a 23 anni di reclusione con capi di imputazione quali associazione per delinquere, lesioni gravissime per il caso Savi e concorso nella tentata evirazione di Carparelli.
 
Le principali motivazioni dei giudici sulla condanna sono che entrambi i soggetti, durante l’epoca dei fatti, erano in grado di intendere e volere.
In particolare, Martina Levato, nonostante il malsano rapporto di soggezione con Alexander Boettcher, ha sempre prestato piena adesione consapevole ai propositi del compagno, indicando i nomi degli uomini co cui aveva avuto un flirt e partecipando alle aggressioni.

Il movente

Ad oggi, Martina Levato si dichiara pentita ed accusa Alexander Boettcher di essere il vero responsabile e di averla spinta nel vortice della violenza. 
La donna giustifica le aggressioni affermando che era stata convinta da Boettcher di essere contaminata da sesso non pulito e doversi purificarsi da esperienze corporee negative per diventare madre.
 
Da parte sua, l’uomo nega tutto.
 
Ad ogni modo, il movente, ovvero la supposta esigenza di purificazione, risulta inadeguato dal momento che sia Levato che Boettcher facevano parte di un buon contesto socio-culturale e familiare. Entrambi erano infatti dotati di strumenti critici e culturali per risolvere conflitti e problemi in modo civile senza dover ricorrere a gravissimi reati.
 
Nelle motivazioni della sentenza di condanna, i giudici hanno evidenziato che da parte di entrambi non c’è stata alcuna forma di pietà verso la vittima, ma solo un grado di perversione ripugnante per la sua abnormità. Occorre infine precisare che, ad oggi, le aggressioni con l’acido sono vere e proprie identità violate puniti nel Codice Rosso ed identificati come reato di sfregio.
 
Nonostante siano passati più di 10 anni, la follia criminale della coppia dell’acido è rimasta impressa nel ricordo dell’opinione pubblica per la violenza e la modalità che ha contraddistinto queste aggressioni. 
 
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