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Bambini assassini: analisi criminologica di casi reali

Bambini assassini: analisi criminologica di casi reali

Bambini assassini analisi criminologica di casi reali
  • Nausicaa Tecchio
  • 15 Giugno 2023
  • Criminologia
  • 5 minuti

Bambini assassini: analisi criminologica di casi reali

Dire “bambini assassini” di per sé può sembrare assurdo. La figura del killer spietato infatti viene spesso associata a uomini di mezza età o comunque persone adulte, non certo visi infantili e innocente. Eppure sono stati diversi i casi di omicidio compiuti da minorenni o addirittura ragazzini sotto i 14 anni. Esistono diversi documentari a riguardo oltre che film.

Non si parla di baby gang dove di solito è il gruppo a perdere il controllo arrivando alla violenza contro i coetanei, ma di individui singoli, molti insospettabili a prima vista. Non si è trattato infatti dei classici teppisti, ma soprattutto di bambini vittime di abusi domestici. 

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Bambini assassini segnati dall’infanzia: Mary Bell

Uno dei casi che sconvolse i giornali dell’epoca fu quella di Mary Bell, una ragazzina inglese nata a Glasgow nel 1957. La sua storia è molto triste perché nacque da una madre assente che la ebbe giovanissima, a soli 16 anni. Poiché per vivere si prostituiva, la ragazza badò sempre poco alla bambina e anzi molti sostengono che picchiasse regolarmente la bambina.

Un’infanzia del genere vissuta quasi in solitudine segnò molto Mary Bell, che finì con il diventare uno dei casi emblematici dei bambini assassini nel 1968. Quell’anno strangolò a mani nude due piccoli di 3 e 4 anni: Martin Brown e Brian Howe. Non compì gli omicidi da sola perché con sé aveva l’amica Norma, sua coetanea.

L’analisi psichiatrica di Mary la classificò come afflitta da psicopatia. La ragazzina infatti interrogata sulle ragioni del suo gesto rispose solo che uno dei bambini non aveva la mamma e dunque nessuno avrebbe pianto. In più aggiunse che uccidere era una cosa comune e che farlo non le aveva procurato turbamenti né altre emozioni.

Le violenze subite e la mancanza di un modello di riferimento unito a una psiche poco stabile di fondo hanno portato Mary Bell a trasformarsi in una killer. Pare anche che la madre della bimba avesse lasciato che alcuni dei suoi clienti abusassero della figlia, imponendole di non lamentarsi e sopportare.

Eric Smith, il ragazzino deriso

Tra i bambini assassini un viso noto è quello di un ragazzino con i capelli rossi che cadono sulla fronte, un paio di occhiali tondi e le orecchie a sventola. Si tratta di Eric Smith, che a tredici anni durante un giro al parco con la sua bici avvicinò un bambino di nemmeno cinque anni per strangolarlo e colpirlo con dei sassi una volta a terra.

Anche dopo che il bimbo ebbe smesso di muoversi Eric non si fermò, ma usò un bastone per sodomizzare il piccolo cadavere. Tornò poi a casa come se niente fosse e una volta interrogato inizialmente negò tutto, ma era visibilmente nervoso a certe domande. Alla fine confessò e lo psichiatra della difesa lo diagnosticò con il disturbo intermittente esplosivo.

Questa psicopatologia si contraddistingue per episodi improvvisi e violenti contro gli altri da parte del soggetto. Spesso simili reazioni possono essere provocate da motivi banali o capitare senza ragione apparente. Di Eric Smith si sa che come altri bambini assassini fu più volte vittima di bullismo a scuola per via del suo aspetto.

Dopo essere stato incarcerato nel 1994, alcuni mesi dopo l’omicidio, il ragazzino scrisse una lettera di scuse ai genitori della vittima, che si chiamava Derrick. Si mostrò pentito e dichiarò di aver compreso il dolore arrecato alla famiglia del bimbo, ma ciò non gli risparmiò 27 anni di carcere. Infine è uscito di prigione nel 2022.

Bambini assassini di adulti: Jordan Brown

Il fatto che riguarda questo ragazzino di 11 anni risale all’inverno del 2009, in Pennsylvania. Jordan si trovava in casa con la compagna del padre incinta di otto mesi, Kenzie Houk. Mentre la donna era girata il ragazzino le sparò un colpo con il fucile che il padre gli aveva regalato poco tempo prima e poi uscì per andare a scuola.
 
A trovare Kenzie fu la figlia di 4 anni e Jordan continuò a negare di essere stato lui, difeso dal padre con cui aveva un rapporto molto stretto. Purtroppo pare che proprio questo profondo attaccamento al genitore sia stata la ragione dietro al gesto del ragazzino. L’ipotesi fu che Jordan temesse che il fratellino avrebbe occupato il suo posto.
 
Furono alcun dubbi a salvare ragazzo dalla pena capitale che altrimenti avrebbe dovuto fronteggiare. Pare infatti che i bambini assassini si condannino come gli adulti in Pennsylvania. Lui continuò a dichiararsi innocente aggiungendo di aver visto un camion nero vicino alla casa quel mattino. Di contro c’è chi dice che Jordan quel mattino sembrava agitato e pensieroso.
 
Ciò che inquieta di più è che un ragazzino di 11 anni come lo era Jordan Brown fosse perfettamente in grado di usare un fucile. Pare che andasse a caccia con il padre ogni tanto, che orgoglioso avrebbe voluto fargli quella sorpresa per Natale. Un caso che però fa riflettere sull’uso delle armi da parte dei minori.
 

Il caso di Joshua Phillips: vittima o carnefice?

Nel 1998 la madre di un ragazzino di 14 anni stava pulendo la stanza del figlio quando notò qualcosa di molto strano sotto il suo letto. Indagando sulla perdita di liquido che notava, scoprì il cadavere di una bambina. Joshua Phillips è uno dei casi di bambini assassini più grotteschi per come martoriò la vittima oltre a celarla in camera mentre il suo corpo si decomponeva.
 
Le ragioni alla base dell’omicidio furono individuate nel terrore patologico che Phillips aveva del proprio padre. Oltre ad essere stato spesso violento con lui e la madre gli aveva sempre vietato di portare delle amiche a casa. La vittima di Joshua, Maddie, lo aveva invitato a giocare a baseball nel cortile, ma si era ferita a un occhio.
 
Terrorizzato all’idea che il padre rincasasse e scoprisse che l’amica era stata lì, il ragazzino perse la testa. Cercò prima di strangolarla con il cavo del telefono e poi l’accoltellò per undici volte di fila. Joshua non addusse altri motivi e anzi scoppiò a piangere ripensando al terrore provato. Nessuno sospettava nulla di questa dinamica familiare a scuola.
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