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Antropologia forense: disciplina chiave per criminologi e investigatori

Antropologia forense: disciplina chiave per criminologi e investigatori

Antropologia forense - disciplina chiave per criminologi e investigatori
  • Alessia Seminara
  • 7 Ottobre 2025
  • Criminologia
  • 5 minuti

Antropologia forense: lo studio dei resti umani contro il crimine

Possiamo considerare l’antropologia forense come una disciplina scientifica che si colloca a metà strada tra l’antropologia e le scienze forensi. Questo affascinante campo di studio ha attirato l’attenzione di giovani e meno giovani perché, soprattutto negli ultimi anni, è stata spesso protagonista di serie TV e film.

Tuttavia, nella vita reale si tratta di una scienza che rappresenta un valido aiuto per la giustizia. Si occupa infatti di analizzare e studiare eventuali resti umani con lo scopo di fornire informazioni utili alle indagini criminali e ai processi giudiziari. Per questo, è in grado di restituire con precisione dati che possono essere determinanti per la soluzione di alcuni casi complessi.

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Cos’è l’antropologia forense

Con il termine antropologia forense si indica una disciplina che ha le sue basi sia nell’antropologia fisica, sia nella medicina legale. Un antropologo forense ha infatti competenze mediche, ma anche conoscenze di diritto.

Questa scienza consente di ottenere informazioni che permettono di identificare una persona attraverso l’analisi di resti umani, ossa in particolare, anche in avanzato grado di decomposizione. Attraverso l’analisi, l’antropologo forense può non solo risalire alla causa della morte, ma anche alla sua data. In condizioni favorevoli è anche possibile ottenere indicazioni sui luoghi del decesso e sull’eventuale occultamento del cadavere.

Lo scopo principale di questa disciplina chiave per criminologi e investigatori è l’identificazione della persona alla quale appartenevano i resti. Grazie a principi della biologia quali quelli che governano crescita, sviluppo e degenerazioni, gli esperti in questa disciplina possono arrivare a risalire al profilo biologico.

Cosa fa un antropologo forense dal recupero all’identificazione dei resti umani

L’esperto in antropologia forense viene di solito interpellato fin dalle prime fasi e può, anzi deve, intervenire sulla scena del crimine. In fase di recupero di eventuali reti, infatti, deve poter garantire che questi vengano prelevati correttamente. Solo il corretto recupero permetterà che le analisi di laboratorio successive non vengano falsate.

L’identificazione dei resti umani proseguirà infatti in laboratorio, dove l’antropologo cercherà di rispondere a numerose domande.

Innanzitutto, bisognerà confermare che i resti siano effettivamente umani. Successivamente, sarà necessario stabilire se i resti appartengono a una sola persona o a più individui.

Le analisi successive permetteranno poi di scoprire il sesso, l’età, una stima della statura e eventuali caratteri specifici della persona. Tramite l’analisi delle ossa sarà anche possibile evidenziare eventuali traumi legati al decesso e all’epoca della morte.
Ci sono ovviamente alcuni aspetti che possono rendere complessa un’analisi di resti. L’antropologia forense deve ad esempio misurarsi non solo con la naturale decomposizione, ma anche con l’azione di agenti esterni.

Ricordiamo infatti che temperatura, acqua o umidità sono in grado di alterare lo stato dei resti.

Antropologia forense: analisi dei resti umani e determinazione del profilo biologico

Determinare il profilo biologico di un individuo è uno degli obiettivi principali dell’antropologia forense.

Analizzare le ossa ritrovate può infatti fornire una quantità enorme di informazioni sul soggetto a cui i resti appartengono. Innanzitutto, l’antropologo forense può individuare il sesso attraverso le ossa del bacino. Si tratta infatti di un elemento che consente di distinguere il sesso biologico, poiché le differenze morfologiche tra maschi e femmine sono molto marcate.
Nel caso in cui le ossa del bacino non siano disponibili, anche l’analisi del cranio può dare informazioni sul sesso, anche se il margine d’errore, in questo caso, è maggiore.

In linea di massima, comunque, negli individui di sesso femminile le orbite sono più arrotondate, mentre gli uomini hanno una mandibola più robusta. Inoltre, l’osso frontale è più verticale nel caso del sesso femminile.

Grazie all’antropologia forense è anche possibile risalire all’età alla morte. Per fare una stima, gli antropologi forensi devono valutare lo stato di sviluppo delle ossa nei soggetti giovani e i segni di degenerazione articolare e dentaria negli adulti.

La statura, invece, viene ricostruita utilizzando formule basate sulla lunghezza delle ossa lunghe, come femore, tibia e omero. Ovviamente, questo dato non è preciso, ma può comunque aiutare a restringere il campo di ricerca nelle indagini.

Il profilo biologico della vittima deriva dalla combinazione di tutti questi dati ottenuti dall’analisi dei resti umani.

Gli strumenti dell’antropologia forense

Ma come fa un antropologo forense a determinare tutte le informazioni di cui abbiamo parlato al paragrafo precedente?
Negli ultimi anni, gli strumenti dei quali l’antropologia forense può servirsi si sono moltiplicati. Sono inoltre diventati sempre più sofisticati e possono restituire dati molto accurati.
Innanzitutto, vengono sfruttati i laser scanner 3D, che permettono di ricercare dei modelli digitali dei reperti. Le analisi chimiche sui resti si possono anche avvalere di strumenti quali spettrometri di massa e microscopi di ultima generazione.

Grazie allo sviluppo tecnologico, infine, sono stati creati dei software che permettono addirittura di ricostruire le caratteristiche del volto della vittima.

Un celebre caso giudiziario: le vittime della miniera di Yellowknife

Uno dei più celebri casi in cui l’antropologia forense contribuì alla conclusione delle indagini è quello della miniera canadese di Yellowknife, datato 1992.

All’epoca, a causa dell’esplosione di una bomba, morirono 9 minatori. L’antropologa forense Pamela Mayne Correia venne chiamata a collaborare al caso. Il suo intervento permise non solo di identificare i resti umani, ma anche di chiarire le cause e di trovare il colpevole, che venne assicurato alla giustizia.

Il percorso di studi in Italia

L’antropologia forense è una disciplina che si è diffusa soprattutto all’estero. Tuttavia, anche in Italia la figura dell’antropologo forense sta acquisendo un gran risalto, soprattutto negli ultimi anni.

È bene chiarire che, almeno per il momento, non esiste un albo specifico dedicato ai professionisti di questa disciplina.

Per questo, non esiste un percorso di studi univoco. Innanzitutto, ci si può specializzare dopo aver conseguito una laurea in Antropologia. Può diventare esperto in antropologia forense chi ha conseguito una laurea in Medicina, ma anche chi ha studiato Scienze Biologiche o, in alternativa, Beni culturali con indirizzo Archeologia.

Sarà importantissimo conseguire la specializzazione adeguata: esistono diversi master appositi, sia in Antropologia che in Paleopatologia o Bioarcheologia. Inoltre, è anche possibile optare per la scuola di specializzazione in Medicina Legale per intraprendere questa professione.

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Alessia Seminara
Copywriter e web editor. Dopo la formazione universitaria, ho deciso di intraprendere vari percorsi formativi che mi hanno consentito di iniziare a lavorare per il web. Collaboro con diverse testate giornalistiche online e mi occupo di copy e scrittura per vari siti web.
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