Italia e scuola: la Commissione Ue deferisce l'Italia
L’Italia è al centro di un contenzioso legale con l’Unione Europea a causa dell’uso esteso e abusivo dei contratti a termine per il personale scolastico. Questo problema riguarda non solo i docenti precari, ma anche il personale ATA, evidenziando una violazione della normativa europea sul lavoro a tempo determinato.
Il tema riguarda anche la legislazione sugli stipendi degli insegnanti precari nelle scuole pubbliche, che attualmente “non prevede una progressione salariale” in base ai precedenti periodi di servizio, creando così “una discriminazione rispetto agli insegnanti a tempo indeterminato“. Questi aspetti cruciali della normativa sugli stipendi degli insegnanti sono fondamentali per garantire equità e giustizia nel settore educativo.
La decisione arriva in seguito alle denunce dell’Anief presso le istituzioni europee competenti, come la Commissione UE, che hanno portato l’Italia in Corte di Giustizia Europea per abuso di contratti a termine nel settore scolastico e alto tasso di precarietà. Marcello Pacifico, Presidente nazionale Anief, spiega che il record di 250mila supplenze annuali riguarda un insegnante su quattro. Il deferimento, risultato di 14 anni di battaglie dell’Anief, arriva 10 anni dopo la seconda procedura di infrazione 4231 e 25 anni dopo l’approvazione della direttiva UE n. 70/99, mai pienamente applicata per il personale scolastico italiano.
Infrazioni legali e implicazioni
La Commissione Europea ha deferito l’Italia alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea, sottolineando due infrazioni principali:
- Discriminazione retributiva per i docenti precari, che non beneficiano di progressioni salariali basate sull’anzianità di servizio, contrariamente ai loro colleghi di ruolo.
- Abuso di contratti a termine per il personale ATA, senza misure efficaci per evitare un ricorso eccessivo a tali contratti.
Queste pratiche mettono in luce la natura precaria dell’occupazione per moltissimi lavoratori nel settore educativo italiano.
La Commissione ha avviato la procedura di infrazione con una lettera di diffida formale alle autorità italiane nel luglio 2019, seguita da un’altra nel dicembre 2020 e un parere motivato nell’aprile 2023.
La decisione attuale di deferire il caso alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea segue le preoccupazioni espresse nel parere motivato, alle quali l’Italia non ha risposto adeguatamente.
Il tema centrale riguarda la penalizzazione e il risarcimento per l’abuso dei contratti a tempo determinato settore scolastico e la discriminazione dei lavoratori ATA precari. Queste problematiche saranno oggetto di ulteriore valutazione per eventuali azioni future.
Leggi l’annuncio della Commissione Europea.
Abuso contratti a termine settore scolastico: la posizione dell’Unione Europea
La Commissione Europea ritiene che l’Italia non abbia adottato misure adeguate per correggere queste violazioni. Il deferimento si basa su una preoccupazione persistente riguardo al mancato allineamento dell’Italia agli standard europei in materia di contratti a termine. Gli sforzi compiuti finora sono stati giudicati insufficienti.
Il numero di docenti precari in Italia varia tra 165.000, secondo il Ministro dell’Istruzione e del Merito, e 250.000, secondo i sindacati, su un totale di 943.000 insegnanti.
L’età media di ingresso nel ruolo è di 45 anni, rendendo gli insegnanti italiani tra i più anziani d’Europa, con oltre la metà sopra i 50 anni, rispetto a una media OCSE del 37%. Nonostante l’alto numero di precari, le scuole affrontano una grave carenza di insegnanti, soprattutto nelle materie scientifiche, e anche per italiano e per le maestre.
L’esaurimento delle graduatorie, comprese quelle di istituto, ha portato all’introduzione di un nuovo sistema di ricerca supplenti chiamato interpello, che sostituisce il precedente sistema delle MAD. L’interpello consente alle scuole di pubblicare online gli annunci di supplenza e raccogliere candidature da aspiranti supplenti, inclusi insegnanti abilitati, neo-laureati e studenti. Queste carenze nell’organico docente e l’elevata età media dei docenti evidenziano la necessità di soluzioni efficaci per migliorare il sistema educativo italiano.
Potenziali riforme: il decreto Salva Infrazioni
Nelle ultime settimane, il governo ha affrontato il tema dei precari della scuola con il Decreto Salva Infrazioni, che introduce importanti novità.
Questo decreto raddoppia l’indennizzo per l’abuso di contratti a termine, una misura cruciale per la tutela dei lavoratori. Per il settore pubblico, l’articolo 12 del Decreto Salva Infrazioni modifica l’articolo 36 del decreto legislativo 165/2001. In caso di abuso di contratti a termine, il giudice dovrà stabilire un’indennità tra 4 e 24 mensilità dell’ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del TFR. L’entità dell’indennizzo sarà determinata in base alla gravità della violazione, tenendo conto del numero di contratti a termine e della durata complessiva del rapporto lavorativo.
Per ottenere l’indennizzo, è necessario presentare ricorso. I potenziali beneficiari sono i docenti e il personale ATA con oltre 36 mesi di servizio con contratti a termine. È importante ricordare però che il testo del Decreto Salva Infrazioni potrebbe subire modifiche durante la conversione in legge da parte del Parlamento.
Questa situazione rappresenta un momento critico per i diritti dei lavoratori nel settore scolastico italiano. È essenziale affrontare questi problemi non solo per conformarsi alla normativa europea, ma anche per migliorare le condizioni di lavoro per migliaia di docenti precari e personale ATA.
Perché queste modifiche siano attuate efficacemente, è fondamentale un dialogo aperto e costruttivo tra il governo italiano, le organizzazioni sindacali e le autorità europee. Solo così si potrà garantire un futuro lavorativo più stabile e giusto per tutti i lavoratori coinvolti.