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Autopsia psicologica: significato e uso nel contesto criminologico

Autopsia psicologica: significato e uso nel contesto criminologico

autopsia psicologica in criminologia
  • Sara Elia
  • 6 Settembre 2024
  • Criminologia
  • 4 minuti

Autopsia psicologica: significato e uso nel contesto criminologico

L’autopsia psicologica, ad oggi ancora usata pochissimo in Italia, è una tecnica di profiling utilizzata sulla scena del crimine in caso di morti sospette. Attraverso un’analisi approfondita della vita della vittima, dei suoi comportamenti e delle sue relazioni, l’autopsia psicologica offre preziose informazioni per ricostruire gli eventi che hanno portato alla morte.

In questo articolo esploreremo il significato dell’autopsia psicologica, il suo utilizzo in criminologia e l’importanza che riveste per chiarire elementi che le prove fisiche da sole non possono rivelare.

Indice
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Che cos’è l’autopsia psicologica

L’autopsia psicologica è una perizia post-mortem utilizzata nei casi di morte equivoca. In particolare, si applica per discriminare tra omicidio, morte accidentale o suicidio. Negli ultimi anni, inoltre, questo approccio investigativo è stato applicato anche nei casi di persone scomparse.
 
Essa consiste nella ricostruzione retrospettiva della vita della vittima attraverso:
  • informazioni su tratti di personalità e stile di vita nel periodo precedente l’evento;
  • eventuali fattori di stress recente, precedenti comportamenti autodistruttivi, eventuale depressione o tentativi di suicidio;
  • conoscenza dei rapporti familiari e professionali;
  • raccolta di testimonianze della storia clinica, relazionale e affettiva del soggetto tramite interviste a parenti e conoscenti;
  • raccolta di indizi rilevabili da tutti coloro che possono essere stati coinvolti nell’evento direttamente o indirettamente;
  • studio minuzioso di comportamenti e azioni accorsi prima del decesso.
In base a differenti casi, i fattori rilevanti variavano per importanza a seconda del ruolo che si ritiene abbiano assunto nella determinazione della morte.
 
Quest’operazione include indizi sulla tipologia del decesso e su quanto lo stesso soggetto ha eventualmente partecipato a tali dinamiche. In questo modo è possibile formulare ipotesi sui motivi per i quali si è verificato il decesso. Obiettivo ultimo è quello di scoprire, tramite l’acquisizione di informazioni sulla vittima, le condizioni che possono aver determinato l’accaduto.

Chi si occupa dell’autopsia psicologica

Come abbiamo visto, l’autopsia psicologica avviene grazie al supporto di parenti e conoscenti della vittima ai quali vengono chiesti dettagli che possono aver influito alla morte.
Proprio per questo motivo, il professionista che si occupa della procedura deve possedere competenze di natura psicologica, nello specifico declinate nell’ambito della psicologia della testimonianza.
Queste conoscenze risultano essere estremamente utili nell’aiutare i soggetti a rammentare fatti e recuperare ricordi distinguendoli da quelli falsi.
 
L’esperto deve anche conoscere il meccanismo dell’evitamento delle cosiddette domande suggestive. Spesso, infatti, si chiede ai testimoni di rammentare dettagli sui quali l’emotività e il trauma influiscono pesantemente. La somministrazione di interviste a soggetti coinvolti profondamente con il defunto significa che spesso vengono messi in atto meccanismi di difesa dal lutto in corso.
 
Chi interagisce con parenti e famigliari di deceduti in situazioni sospette deve essere dotato di empatia per accompagnare l’altro nella fase dell’elaborazione del lutto.
 
Infine, il protocollo dell’autopsia psicologica prevede la consultazione della documentazione medica utile per accertare la presenza di eventuali situazioni cliniche rilevanti. Allo stesso tempo, accanto a tale documentazione, è necessario esaminare in maniera scrupolosa ogni scritto prodotto dal soggetto sottoforma di mail, messaggi, diari personali e così via.

Applicazione del metodo

Esistono due differenti approcci all’autopsia psicologica. Il primo, elaborato da Shneidman e Farberow nel 1961 si suddivide nelle seguenti indagini:
 
  • informazioni su identità e relazioni interpersonali del soggetto;
  • dettagli della morte desunti dai verbali di polizia;
  • storia personale attinente eventuali malattie, terapie ed eventuali tentativi di suicidio;
  • gestione dello stress, eventuali tensioni riportate nell’ultimo periodo e preoccupazioni del soggetto;
  • stile di vita ed eventuale assunzione di alcool e droghe;
  • eventuali cambi di abitudini e routine di vita;
  • altri commenti ed annotazioni personali utili.
Nel 1992 Young sviluppa un approfondimento dell’autopsia psicologica proponendo un modello in grado di standardizzare in modo più accurato la procedura di raccolta delle informazioni. Egli propone 26 categorie di indagine retrospettiva quali:
  • valutazione delle motivazioni;
  • atteggiamenti e comportamenti;
  • ricostruzione degli eventi;
  • perizia medico-legale;
  • analisi di laboratorio;
  • rapporti di polizia;
  • valutazione delle relazioni interpersonali;
  • analisi dell’eventuale rapporto coniugale;
  • esame dello stato mentale pre-morte;
  • stato dell’umore;
  • storia psicologica;
  • presenza di stress psico-sociali;
  • storia del consumo alcolico;
  • storia di abuso di sostanze;
  • note sul suicidio;
  • scritti e diari;
  • storia scolastica;
  • eventuale storia militare;
  • eventuale familiarità con i metodi di morte;
  • storia dei decessi in famiglia;
  • anamnesi familiare;
  • pensieri e sentimenti sulla morte;
  • storia lavorativa.

Limiti in Italia e in Europa

In Italia, ed in Europa in generale, l’applicazione dell’autopsia psicologica è ridotta e non le viene riconosciuto l’importante contributo nell’investigazione.
Inoltre, l’assenza di un protocollo standardizzato ha esposto il metodo a numerose critiche
 
Molti studi hanno cercato di fornire una panoramica sulla metodologia di ricerca dell’autopsia psicologica, incluse limitazioni e questioni etiche. Esistono infatti differenti fattori associati al suicidio, inclusi dettagli e caratteristiche uniche problemi di cui non si tiene presente nei modelli utilizzati.
 
In risposta a tali critiche nel 2012 è stato sviluppato il modello integrato MAPI. Si tratta di un’intervista strutturata e sistematizzata costituita da 59 item da compilare.
Questo protocollo si differenzia dai modelli usati in precedenza in quanto è del tutto strutturato e sistematizzato per ridurre al minimo il margine d’errore.
In altre parole, chiunque decida di applicare il MAPI deve realizzarlo allo stesso modo, attenendosi a precise istruzioni che garantiscono corrispondenza tra le interpretazioni. 
Nel caso di persone scomparse, tale metodo richiede un aggiustamento dello strumento originario poiché si auspica il ritrovamento dello scomparso.
 
Come abbiamo visto insieme l’autopsia psicologica è un metodo che, se effettuato da esperti e con un metodo efficiente, può produrre buoni risultati e supportare le indagini nella scoperta delle cause di morte!
 
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