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Pamela Mastropietro, quando la cronaca diventa orrore

Pamela Mastropietro, quando la cronaca diventa orrore

Pamela Mastropietro - quando la cronaca diventa orrore
  • Sara Elia
  • 27 Settembre 2025
  • Criminologia
  • 5 minuti

Pamela Mastropietro, quando la cronaca diventa orrore

Il caso di Pamela Mastropietro rappresenta una terribile pagina della cronaca nera italiana recente. La brutalità del delitto, unita alla giovane età della vittima e alle circostanze drammatiche della sua morte, hanno profondamente colpito l’opinione pubblica, generando un’ondata di dolore, indignazione e dibattiti accesi sia a livello sociale che politico.

La vicenda non è solo la cronaca di un orribile crimine, ma ha sollevato interrogativi più ampi sulla sicurezza urbana, l’integrazione, la gestione delle dipendenze e la fragilità dei sistemi di protezione sociale. Proprio per questo, il nome di Pamela Mastropietro continua a evocare una ferita ancora aperta nella memoria collettiva del Paese.

In questo articolo ricostruiremo chi era Pamela Mastropietro, cosa è accaduto in quella tragica giornata, le indagini e i processi che hanno seguito il crimine, fino alle polemiche che hanno accompagnato il caso e che ancora oggi alimentano il dibattito pubblico.

Indice
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Chi è Pamela Mastropietro

Pamela Mastropietro nasce il 10 ottobre 1999 a Roma. Fin da piccola, mostra delle fragilità emotive e psicologiche, che unite ad una serie di problematiche familiari la portano quando ha 17 anni ad avvicinarsi all’utilizzo di sostanze stupefacenti per poi cadere in breve in un vortice auto-distruttivo.
 
Nell’ ottobre 2017, la ragazza viene ricoverata in una comunità di recupero a Roma, per poi essere trasferita a Pars di Corridonia, in provincia di Macerata, per seguire un programma terapeutico. In questa sede Pamela inizia un percorso di disintossicazione e ricostruzione personale ma purtroppo non riesce ad adattarsi al meglio. Il 29 gennaio 2018, decide quindi improvvisamente di lasciare la comunità.
 
Il suo ultimo avvistamento risale a Macerata, luogo in cui vaga in cerca di una sistemazione e di droga. Il 30 gennaio la sua strada incrocia quella di Innocent Oseghale, cittadino nigeriano irregolare, già noto alle forze dell’ordine per reati legati allo spaccio. Si tratta dell’ultima volta in cui Pamela Mastropietro viene vista viva.
 
Diversi testimoni confermano che Pamela entra in contatto anche con altri due uomini: uno gli offre un passaggio in macchina e un altro la ospita per una notte. Entrambi indagati vengono successivamente dichiarati estranei ai fatti.

L’omicidio di Pamela Mastropietro

Il 31 gennaio 2018, un passante nota due valigie abbandonate nei pressi di via Spalato, a Macerata. All’interno ci sono i resti di un corpo smembrato: si tratta di Pamela Mastropietro.
 
L’autopsia rivela dettagli agghiaccianti.
Pamela era stata prima stordita con una dose massiccia di eroina e poi colpita alla testa con un oggetto contundente. La morte, però, era stata causata da due coltellate al torace, inflitte mentre era ancora viva, che le avevano lesionato il fegato.
Dopodiché il killer aveva fatto a pezzi e smembrato il cadavere, per poi lavarlo con varechina per eliminare tracce biologiche e riporlo nei due trolley.
 
Un altro fattore certo è la violenza sessuale avvenuta sulla giovane poco prima della morte mentre era sotto effetto di eroina. La dimensione della stessa risulta complessa da ricostruire. Infatti, la gravità dei traumi sul corpo, lo stato di deturpazione e lo smembramento successivo hanno reso difficile ricostruire con precisione le dinamiche.
 
Le indagini iniziano fin da subito e si muovono con rapidità.
Il 1° febbraio, Innocent Oseghale viene fermato perché alcune telecamere lo avevano ripreso mentre rientrava nel suo appartamento insieme a Pamela. Durante la perquisizione a casa sua vengono trovate tracce di sangue compatibili con la vittima e, durante l’interrogatorio, il comportamento dell’uomo appare subito sospetto.  

Arresto, processo e condanna

Innocent Oseghale viene arrestato immediatamente.
L’uomo però nega ogni responsabilità, affermando che Pamela Mastropietro era morta per overdose e che lui, nel panico, aveva solo tentato di disfarsi del corpo.Tuttavia, le analisi tossicologiche escludono l’overdose come causa principale del decesso. Inoltre, i segni sul corpo parlano chiaro.
 
Il 13 febbraio 2019 inizia il processo di primo grado presso la Corte d’Assise di Macerata e Oseghale viene accusato di omicidio volontario aggravato, violenza sessuale, vilipendio e occultamento di cadavere. Il movente viene indicato nel timore di essere denunciato: Oseghale, secondo i giudici, avrebbe reagito in modo brutale per evitare che Pamela rivelasse alla polizia la sua identità e il suo ruolo di spacciatore.
Poco tempo dopo, il 29 maggio 2019, alla luce delle prove raccolte la corte riconosce la piena responsabilità del delitto e lo condanna all’ergastolo con isolamento diurno per 18 mesi.
 
La difesa però richiede l’appello, riprovando a sostenere l’ipotesi della morte accidentale. In questo contesto, risulta fondamentale la testimonianza del compagno di carcere Vincenzo Marino, il quale racconta che Oseghale si era vantato in carcere di aver iniziato a smembrare il corpo di Pamela mentre era ancora viva. Questa dichiarazione fa vacillare ancora di più la difesa dell’imputato e il 16 ottobre 2020 la sentenza viene confermata integralmente.

Opinione pubblica sul caso

L’omicidio di Pamela Mastropietro ha lasciato un segno profondo nella coscienza collettiva italiana ed acceso il dibattito pubblico su molti temi, quali l’immigrazione irregolare, l’efficienza dei controlli e il ruolo dei media nella gestione delle notizie di cronaca nera.
 
La sua storia ha inoltre riportato alla luce le molte fragilità del sistema delle comunità terapeutiche:
  • falle nella gestione delle comunità di recupero;
  • vulnerabilità dei giovani tossicodipendenti;
  • rischio di abusi da parte di chi sfrutta situazioni di emarginazione.
Sul piano mediatico, la vicenda ha generato un’ondata di attenzione sfociata nella morbosità.
Alcuni dettagli raccapriccianti, infatti, erano stati riportati ed amplificati dai giornali e social, creando una narrazione sensazionalistica sulla tragedia che aveva colpito la famiglia della vittima. Falsità come presunti riti voodoo, pratiche cannibalistiche o traffici di organi, anche se smentite dagli inquirenti avevano circolato largamente.
 
Ad oggi, Pamela Mastropietro è ricordata non solo come vittima di un crimine brutale, ma anche come simbolo di tante ragazze fragili, spesso dimenticate. Sua madre, Alessandra Verni, continua a battersi per evitare che altri casi simili si ripetano. In più occasioni ha chiesto pene più severe e un maggiore controllo sulle comunità terapeutiche e sulla gestione dell’immigrazione irregolare.
 
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