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Il comportamento criminale secondo la Teoria della Tensione

Il comportamento criminale secondo la Teoria della Tensione

Teoria della Tensione e comportamento criminale
  • Sara Elia
  • 14 Agosto 2025
  • Criminologia
  • 5 minuti

Comportamento criminale e Teoria della Tensione

Il celebre sociologo americano Robert K. Merton ha elaborato la Teoria della Tensione per spiegare come e perché, in determinate condizioni sociali, possano svilupparsi comportamenti devianti o antisociali.
Secondo questa prospettiva, le cause del comportamento criminale non sono da ricercare unicamente nelle caratteristiche individuali, ma anche – e soprattutto – nelle strutture sociali che possono generare frustrazione, disuguaglianza e senso di esclusione.

Questa teoria è diventata un punto di riferimento negli studi di criminologia e sociologia, poiché fornisce un quadro chiaro di come le pressioni sociali possano spingere alcuni individui a deviare dalle norme condivise. Comprenderne i meccanismi è fondamentale non solo per l’analisi scientifica del fenomeno, ma anche per l’elaborazione di politiche di prevenzione e intervento.

Vediamo dunque come è strutturata la Teoria della Tensione e quali sono i principali concetti che la caratterizzano.

Indice
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Che cos’è la Teoria della Tensione

La Teoria della Tensione, in inglese Strain Theory, suggerisce che la devianza sia un prodotto derivato dalla tensione tra gli obiettivi culturali di una società e i mezzi strutturalmente disponibili per raggiungerli.
In quest’ottica, il pensiero strutturato dal sociologo Robert K. Merton, spiegherebbe che le persone si impegnano in comportamenti devianti o antisociali in risposta alla struttura sociale.
 
Il teorico avvia nel 1971 le sue ricerche sulla devianza rifiutando le concezioni psicologiche e biologiche elaborate fino ad allora.
Egli dichiara infatti che sono le strutture sociali ad esercitare una pressione su alcuni membri della collettività ed indurli ad una condotta anticonformista. E lo fa perché propone obiettivi, scopi ed interessi universali che dovrebbero venire perseguiti da tutti, come ad esempio la ricchezza, proponendoli come imperativi.
Di conseguenza, le persone che non accettano questa direzione prestabilita si comportano in maniera deviante in risposta negativa alla situazione in cui si trovano calati che dovrebbe rappresentare la normalità.
 
Nell’ambito della Strain Theory, occorre evidenziare che i mezzi proposti dalla società spesso non sono quelli migliori per raggiungere gli obiettivi proposti.
Al contrario, infatti, sarebbero alcuni dei comportamenti considerati come proibiti quelli più idonei a raggiungere gli obiettivi efficacemente.

Struttura della Teoria della Tensione

Come abbiamo accennato finora, la teoria della tensione si basa su due elementi principali.
I primi sono gli obiettivi culturali, ovvero scopi ed aspirazioni che una società promuove e valorizza, tra cui ricchezza, successo e d ascesa sociale. Gli altri sono mezzi istituzionalizzati ed accettati dalla società per raggiungere gli obiettivi, come ad esempio istruzione e duro lavoro.
 
Secondo Robert Merton, l’anomia si verifica quando tra questi due elementi c’è discrepanza. Se gli obiettivi imposti dalla società sono inaccessibili attraverso i mezzi istituzionalizzati, le persone si sentono sotto pressione e cercano di raggiungerli ricorrendo a mezzi devianti.
 
In altre parole, la devianza è prodotta da un’anomia che a sua volta nasce da una tensione tra la struttura culturale, la quale spinge raggiungimento di mete universali attraverso mezzi appropriati, e la struttura sociale. Le reali possibilità di raggiungere quegli obiettivi, infatti, sono spesso estremamente basse per le classi meno abbienti.
 
Per comprendere al meglio la Strain Theory, è di certo fondamentale comprendere il contesto socioculturale in cui essa prende forma. Ci troviamo infatti negli anni ’30, durante la Grande Depressione. In questo periodo estremamente complicato, il pensiero corrente era che la società necessitava ordine per mantenere un equilibrio e non produrre un’ancora maggiore disgregazione sociale.
 

Tipologie di adattamento

Secondo Merton e la sua Teoria della Tensione, per adattarsi ai valori culturali della società gli individui hanno a disposizione diversi modelli di adattamento:
 
  • conformità: accettazione sia degli obiettivi culturali che dei mezzi per raggiungerli, anche se sono insufficienti. Questo è l’unico modello che rientra nella legalità;
  • innovazione: accettazione degli obiettivi culturali, ma utilizzo di mezzi illegali o altri non istituzionalizzati per raggiungerli;
  • ritualismo: rifiuto degli obiettivi culturali, ma adesione alle norme sui mezzi istituzionalizzati. In quest’ottica, ci si accontenta di ciò che si ha vedendo il mezzo, cioè il lavoro, come un fine in sé stesso;
  • rivolta: rifiuto e ribellione sia degli obiettivi culturali che dei mezzi per raggiungerli, con l’intento di sostituirli con altri del tutto differenti;
  • ritiro: rinuncia o rifiuto sia dei fini imposti dalla società che dei mezzi per raggiungerli. Questa scelta è quella dei mendicanti senza fissa dimora e dei tossico dipendenti.
Come è dunque evidente, Merton concentra l’analisi sulla struttura sociale e sulla sua funzione di generare tensioni e anomia. Egli parla di una condizione di dissociazione e squilibrio tra la rilevanza conferita nell’ambito del processo di socializzazione alle mete prescritte culturalmente rispetto ai mezzi legittimi e al rifiuto dei mezzi illegittimi, con effetto negativo sul potere regolatorio della norma nei confronti della condotta individuale.

Equilibrio tra mete e norme

Un ulteriore aspetto da considerare nella Teoria della Tensione riguarda il fatto che mete e norme funzionano in maniera congiunta, ma il senso di questa relazione non è univoco.
 
A livello teorico, l’adesione ai mezzi dovrebbe assicurare un buon grado di gratificazione a prescindere dal risultato. Risulta però evidente, nel pratico, che un individuo che non è riuscito ad ottenere in modo legale ciò che desidera, potrebbe cercare di imbrogliare o modificare le regole del gioco pur di ottenere il successo desiderato.
In altre parole, il procedimento che nell’effettivo si mostra più efficace, anche se non istituzionale, viene preferito alla condotta prescritta culturalmente.
Ed è proprio per questo motivo, la mancanza di norme, che la società diventa instabile e si sviluppa l’anomia.
 
Sotto questo punto di vista, la persona deviante diventa quindi una figura negativa in quanto:
 
  • cerca di raggiungere le mete culturali avvalendosi di mezzi illegittimi;
  • viola le aspettative di ruolo;
  • rifiuta il proprio contributo al funzionamento della struttura sociale e culturale;
  • nega l’apporto indispensabile della singola parte al funzionamento dell’intero sistema.
Con la sua Strain Theory, infine, Robert Merton intende anche criticare la cultura della società americana che impone il successo finanziario ad ogni costo, fattore che ovviamente risulta inaccessibile ai molti.
 
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