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La botanica forense e la risoluzione del caso Lindbergh

La botanica forense e la risoluzione del caso Lindbergh

Botanica forense
  • Sara Elia
  • 15 Luglio 2025
  • Criminologia
  • 4 minuti
  • 16 Luglio 2025

La botanica forense e l'uso nel caso Lindbergh

Botanica forense è il termine che indica l’applicazione delle scienze botaniche alle indagini criminali. È stata utilizzata per la prima volta nel 1932, durante il celebre caso del rapimento e omicidio del piccolo Charles Lindbergh. In quell’occasione, l’analisi di frammenti di legno contribuì in modo decisivo a risalire al colpevole, segnando l’inizio dell’impiego della botanica forense nelle scienze forensi.

Oggi questa disciplina permette di analizzare semi, pollini, foglie e altri residui vegetali per ricostruire dinamiche, tempi e luoghi legati a una scena del crimine.

Scopriamo insieme come funziona e perché è diventata uno strumento prezioso nelle investigazioni.

Indice
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Che cos’è la botanica forense

La botanica forense è la scienza che studia il materiale vegetale e tutto ciò che ne deriva e che può avere un ruolo nella risoluzione di casi criminali.
In particolare:
  • piante;
  • pollini;
  • spore fungine;
  • radici;
  • semi;
  • pollini;
  • alghe;
  • legno.
Ad oggi, questa disciplina rappresenta è un potente strumento nell’investigazione di crimini complessi in quanto consente di raccogliere informazioni cruciali attraverso l’analisi di tracce vegetali presenti su scene del crimine, oggetti ed indumenti dei sospettati. Si tratta di un approccio che integra scienza e investigazione, supportando gli inquirenti con dati oggettivi che possono confermare o smentire ipotesi investigative.
 
Le tracce botaniche, infatti, sono in grado di dimostrare un collegamento tra la scena del crimine, la vittima e il criminale. Come il DNA e le impronte digitali, infatti, sono spesso uniche e possono fornire delle prove fondamentali per la risoluzione dei casi. 
 
Il ritrovamento di resti botanici sulla scena del crimine, soprattutto se il delitto è avvenuto all’aperto, sono frequenti. Tramite essi è possibile, in particolare:
  • risalire alla data del delitto;
  • localizzare un cadavere in un’area;
  • scoprire se il corpo è stato ucciso altrove e poi stato spostato.

Applicazione del metodo

La botanica forense si configura come un tassello fondamentale nelle scienze criminali, capace di collegare il colpevole alla scena del crimine con precisione e affidabilità. Nel contesto scientifico, l’applicazione del metodo deve seguire protocolli rigorosi che ne garantiscano risultati affidabili.
 
In particolare, è necessario:
  • raccogliere campioni in modo corretto evitando contaminazioni;
  • osservare la scena identificando le piante circostanti;
  • scattare fotografie accurate ed annotare osservazioni;
  • raccogliere campioni in modo corretto evitando contaminazioni;
  • utilizzare buste di carta per evitare il deterioramento e conservare i campioni in frigorifero;
  • prelevare sia campioni principali che altri di controllo, come ad esempio il terriccio vicino al cadavere, per stabilire se il crimine è avvenuto sul posto o se il corpo è stato trasportato altrove;
  • procedere alle analisi al microscopio. 
Le piante, facendo parte dell’ambiente, possono rappresentare elementi cruciali e fornire prove preziose, sia macroscopiche che microscopiche. Esse, infatti, dal momento che lasciano tracce sui corpi e sugli oggetti permettono di:
  • connettere vittime, sospettati e luoghi del delitto;
  • fornire informazioni cronologiche e, tramite la loro analisi, determinare il momento della caduta del corpo al suolo e stabilire la stagione e il periodo dell’omicidio;
  • confermare o smentire alibi;
  • collegare sospettati alle scene del crimine e ricostruire dinamiche investigative.

Il caso Charles Lindbergh

La botanica forense è stata utilizzata per la prima volta nel 1932, per risolvere il caso dell’omicidio di Charles Lindbergh. Il bambino, figlio dell’omonimo celebre aviatore, era stato rapito dalla sua casa nel New Jersey e ritrovato pochi giorni dopo con il cranio fracassato nei pressi dell’abitazione.
 
I rapitori avevano lasciato un biglietto con una richiesta di riscatto di 50 mila dollari. Nonostante il pagamento dello stesso ad un uomo a volto coperto, il bambino venne solo successivamente ritrovato morto. Per il crimine venne arrestato due anni dopo Bruno Richard Hauptmann, carpentiere ed ex galeotto. La polizia era arrivata a lui rintracciando le banconote consegnate per il riscatto. Nel garage dell’uomo, inoltre, venne ritrovata la cifra del riscatto restante.
 
A carico di Hauptmann c’erano testimonianze e indizi, tra cui in particolare una prova decisiva derivante dall’applicazione della botanica forense: una scala a pioli. Analizzando le caratteristiche del legno, della specie arborea e dei cerchi annuali, si scoprì infatti che uno dei pioli combaciava perfettamente con un pezzo mancante di un’asse del portico della casa.
 
L’uomo venne quindi collegato definitivamente al crimine, condannato a morte e giustiziato nel 1986.
 
Il caso stabilì un precedente importante per le evidenze botaniche, e da allora nel mondo anglosassone esse sono considerate prove scientifiche valide nei processi penali.

L’importanza dell’interdisciplinarietà

L’ambito di applicazione della botanica forense è molto complesso e il suo utilizzo nelle indagini criminali è una pratica articolata in cui l’interdisciplinarietà gioca un ruolo cruciale. La botanica forense è infatti solo uno dei tasselli di un processo che richiede il confronto continuo con esperti di altri settori, come tossicologi, balistici e chimici, per confermare e contestualizzare le evidenze raccolte.
 
Gli operatori si occupano della raccolta di indizi materiali, ma solo il lavoro successivo svolto in laboratorio permette di analizzare i dati e integrarli con competenze scientifiche specialistiche. 
 
Ad oggi, l’integrazione di ulteriori discipline quali la palinologia, la tassonomia, la sistematica, l’ecologia e la micologia forense rappresenta un’ulteriore evoluzione significativa nel panorama delle scienze investigative. Esse, infatti, integrate alle altre scienze forensi, quali ad esempio l’archeologia forense, l’antropologia forense o l’entomologia forense, può fornire risultati decisivi nella risoluzione dei casi.
 
In Italia, purtroppo, il panorama legislativo è complicato: le evidenze botaniche possono essere presentate ma non hanno valore probatorio sufficiente per portare a una condanna se non supportate da ulteriori elementi. 
 
Come è quindi evidente, il pieno riconoscimento giuridico delle prove botaniche rimane una sfida ma grazie al lavoro di esperti, queste discipline sono in continua evoluzione e contribuiscono a fare della scienza un alleato indispensabile della giustizia.
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Sara Elia
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