Talent retention: il 66% delle aziende mettono in campo misure per trattenere i propri talenti
Quello di trattenere i talenti è un impegno concreto per molte realtà aziendali. I dati parlano del 66% e riguardano sia grandi che piccole imprese. Sono queste che stanno lavorando attivamente sul talent retention. Si tratta di mettere in campo strategie funzionali per non lasciare andare le buone risorse. Vediamo come.
Talent retention: un’occasione per riflettere sul mondo del lavoro
Nel mese di settembre 2023 si è tenuto un interessante convegno a Roma. Il tema del dibattito era una riflessione generale sul mondo del lavoro. In quell’occasione i lavoratori sono emersi come la principale risorsa aziendale: per questo i talenti vanno trattenuti. Come fare? Giuseppe Tripoli, segretario generale di Unioncamere, ha parlato di come i lavoratori percepiscono il luogo di lavoro. Sono sempre di più quelli che vedono l’azienda come un bene comune e non come un modo qualsiasi di percepire uno stipendio.
Talent retention: cosa è successo dopo la Pandemia
Nei due anni di Covid abbiamo assistito a fenomeni molto interessanti: è esploso il fenomeno delle dimissioni. Questo fenomeno oggi è rallentato con un calo del 3,9% rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso. Secondo l’Osservatorio Hr del politecnico di Milano questo è un evidente segnale che non tutti coloro che durante il Covid hanno cambiato lavoro si confermano soddisfatti della loro scelta. Poco più del 40% si è pentito e tornerebbe indietro alla sua vecchia occupazione.
A mancare sono i candidati
Sembra evidente inoltre che le aziende oggi abbiano davvero serie difficoltà a reperire le risorse giuste. Il fenomeno, definito mismatch in inglese, è esploso in questi ultimi anni. La difficoltà concreta è quella di trovare la persona con le skills giuste per una determinata occupazione. Mancano spesso i candidati. L’incontro tra richiesta e offerta spesso non avviene o non porta ad alcun risultato. Per questo le ditte in generale stanno investendo molto negli strumenti di ricerca del nuovo personale. Le figure scelte sono spesso solo vicine ruolo richiesto: la loro formazione deve essere ultimata una volta assunte.
Una pratica diffusa: il talent retention
Bisogna trattenere le nuove risorse: è questo l’impegno attuale di molte realtà aziendali. Il 63% propone un aumento di salario, benefit e incentivi vari. Il 50% punta sulla flessibilità aziendale proponendo ad esempio smart working o altre forme di lavoro intelligente. Un 45% crede che ai lavoratori interessi soprattutto l’autonomia. Quest’ultima è incentivata anche con un coinvolgimento più attivo nelle decisioni della leadership. Ma perché trattenere i talenti? Prima di tutto per aumentare la produttività. Nel 2024 le aziende vogliono vedere i primi frutti delle scelte messe in atto.
La necessità di ridefinire l’employee experience
È essenziale per moltissime aziende ridefinire l’employee experience. Sono interessanti i dati che emergono dall’ultimo repert del Capgemini Research Institute. A quanto pare solo il 28% dei dipendenti oggi afferma di sentirsi soddisfatto della propria occupazione. Ma quali sono gli ostacoli principali alla soddisfazione del lavoratore? Prima di tutto viene segnalata una mancanza di flessibilità aziendale e una difficoltà ad avanzare in carriera. Vengono inoltre evidenziate problematiche legate alla comunicazione con i manager, aspetti economici e tecnologici da migliorare.
Il report del Capgemini Research Institute per il talent retention
Al report chiamato “People Experience Advantage: how companies can make life better for their most important assets” hanno preso parte 2.250 dipendenti. Le ditte coinvolte sono state 750 e si è ottenuto un elenco ragionato di 10 punti chiave. Questi ultimi hanno un taglio pratico e possono essere utilizzati subito dalle aziende. Il divario tra lavoratori e leadership aziendale si può colmare. Per trattenere i talenti è infatti essenziale conoscere la ragione dell’insoddisfazione.
Gli effetti di un mercato all’insegna della competitività
Se il mercato non fosse così competitivo il problema della fuga di talenti sarebbe meno impattante. Le aziende oggi come non mai si trovano a far fronte a una competitività massima in tutti i settori. Il risultato è il tentativo messo in atto da molti impiegati di rivedere la propria vita professionale. Sul report Capgemini Research Institute si legge che il 34% dei dipendenti sta ragionando sulle dimissioni da presentare entro un anno. Due su tre invece pensa lasciare il suo attuale lavoro entro i nove mesi. Uno dei dati più interessanti del report riguarda le motivazioni delle scelte dei lavoratori: molti sono consapevoli che cambiando andrebbero a occupare la medesima mansione di prima e che anche lo stipendio non cambierebbe.
L’importanza di fidelizzare i dipendenti
Chi è disposto a cambiare il proprio lavoro con la stessa mansione e retribuzione di prima, lo fa perché l’azienda non è riuscita a fidelizzarlo. Per questo muoversi con misure idonee a trattenere le risorse umane è fondamentale per lo stato di salute aziendale. La costumer satisfaction è in tal senso un chiaro segnale di aumento della produttività. I dipendenti chiedono a gran voce un sistema di lavoro più flessibile e organizzato. Tutto questo è ancora più interessante se si pensa che invece il 92% dei datori di lavoro crede che i suoi dipendenti siano soddisfatti.
Lo smart working è utile al talent retention?
Lo smart working o lavoro intelligente è scoppiato durante la pandemia. Più in generale quello che i lavoratori cercano è un lavoro flessibile che non deve necessariamente essere svolto solo da casa. Per il 66% dei dipendenti il lavoro da remoto è considerato stressante. Quello che si cerca è un modo più funzionale per conciliare la vita privata con quella lavorativa. Un orario più flessibile potrebbe essere una soluzione. È anche importante curare la comunicazione tra il personale. È fondamentale riconoscere indipendenza ai dipendenti e imparare a fidarsi di loro.
In questo contributo abbiamo parlato dell’esigenza aziendale di trattenere talenti. Sono in molti a non dirsi soddisfatti del proprio lavoro e ad essersi attivati per fronteggiare delle probabili dimissioni. Ma cosa cercano questi lavoratori? Le ragioni economiche, spesso ritenute essenziali dai datori di lavoro, non sembrano essere la causa del problema. Quello che conta è un approccio aziendale migliore che favorisca il lavoro flessibile. Per fidelizzare i dipendenti ci vuole molto di più di un benefit o di un aumento salariale.