Suicidio assistito: quali sono le sue possibili evoluzioni?
Il suicidio assistito trova spiegazione nell’articolo 580 del Codice Penale Italiano che espone in modo manifesto la posizione della Legge Italiana, l’articolo recita infatti che chiunque porti un’altra persona al suicidio o ne rafforzi il proposito agevolandone l’esecuzione è punito con una reclusione da cinque a dodici anni qualora il suicidio avvenga; nel caso il suicidio non avvenisse invece da uno a cinque anni qualora ne derivassero lesioni gravi o gravissime.
Lo stesso articolo 580 del Codice Penale Italiano inoltre è molto chiaro qualora la persona influenzata fosse minore di quattordici anni oppure incapace di intendere e di volere, in questi casi per chiunque agevolasse o istigasse al suicidio si applicano le disposizioni del reato di omicidio.
Se quindi la Legge Italiana è molto chiara nei confronti della difesa del sommo bene della vita, punendo chiunque ne attenti, dal punto di vista etico e giuridico invece è aperta la questione legale e morale riguardo alle Disposizioni Anticipate di Trattamento (cosiddette DAT) che lasciano aperto il campo ad una “disponibilità” di scelta di vita o morte in determinate condizioni, che potrebbero colmare “vuoti giudici” e che aprono la prospettiva ad evoluzioni giurisprudenziali.
Possibili evoluzioni giurisprudenziali
Una recente vicenda, proprio in tema di suicidio assistito, ha portato alla sospensione del giudizio e rimessione agli atti alla Corte Costituzionale spostando di fatto la questione sulla costituzionalità dell’oggetto, questo porta a prospettive del tutto nuove nel panorama legislativo.
La prima possibilità è quella che la Corte ritenga inammissibile la questione dando la soluzione semplice o manifesta, perché la norma non è incostituzionale.
La seconda alternativa è che la Corte rigetti la questione perché infondata.
La terza possibilità è nella fattispecie quella dalle prospettive innovative, che la Corte dichiari la norma incostituzionale: qualora infatti la Corte Costituzionale rimettesse al legislatore la necessità di promulgare una legge chiara e definitiva andando a creare un vero e proprio vuoto giuridico, si creerebbe un precedente importantissimo, dove non soltanto verrebbe messo in discussione il significato stesso di vita, ma la giurisprudenza verrebbe in primo piano rispetto alla Legge.
Il significato di Vita nel suicidio assistito
Se da un lato la Legge difende insindacabilmente la vita, è opinabile in determinate condizioni considerare il concetto di vita come tale.
L’istigatore potrebbe essere colpevolizzato, come da prescrizione, ma una seconda analisi più approfondita è necessaria.
Qualora, infatti per una disposizione anticipata di trattamento, una persona decidesse di non voler essere vincolata a vivere sotto determinate condizioni che ritenesse non sufficientemente dignitose (ad esempio essere vincolati ad una macchina per l’alimentazione oppure mancanza di autosufficienza fisica), chiunque si offrisse di agevolarne il suicidio assistito potrebbe essere assolto nella misura in cui è impossibile definire il concetto stesso di vita e di non vita, aprendo di fatto una strada verso la giurisprudenza dell’eutanasia.
La questione aperta è quindi molto attuale e dai risvolti non soltanto giuridici, ma anche etici e filosofici, che potenzialmente potrebbe andare a modificare il panorama legislativo, sociale e perfino etico e religioso italiano.