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Il delitto di Arce: il cold case dell’omicidio di Serena Mollicone

Il delitto di Arce: il cold case dell’omicidio di Serena Mollicone

Serena Mollicone - cold case delitto di Arce
  • Sara Elia
  • 22 Marzo 2025
  • Criminologia
  • 5 minuti

L’omicidio di Serena Mollicone: il cold case del delitto di Arce

Il 3 giugno del 2001 Serena Mollicone viene ritrovata morta in un boschetto in provincia di Frosinone che si chiama Fonte Serena, dopo due giorni di ricerche, con segni di violenza e il volto coperto da un sacchetto di plastica. Aveva diciotto anni. Un caso irrisolto per oltre vent’anni, fatto di indagini intricate, colpi di scena e una lunga battaglia per la verità.

Da allora, il caso di Serena Mollicone ha attraversato diverse fasi investigative, con ipotesi che hanno coinvolto più soggetti, fino ad arrivare al processo del 2022, che ha visto l’assoluzione di tutti gli imputati. Ma cosa sappiamo oggi su questa tragica vicenda? Quali sono i punti oscuri che ancora alimentano dubbi e interrogativi?

Scopriamo insieme che cosa è successo alla giovane ragazza!

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Serena Mollicone: il giorno della scomparsa

Serena Mollicone nasce ad Arce il 18 novembre 1982 e viene cresciuta dal padre Guglielmo, insegnante della scuola elementare locale. La madre era morta quando la ragazza aveva solo 6 anni a causa di una grave malattia.
Serena è una ragazza ordinaria che frequenta la scuola in attesa di sostenere l’esame di maturità. Ha molti amici, uno di questi morto per droga poco tempo prima. Per questo motivo, la giovane è contraria alle droghe e aiuta chi cerca di uscirne.
 
Il 1° giugno 2001 esce di casa per andare all’ospedale di Isola del Liri per una radiografia ai denti.
Dopo l’appuntamento deve incontrare un ragazzo che frequenta. La sera, però, non rientra a casa e dopo poco il padre, allarmato, da l’allarme. La proprietaria di un bar assicura di averla vista nel suo locale con altri ragazzi, versione confermata anche dal carrozziere Carmine Belli che afferma di averla vista litigare con un giovane dai capelli biondi.
 
Due giorni dopo una squadra della Protezione Civile trova Serena Mollicone morta per asfissia in un bosco in località Fonte Cupa. Il suo corpo è stato abbandonato in un cassone della spazzatura e ricoperto da rami e foglie.
La sua bocca è chiusa con del nastro adesivo, mani e piedi sono legati da scotch e fil di ferro e il viso presenta una ferita all’altezza del sopracciglio.

Omicidio di Serena Mollicone: le indagini

Prima che venisse trovato il cadavere di Serena Mollicone, il maresciallo Franco Mottola si era recato presso la sua abitazione per chiedere il diario della ragazza al padre. Guglielmo glielo aveva consegnato ma, si scoprirà successivamente, la consegna non viene registrata in alcun verbale.
I carabinieri tornano poi per cercare il suo cellulare senza però trovarlo.
Tre giorni dopo quella perquisizione, il cellulare sbuca nel primo cassetto del comodino in camera della ragazza. Qualcuno è entrato in casa per nascondervelo?
 
Iniziano le indagini.
L’autopsia stabilisce che non c’è stata violenza sessuale ma che Serena Mollicone avesse ricevuto una botta in testa. Per il resto le ricerche risultano infruttuose.
 
Bisogna aspettare il settembre del 2002 per vedere i carabinieri arrestare Carmine Belli, il carrozziere che aveva visto Serena litigare con un ragazzo davanti al bar. Ad ogni modo, viene in breve ritenuto innocente.
L’uomo dichiarerà successivamente di essere un capro espiatorio per chiudere la vicenda con la colpa di aver cercato di aiutare le ricerche.
 
La svolta arriva nel 2008 quando Santino Tuzi, un carabiniere di Arce, si suicida dopo aver rivelato pochi giorni prima agli inquirenti che il 1° giugno 2001 Serena Mollicone era entrata in caserma ma non ne era mai uscita. Lí era stata uccisa.

Il ruolo della famiglia Mollicone

Il ragazzo biondo con il quale Serena Mollicone è stata avvistata fuori dal bar prima della sua scomparsa è Marco Mottola, il figlio del maresciallo.
 
In base alla ricostruzione di Santino Tuzi, il giovane sarebbe stato immischiato nello spaccio di droga. Serena, che l’aveva scoperto, voleva denunciarlo. Dopo un litigio avvenuto per strada, Serena avrebbe dimenticato i suoi libri nell’auto del ragazzo. Quindi, si sarebbe recata in caserma, nell’appartamento dei Mottola, per recuperarli. Qui Marco l’avrebbe colpita facendola svenire, dopodiché l’avrebbe legata e si sarebbe sbarazzato del corpo con l’aiuto dei genitori.
 
In questo senso si spiegherebbe anche il depistaggio da parte del maresciallo con la richiesta del diario di Serena a Guglielmo poco dopo la sua scomparsa. E, allo stesso modo, quello del cellulare fatto sparire e poi ricomparire in casa senza impronte.
Infine, il corpo di Serena fatto ritrovare in un boschetto lontano dal bar dove era stata vista litigare Marco, luogo scelto apposta per evitare un’associazione tra i due episodi.
 
A questo punto le indagini si concentrano sui carabinieri e l’ex maresciallo Franco Mottola, la moglie e il figlio Marco finiscono a processo con l’accusa di omicidio volontario e occultamento di cadavere. Inoltre, due carabinieri vengono accusati uno di favoreggiamento e l’altro di induzione al suicidio di Tuzi.

Il processo

Franco Mottola, la moglie e il figlio Marco vengono accusati di omicidio volontario e occultamento di cadavere di Serena Mollicone. Si apre il processo e la famiglia si dichiara innocente. Prima dell’inizio, il 31 maggio 2020, Guglielmo muore.
 
La linea difensiva cerca di smentire le accuse dichiarando che il DNA ritrovato sul luogo del delitto non appartiene a nessuno degli imputati.
Ma per tutti i colpevoli sono loro.
 
Il 19 marzo 2021 si tiene la prima di 46 udienze e i pm chiedono 30, 24 e 21 anni di reclusione per Franco, Marco e Anna Maria Mottola, 15 e 4 anni per i carabinieri Vincenzo Quatrale e Francesco Suprano. Il giudice dichiara assolti tutti quanti per mancanza di prove.
Il Gip, però, si oppone e chiede di riesumare il cadavere di Serena Mollicone, ottenendo il permesso. In questo modo è possibile stabilire che la ferita sulla testa della ragazza è compatibile alle affermazioni dell’accusa.
 
Tutti gli imputati vengono così rinviati in appello.
L’accusa chiede una condanna a 24 anni di carcere per l’ex maresciallo dei carabinieri Franco Mottola, 22 anni per la moglie Anna Maria e per il figlio Marco, la condanna a 4 anni per favoreggiamento per Suprano e l’assoluzione Quatrale.
 
Nel 2025 dovrebbe finalmente arrivare una risposta definitiva.
 
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