La normativa sulle misure alternative alla detenzione
L’ordinamento penitenziario vigente in Italia, oltre al carcere, prevede tutta una serie di misure alternative alla detenzione. In caso di condanna durante un processo penale, si cerca spesso di ottenere queste misure per poter evitare il carcere. Eppure, non bisogna considerarle come delle attenuanti per la punizione. Sono infatti state introdotte ponendo l’accento sulla rieducazione e sul reinserimento del condannato in società.
Basti pensare che tutte le misure previste in Italia si basano su un principio costituzionale. L’art. 27 della Costituzione prevede infatti che la pena debba tendere alla rieducazione del reo. L’alternativa alla detenzione permette quindi di scontare una pena in modi diversi dal carcere, mantenendo comunque l’obiettivo fondamentale, quello della rieducazione.
Cosa intendiamo con “misure alternative alla detenzione”
Come abbiamo anticipato, le misure alternative alla detenzione sono forme di esecuzione della pena che permettono al condannato di evitare il carcere. Ovviamente, per poterle richiedere, è necessario che il condannato rispetti determinate regole e che il suo comportamento dimostri un reale impegno nel percorso di reinserimento.
Sono dei veri e propri strumenti giuridici previsti dall’ordinamento penitenziario italiano, che vennero ufficialmente introdotti con la legge n. 354/1975.
Le misure alternative alla detenzione hanno un duplice scopo. Non solo quello di favorire il reinserimento riducendo il rischio di recidive, ma anche quello di evitare il sovraffollamento delle carceri.
Dietro ogni misura alternativa alla detenzione si nasconde una precisa filosofia giuridica e morale. Il principio di riferimento è quello della funzione rieducativa della pena, sancito dall’art. 27 della Costituzione.
Come riporta il Ministero della Giustizia, comunque, “implicano una certa restrizione della libertà attraverso l’imposizione di condizioni e/o obblighi”. Non devono quindi essere concepite come un evitamento della punizione.
Il quadro normativo di riferimento: l’Ordinamento penitenziario
Le misure alternative alla detenzione trovano la loro principale disciplina nella Legge n. 354 del 26 luglio 1975 che abbiamo già citato.
Questa legge è conosciuta anche come Ordinamento Penitenziario ed è il pilastro fondamentale su cui si basa il sistema dell’esecuzione penale in Italia.
La legge ha agito come apripista per lo sviluppo di nuove forme di esecuzione della pena.
Si deve però alla Legge Gozzini, ossia la L. n. 663/1986 l’ampliamento delle misure alternative alla detenzione oltre che una loro maggiore accessibilità in caso di buona condotta.
Altre importanti modifiche sono arrivate con la Legge Simeone-Saraceni (n. 165/1998) e con il Decreto Legislativo n. 123/2018, che ha introdotto ulteriori strumenti di giustizia riparativa e misure di comunità.
Alcuni riferimenti si trovano infine nel Codice Penale e nel Codice di Procedura Penale, dove si esplicitano le modalità di concessione e la revoca delle misure. Ad esempio, l’art. 656 c.p.p. prevede la possibilità di sospendere l’ordine di carcerazione per consentire al condannato di chiedere una misura alternativa.
Quando si possono richiedere in alternativa al carcere
Richiedere e ottenere le misure alternative alla detenzione prevede però una sentenza di condanna definitiva. Con questo termine indichiamo tutte quelle sentenze che non prevedono più possibilità di impugnazione. In alternativa, è anche possibile decidere di non impugnare la sentenza.
Qualunque sia la motivazione, quando la sentenza di condanna è definitiva, il processo è chiuso e il PM può emettere l’ordine di esecuzione della pena.
Si tratta dell’atto che, di fatto, permette di dare esecuzione alla pena. Generalmente, a questo punto il condannato viene portato in un istituto penitenziario.
A questo punto, per poter richiedere le misure alternative alla detenzione, è necessario che il PM disponga la sospensione dell’ordine di esecuzione della pena.
Le principali misure alternative alla detenzione
In Italia, sono previste diverse misure alternative alla detenzione, che variano a seconda delle situazioni. In tutti i casi, sono pensate per permettere al condannato di scontare la pena fuori dal carcere, pur mantenendo comunque un certo grado di controllo giudiziario.
Le principali misure alternative al carcere sono:
- affidamento in prova al servizio sociale, una misura che permette al condannato di scontare la pena fuori dal carcere sotto la supervisione dei servizi sociali. Tra le misure alternative alla detenzione, è la più popolare perché si svolge totalmente al di fuori dall’ambiente penitenziario. Si può richiedere solamente se la pena non supera i 3 anni o, in alternativa, quando la pena residua non supera i 4 anni. In questo caso, l’anno precedente alla presentazione della richiesta è necessario mostrare un comportamento idoneo
- detenzione domiciliare, introdotta dalla legge n. 663 del 10/10/1986 e che consente di espiare la pena nella propria abitazione. In alternativa, è possibile scontare la pena anche in un luogo di cura, assistenza e accoglienza che sia pubblico. In caso di donne incinte o con figli di età inferiore ai 10 anni che convivono con la condannata, è possibile richiedere la detenzione domiciliare in case famiglia protette
- semilibertà, ossia la misura che permette al detenuto di trascorre parte della giornata fuori dal carcere per lavorare o studiare. In questo caso, però, il carcere non viene evitato del tutto, perché il condannato deve rientrare ogni sera nella struttura penitenziaria. Per questa sua caratteristica, viene spesso definita come una misura alternativa impropria.
Cosa succede nel caso di reati ostativi?
Non sempre è però possibile accedere alle misure alternative alla detenzione. Di fronte ai reati ostativi, infatti, non è possibile richiedere alcuna delle misure che abbiamo appena elencato.
Con il termine “reati ostativi” si indicano le tipologie di reato per le quali la legge prevede limitazioni o esclusioni nell’accesso ai benefici penitenziari, comprese le misure alternative alla detenzione.
Tra i reati ostativi rientrano, ad esempio, quelli di mafia e terrorismo, il traffico di stupefacenti, il sequestro di persona a scopo di estorsione, l’omicidio e i crimini di sangue.
In tutti questi casi, l’ordine di esecuzione della pena non può essere sospeso. Di conseguenza, le misure alternative alla detenzione potranno essere richieste solo dopo l’ingresso in carcere.
