Lavoro: 6,8 milioni di lavoratori a rischio entro 20 anni
L’Italia in crisi demografica dovrà fare i conti anche con le conseguenze sul mercato dei lavoratori, I dati riportati da una ricerca svoltasi da parte della Fondazione Vittoria sono estremamente allarmanti!
Cerchiamo di analizzare al meglio i dati, la situazione attuale e le possibili conseguenze.
Indice
Crisi demografica e lavoratori
Una ricerca portata avanti dalla Fondazione di Vittorio della Cgil riporta pronostici tutt’altro che positivi.
È infatti previsto che, tra vent’anni, il bacino dei potenziali lavoratori subirà una netta diminuzione del -6,8 milioni di persone. Inoltre la popolazione non in età da lavoro, ovvero under 15 e over 64, registrerà all’opposto una robusta crescita raggiungendo +3,8 milioni di persone. Privo dell’energia delle giovani generazioni il Paese sconterà nel medio e lungo periodo un deficit di crescita.
L’effetto demografico inoltre incide già adesso anche sul tasso ufficiale di occupazione. Secondo i due ricercatori la recente apparente crescita del tasso di occupazione è solo un effetto ottico. Questo è stato infatti determinato sia dalla crescita degli occupati sia dalla contrazione della popolazione in età lavorativa.
La diminuzione della popolazione è un fenomeno ormai nettamente consolidato. In venti anni la popolazione residente in Italia si è ridurrà da 59,0 milioni del 2022 ai 56,0 milioni previsti nel 2042. Inoltre l’età media aumenterà da 46,2 anni a 50,0 anni.
Premessa fondamentale
Il calo della popolazione è un fenomeno ormai consolidato. Secondo l’indagine della fondazione le stime ventennali indicano:
- riduzione della popolazione residente in Italia da 59 milioni di abitanti del 2022 a 56 milioni previsti nel 2042 (-3 milioni, ovvero -5%);
- un aumento dell’età media da 46,2 anni a 50 anni.
Approfondendo le variazioni per grandi fasce d’età emergono inoltre:
- una marcata riduzione della popolazione adulta in età lavorativa, da 37,5 milioni del 2022 a 30,7 milioni del 2042;
- un aumento della popolazione non in età lavorativa, da 21,5 milioni del 2022 a 25,3 milioni del 2042.
Questo è il risultato di una consistente diminuzione del numero di giovani (-1,1 milioni, ossia -14,3%) e di una contestuale e robusta crescita degli anziani (+4,9 milioni, +34,6%).
Conseguenze sull’offerta per i lavoratori
Se tali pronostici dovessero mostrarsi veritieri, la crisi demografica italiana avrà un impatto su più fattori:
- quantità dell’offerta per i lavoratori;
- composizione anagrafica degli occupati;
- produttività, assistenza e previdenza.
Inoltre, le scarse capacità dimostrate finora dal nostro Paese di valorizzare gli immigrati e creare le condizioni per una loro integrazione e stabile permanenza non gioveranno di certo a favore.
Il presidente della Fondazione di Vittorio, Fulvio Fammoni sottolinea anche che in media ogni anno circa 100mila persone emigrano dall’Italia verso l’estero. Per cercare sia uno stipendio migliore sia per poter svolgere il lavoro per il quale ci si è formati. Si tratta per circa un terzo di giovani in età compresa tra 25 e i 34 anni e con un’alta percentuale di laureati o con titolo di studio superiore.
E qui si tocca un punto dolente Proprio questo è uno dei problemi fondamentali dell’Italia: raramente viene proposto!
L’altra faccia della medaglia
L’altra faccia della stessa medaglia sono le politiche migratorie in ingresso. Gli immigrati senza titolo valido di soggiorno presenti sul territorio nazionale sono in media 600 mila persone. Si preferisce infatti mantenere in clandestinità e non far emergere per tornaconto di chi li sfrutta. Da una parte si precludono i diritti di quelle persone dall’altra si priva lo Stato di un importante quantità di risorse in tasse e contributi.
Questa dunque la sintesi dell’ultimo studio della Fondazione Di Vittorio. L’indagine è lunga e articolata ed analizza le ripercussioni del declino demografico sul nostro mercato del lavoro e le conseguenze per i lavoratori. Il dossier evidenzia quindi che gli squilibri demografici sono:
- determinati da una bassa natalità e da un marcato invecchiamento della popolazione;
- peggiorati dalle caratteristiche dei flussi in ingresso e uscita dall’Italia;
- abbiano un forte livello di incidenza anche sul tasso di occupazione.
Come fermare il declino demografico
I dati non sono semplici numeri, non indicano solo un calo demografico, ma una prospettiva inquietante per il futuro del Italia Per fermare il declino demografico sono di certo necessari una serie di interventi immediati su:
- condizioni di lavoro;
- precarietà;
- salari;
- regimi di orari;
- politiche migratorie in entrata e uscita;
- misure a sostegno della natalità.
Gli interventi devono inoltre avere sia caratteristiche di immediatezza che di strutturalità. Se per gli interventi strutturali le politiche necessarie producono effetti sul lungo periodo, nell’immediato si può concretamente agire sul trend del calo demografico.
I giovani più formati e competenti emigrano. Devono quindi essere offerte le prospettive di un lavoro dignitoso e di qualità che risponda a:
- competenze acquisite;
- salario adeguato;
- sistema di welfare che protegga e sostenga.
Riequilibrare i cambiamenti demografici è conditio sine qua non!
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