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Gli effetti della AI sul cervello

Gli effetti della AI sul cervello

effetti della AI sul cervello
  • Sara Elia
  • 19 Luglio 2025
  • News
  • 4 minuti

AI e cervello: lo studio del MIT

Uno studio scientifico del MIT ha dimostrato che gli effetti della AI, se utilizzati in modo massiccio, possono essere devastanti ed arrivare addirittura a ridurre la capacità cerebrale.

Analizziamo insieme al meglio come l’intelligenza artificiale lavora con il cervello umano!

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Effetti della AI: l’esperimento del MIT

Ad oggi, le rivoluzionarie tecnologie di intelligenza artificiale, offrono risposte a qualsiasi domanda, accompagnano la scrittura, supportano l’ideazione e semplificano compiti complessi. Ma cosa accade all’interno del cervello quando ci sia affida a questi strumenti?
 
Un esperimento del MIT, guidato da Natalia Kosmyna, è riuscito nell’intento di misurare con precisione le reazioni del cervello mentre scrive con e senza il supporto dell’intelligenza artificiale e registrare gli effetti della AI sul cervello tramite lo studio “Il tuo cervello e ChatGPT: accumulazione di debito cognitivo nell’usare un assistente di intelligenza artificiale per compiti di scrittura”.
 
Per realizzarlo, sono stati coinvolti 54 volontari divisi in tre gruppi con il compito di scrivere saggi su temi presi da test standardizzati.
Nello specifico:
  • primo gruppo: supportato dall’utilizzo di ChatGPT, con accesso a GPT-4o di OpenAI;
  • secondo: tramite l’accesso a motori di ricerca tradizionali e informazioni online;
  • terzo:  senza l’ausilio di strumenti esterni, affidandosi solo alle proprie risorse mentali.
Durante la scrittura, tutti avevano la testa collegata a un’elettroencefalografia (EEG) per la misurazione diretta dell’attività cerebrale durante le attività.
La tecnologia, in questo modo, ha consentito di monitorare in tempo reale i livelli di e connettività tra diverse aree del cervello durante il compito di scrittura.

Effetti della AI: cosa evidenziano i risultati

I risultati dell’esperimento condotto dal MIT evidenziano l’attivazione di aree diverse del cervello e differenti attività cerebrale a seconda del gruppo di appartenenza. Nello specifico:
 
  • stimolazione delle regioni responsabili dell’ideazione creativa, dell’integrazione dei significati e dell’auto-monitoraggio per chi scriveva senza ausilio di nessun mezzo;
  • utilizzo in particolare della corteccia visiva da parte di chi era supportato dai motori di ricerca: l’informazione veniva guardata e poi assemblata;
  • riduzione dell’attività cerebrale e limitazione della capacità di apprendimento per chi usava ChatGPT.
In altre parole, gli effetti della AI sono l’attivazione di funzioni meccaniche che innestano un lavoro in modalità pilota automatico, riducendo la connettività cerebrale fino al 55%. Anche la qualità dei testi prodotti riflette queste differenze, essi erano infatti molto simili tra loro, piatti, ripetitivi, uniformi e spersonalizzati.
Al contrario, i saggi degli altri due gruppi sono variegati, personali ed originali.
 
I numeri dello studio, inoltre, confermano che nell’83% dei casi, chi aveva lavorato con l’intelligenza artificiale mostrava difficoltà nel ricordare o citare ciò che avevano scritto pochi minuti prima. Come se il contenuto fosse passato dall’occhio alla tastiera senza toccare il cervello.
In modo evidente, i chatbot utilizzati hanno portato un effetto cognitivo avverso, ridotto l’attività cerebrale e limitato la capacità di apprendimento.

Il problema del debito cognitivo

Come abbiamo visto insieme finora, lo studio del MIT ha evidenziato come gli effetti della AI, comporti un costo cognitivo significativo: meno creatività, poca memoria e rischio di pensiero automatico i rischi maggiori. Più si utilizzano modello di intelligenza artificiale, più il cervello umano si abitua a fare meno fatica e meno connessioni, perdendo progressivamente nel tempo abilità importanti per l’indipendenza intellettuale.
 
L’utilizzo abituale e non mediato di questi strumenti, infatti, può portare a un progressivo impoverimento di:
  • abilità di memorizzazione
  • sintesi personale
  • analisi critica
  • processo di apprendimento
  • capacità di pensare in modo critico e autonomo
In particolare, un aspetto fondante riguarda la capacità di ricordare e citare correttamente quanto scritto. La difficoltà nel recuperare le informazioni generate dall’AI, infatti, è molto forte tanto da portare a sentirsi non pienamente autori del testo prodotto, ma fruitori di un contenuto fornito da terzi.
 
Da qui, trae origine il concetto di “debito cognitivo”: un accumulo di deficit nella capacità di apprendere e ragionare causato dall’affidamento costante a un supporto esterno che semplifica il processo cognitivo, ma impoverisce la qualità dell’elaborazione interna.
In altre parole, il pensiero diventa standardizzato, fattore che può rappresentare un limite per la creatività e l’originalità.

La questione dell’intelligenza artificiale nelle scuole

Gli effetti della AI sul cervello sono un tema che assume importanti implicazioni pedagogiche. Esse, infatti, rischiano di portare a:
  • compromissione della costruzione di competenze critiche quali memorizzazione, sintesi ed argomentazione autonoma;
  • problematiche nell’implementazione di creatività e fluidità della scrittura;
  • dipendenza e indebolimento delle capacità di ragionamento e apprendimento a lungo termine;
  • indebolimento della capacità di valutare criticamente le informazioni e sviluppare opinioni informate e articolate, a causa di una minore esposizione a fonti e punti di vista diversi.
Come è dunque evidente, l’impatto di queste dinamiche sulla formazione è rilevante anche per scuole e università.
 
Per agire al meglio, occorre quindi bilanciare l’uso di strumenti di AI così potenti con la necessità di sviluppare e preservare le capacità cognitive degli studenti. E per farlo, è necessario che il loro utilizzo sia accompagnate da una guida consapevole e da pratiche didattiche che stimolino il pensiero critico e la creatività.
In altre parole, è necessario integrare strumenti AI a livello scolastico promuovendone un uso consapevole e critico e sviluppando, allo stesso modo, metodologie che incoraggino il ragionamento autonomo, la discussione e la creatività.
 
Come è evidente, l’intelligenza artificiale deve essere vista come un alleato e non come un sostituto del pensiero umano.
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