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Danno patrimoniale e non patrimoniale: differenze

Danno patrimoniale e non patrimoniale: differenze

danno patrimoniale - differenze con non patrimoniale
  • Sara Elia
  • 18 Luglio 2024
  • Notizie giuridiche
  • 4 minuti

Danno patrimoniale e non patrimoniale: differenze

L’art. 2043 del Codice Civile sancisce che qualsiasi fatto doloso o colposo che provochi un danno patrimoniale o non obbliga il colpevole al risarcimento.

Scopriamo insieme come si possono classificare le varie tipologie di danni ed ottenere un risarcimento!

Indice
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Che cos’è un danno patrimoniale

Il danno patrimoniale indica una lesione del patrimonio di un singolo soggetto. All’interno di questa categoria, si individuano due componenti differenti: il danno emergente e il lucro cessante.
 
Il danno emergente rappresenta l’effettiva lesione patrimoniale subita, mentre il lucro cessante è relativo al mancato guadagno realizzato.
 
Nello specifico, nel primo caso ci si riferisce ad una concreta, reale e quantificabile diminuzione del patrimonio della vittima. Tra esse, sono comprese le eventuali spese da sostenere come conseguenza, come ad esempio quelle del servizio meccanico. In questo caso quindi la risarcibilità è di relativa facile misurazione. È infatti sufficiente presentare la documentazione che attesti il sostenimento di tali spese.
 
Al contrario, il lucro cessante indica il mancato guadagno della persona danneggiato a causa del periodo di riposo forzato dall’attività lavorativa. Esso avviene nel caso in cui la vittima non possa svolgere la propria attività lavorativa o solo in misura parziale o inferiore e comporta un risarcimento.
 
In questo caso il calcolo per quantificare il lucro cessante è più complicato. Occorre infatti seguire il criterio del reddito effettivo, con calcolo del coefficiente di sopravvivenza e applicazione dello scarto tra vita lavorativa e fisica. A chi invece era già prima dell’incidente non lavoratore spetta il parametro equitativo del triplo della pensione sociale.

Che cos’è un danno non patrimoniale

Il danno non patrimoniale indica il danno che il soggetto soffre in seguito alla violazione di un valore della personalità umana. In altre parole, esso riguarda una violazione alla sfera personale che si sostanzia nella lesione di valori costituzionalmente tutelati.
 
Il risarcimento, nei casi previsti dalla legge in base all’art. 2059 del Codice Civile, si andrà a sommare a quello del danno patrimoniale.
La sua risarcibilità deve quindi essere espressamente prevista, come nelle ipotesi di compimento di un reato. Qualora esso non sia espressamente prevista, però, esso deve considerarsi ammesso nei casi in cui sia stato leso un diritto tutelato dalla Costituzione.
 
Nonostante il danno non patrimoniale sia unitario, nell’ambito di questa categoria si individuano diverse voci che ne rappresentano le componenti. Nello specifico:
  • biologico: relativo a una lesione psico-fisica dell’integrità della persona da considerarsi in relazione alle conseguenze pregiudizievoli patite;
  • esistenziale: relativo ad un mutamento peggiorativo della qualità della vita del soggetto danneggiato in conseguenza ad un evento lesivo;
  • morale: si sostanzia nella sofferenza psichica patita da un soggetto in conseguenza di un evento dannoso:
  • da morte: inteso come la consapevolezza dell’imminente fine della vita.
  • da morte del congiunto: inteso come danno terminale che viene avvertito dal soggetto in fin di vita, lucido e consapevole, con conseguente trasmissibilità agli eredi.

Le principali differenze

Come abbiamo visto finora, il danno patrimoniale riguarda la lesione del patrimonio del soggetto, sia che si tratti di danno emergente che lucro cessante. Quello non patrimoniale, invece, concerne la sfera intima del soggetto, la sofferenza psichica subita e il peggioramento della qualità della vita.
 
Non sempre la distinzione tra è risultata agevole e chiara. Tra le principali differenze:
  • disciplina: il danno patrimoniale è stabilito all’art. 2043 del Codice civile, il non patrimoniale dall’art. 2059 del Codice civile;
  • tipicità: quello patrimoniale è connotato da atipicità “Qualunque fatto doloso o colposo, che cagiona ad altri un danno ingiusto, obbliga colui che ha commesso il fatto a risarcire il danno”. Il non patrimoniale è invece connotato da tipicità;
  • giurisprudenza: sul patrimoniale si esaurisce in breve, su quello non patrimoniale è invece molto vasta.
Ad ogni modo, qualsiasi tipologia di danno viene valutato dal giudice. Utile, ai fini della quantificazione del risarcimento è la perizia medico-legale.
 
Ad oggi, si registrano alcuni contrasti interpretativi, in particolare sulla risarcibilità delle varie voci di danno. Tali contrasti sono nati da quando è stato reso noto che la liquidazione delle varie voci di danno non patrimoniale spesso si risolve nel riconoscimento di duplicazioni risarcitorie.
Proprio per ovviare questo problema le stesse (biologico, morale, esistenziale) devono confluire in un’unica categoria.

Cosa si prende in considerazione per il calcolo

Il calcolo del danno non patrimoniale non è affatto semplice ed intuitivo. Infatti, in quest’ambito, è necessario considerare gli aspetti legati alla sofferenza interiore di ciascuno. Ed essi sono di certo difficilmente quantificabili in termini monetari. Va dunque provata l’esistenza del danno e la lesione effettiva dell’interesse giuridicamente protetto dall’ordinamento.
 
In ipotesi di danno esistenziale si considerano gli aspetti della vita sui quali ha effettivamente avuto impatto la lesione. Nella valutazione del danno subito si utilizzano vari parametri.
Ad esempio, nel caso di perdita di un parente, si fa riferimento alla “qualità ed intensità della relazione affettiva che caratterizzava il rapporto. E lo si fa sia in termini di sofferenza interiore patita (da provare anche in via presuntiva) sia in termini di stravolgimento della vita della vittima secondaria (dimensione dinamico relazionale).
Per quanto riguarda, invece, la complessa prova del danno morale, si fa riferimento al fatto notorio, alle presunzioni, alle massime di comune esperienza.
 
Dal momento che la casistica sul tema è estremamente ampia sono state elaborate le “tabelle milanesi” sulla quantificazione del danno. Esse sono composte da una serie di caselle entro cui i è possibile sussumere il caso considerato.
 
Ad oggi, il principale problema da risolvere, riguarda possibili duplicazioni risarcitorie e la frequente mancanza di uniformità nelle decisioni relative a casi analoghi.
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