Come uscire dalla comunicazione disfunzionale
Nonostante la comunicazione disfunzionale venga utilizzata quotidianamente all’interno dei rapporti, in modo consapevole o inconscia, spesso è in grado di compromettere seriamente le relazioni.
Analizziamo insieme al meglio che cos’è e cosa occorre evitare!
Indice
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Che cos’è la comunicazione disfunzionale
Di certo, la comunicazione è uno dei principali strumenti che permette di esprimere la propria identità ed instaurare legami interpersonali. A volte, purtroppo, le modalità adottate possono causare conflitti e difficoltà di comprensione reciproca.
Il riferimento è alla comunicazione disfunzionale, che avviene quando per inviare un messaggio si utilizza un linguaggio ambiguo e manipolatorio che provoca fraintendimenti, malesseri relazionali e senso di frustrazione. Nei casi più gravi può addirittura portare all’interruzione di rapporti personali.
Ciò accade quando, ad esempio, due persone vivono una situazione di conflittualità e la gestiscono attraverso:
- silenzi;
- provocazioni;
- tentavi d’attacco indiretti all’altro;
- messaggi contradditori ed ambigui.
Come è evidente, quest’atteggiamento invece di porsi come risolutivo, tende ad amplificare la condizione e genera difficoltà di comprensione reciproca, conflitto interno e grande confusione.
A livello generale, la comunicazione è un processo circolare nel quale tutti i membri che vi partecipano si influenzano reciprocamente. Essi, infatti, utilizzano delle regole comunicative condivise, che prendono il nome di assiomi e determinano la natura stessa della relazione. Di conseguenza se queste sono, o diventano nel tempo disfunzionali, incidono in modo negativo sulla dinamica relazionale.
I principali meccanismi della comunicazione disfunzionale
Ad oggi, sono stati riconosciuti cinque principali meccanismi della comunicazione disfunzionale. Nello specifico:
- dissociazione: comunicazione: ognuno attribuisce all’altro un modo di sentire che in realtà corrisponde alle parti più regressive di sé ma non viene riconosciuto. Ad esempio, un partner può negare il proprio sentimento di rabbia, pur di sentirlo lontane da sé, e attribuirlo invece all’altro;
- collusione: le persone, spesso inconsapevolmente, ricoprono dei ruoli fissi nei quali restano intrappolati. Ad esempio, una famiglia che vive nel mito dell’armonia, nega le ambivalenze e attribuisce a ciascuno componente un’identità immobile che impedisce di evolversi e differenziarsi. In questo senso, l’autenticità di ciascuno viene costantemente elusa in favore di una continua simulazione;
- pseudomutualità: tentativo di mantenere un’apparente coesione che si applica evitando conflitti e compromettendo le singole individualità. Le differenze, percepite come pericoli, compromettono un percorso sano di crescita, che necessita della rottura dello status quo e della trasgressione;
- strategia del silenzio: attraverso isolamenti e silenzi che proibiscono la comunicazione si tenta di punire l’altro per una trasgressione;
- occultamento: avviene quando un soggetto si pone in una posizione di superiorità senza rivelare il perché. Mantenere dei segreti garantisce un forte potere e la possibilità di tenere sotto controllo l’altro, reso dipendente e incapaci di svincolarsi.
Il triangolo drammatico
Nel 1968, durante i suoi studi sulla comunicazione disfunzionale, Stephen Karpman ideò il modello del Triangolo Drammatico.
Esso si basa sull’identificazione dei tre ruoli drammatici che è possibile ricoprire all’interno di una relazione a seconda dei propri schemi di comportamento e dinamiche intrapsichiche. Nello specifico:
- persecutore: in una posizione di superiorità rispetto all’interlocutore, si sente superiore e svaluta gli altri;
- salvatore: nella posizione di chi soccorre, aiuta, si rende utile ed è disponibile. Nonostante l’apparenza, cela la convinzione di fondo che gli altri non siano in grado e non abbiano sufficienti capacità;
- vittima: oltre ad essere tale per gli altri, lo è anche per sè stessa, in un processo di auto-svalutazione. Si sente inadeguata, sfortunata o incompresa, e reputa che gli altri siano superiori.
Ciascuno di noi, in base alla diversa circostanza, può assumere in modo interscambiabile tutti e tre i ruoli. Questa rotazione è però caratterizzata da una sensazione di confusione e spiacevolezza, in quanto implica una svalutazione, di sé stessi o degli altri nella dinamica relazionale.
Si tratta, infatti, di un processo di comunicazione disfunzionale che vede alternarsi tre ruoli non autentici, che si fondano su una posizione infantili ed inadeguata, non comprendendo un esame realistico di sé dell’altro e della realtà.
Soluzioni e strategie
Lavorare al fine di creare modelli comunicativi più sani è indispensabile per superare la comunicazione disfunzionale e costruire relazioni caratterizzate da benessere e maggior equilibrio.
In quest’ottica, è necessario:
- prendere consapevolezza dei modelli comunicativi utilizzati: per farlo è necessario osservare in modo oggettivo, o farsi supportare da un esperto per avere un punto di vista esterno, le dinamiche interpersonali problematiche (lavorative, di coppia, famigliari, etc);
- indagare sulla propria realtà emotiva: a volte accade che le emozioni non vengano gestite in modo adeguato ma scaricate sugli altri tramite rabbia, silenzio etc. Lavorare su questi aspetti può essere di grande aiuto per porre fine alla problematica;
- definire il proprio spazio all’interno della relazione: spesso la comunicazione disfunzionale sorge quando non sono presenti confini definiti e, di conseguenza, avviene un’invasione degli spazi mentali altrui;
- esprimersi in modo diretto ma costruttivo, di modo che il messaggio inviato venga recepito in modo chiaro e corretto, senza creare confusione, ambiguità e confusione.
In definitiva, una comunicazione costruttiva richiede dunque la conoscenza del proprio ruolo, la cui consapevolezza consente di valicarlo e divenire coscienti del modo in cui ci si approccia all’altro nelle relazioni.
Come abbiamo visto insieme, abbandonare questi circoli viziosi comunicativi disfunzionali può portare ad una maggiore serenità ed equilibrio.
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