Candidarsi per un posto di lavoro in Gran Bretagna e differenze rispetto all'Italia
Trovare un lavoro in Gran Bretagna può essere una grande opportunità di crescita professionale. Tuttavia, la candidatura per il posto di lavoro può avere regole diverse rispetto a quelle che conosciamo in Italia.
Dunque, quali sono le differenze? Proviamo a vederle insieme!
Candidarsi per un posto di lavoro in Gran Bretagna
La forte presenza italiana in area anglosassone non è una novità recente, ma può essere riscontrata già da diverso tempo. L’evento che doveva disincentivare i trasferimenti, la Brexit, non ha sortito l’effetto previsto: come ottimamente rappresentato nel Rapporto Italiani nel mondo 2021, redatto dalla Fondazione Migrantes, le iscrizioni all’AIRE da parte degli italiani sono aumentate di oltre il 30% rispetto all’anno precedente. Le cause di un fenomeno di tale portata sono da ascrivere, almeno in parte, alle numerose opportunità lavorative che la Gran Bretagna riesce a offrire ai giovani stranieri.
Voglia di darsi da fare, dunque, ma non solo. Coltivare e portare avanti un’esperienza all’estero può significare un aumento delle proprie possibilità lavorative: i recruiter, soprattutto se operanti per conto di aziende più strutturate, rivolgono un’attenzione particolare ai periodi che i candidati trascorrono fuori dai confini nazionali. Esperienze di questo genere si traducono in soft skills molto richieste, dal problem solving alla gestione dello stress. Consentono, inoltre, di sviluppare una delle hard skills di cui ad oggi non è possibile fare a meno: la conoscenza della lingua inglese. La summa di questi fattori è alla base del fenomeno di emigrazione a cui si sta assistendo ormai da diversi anni.
I recruiter di Italia e Gran Bretagna, tuttavia, non giocano secondo le stesse regole. Inviare una candidatura efficace, composta da curriculum vitae e lettera di presentazione, è un processo che deve essere differenziato in base al Paese.
Le differenze rispetto all’Italia
Una qualsiasi candidatura, che sia spontanea o specificamente rivolta a un annuncio di lavoro, non può che partire da un buon curriculum vitae. Quest’ultimo si struttura in modo molto simile nei due Paesi, ma con alcune differenze tutt’altro che marginali. Bisogna, tuttavia, prestare attenzione al formato: nonostante l’Europass sia ampiamente riconosciuto, non viene gradito molto dalle aziende private, che preferiscono un documento più asciutto e piacevole da leggere.
Generalmente organizzato su due colonne, le informazioni al suo interno seguono una precisa gerarchia, volta a evidenziare gli aspetti professionali più importanti. Un profilo in cui ci si presenta, la formazione e l’esperienza lavorativa sono solo alcune delle sezioni che non possono mancare. Il nome e il cognome del candidato devono essere riportati in alto, in bella vista, ma nel curriculum in inglese non deve mai essere inserita la fotografia.
In Italia, al contrario, si tratta di una prassi benaccetta, sebbene non obbligatoria. In alcuni casi può persino aumentare la probabilità per un candidato di essere preso in considerazione dal recruiter. La norma anglosassone si deve alla volontà di evitare qualsiasi tipo di discriminazione, non essendo l’aspetto del candidato un parametro utile e valutabile ai fini della sua assunzione. Per lo stesso motivo, è preferibile escludere altre informazioni personali, come la data di nascita, il sesso e la nazionalità.
Un elemento che riveste invece molta importanza, e che in Italia è pressoché assente, sono le referenze. In questa sezione vanno inseriti i nominativi, con relativa posizione lavorativa, delle persone che possono essere contattate per avere feedback sul candidato. Devono essere informate preventivamente ed esprimere il loro assenso a comparire come referees. Questo ruolo può essere attribuito a figure che siano state significative tanto in un contesto lavorativo quanto in uno accademico.
Ma una candidatura non è fatta solamente di curriculum: anche la lettera di presentazione deve essere studiata e redatta con dovizia di attenzione. La ricerca di cvapp.it, Come differiscono le lettere di presentazione da Paese a Paese, mostra in modo particolareggiato come questa si vada a differenziare. Tra i dati che emergono, uno appare più utile degli altri: il primato inglese – assieme a quello belga – nell’utilizzo di formule di cortesia. Dare un preciso tono al testo non è un’operazione scontata, e in questo caso deve essere messa in pratica perseguendo un obiettivo preciso. Nella lettera bisognerà presentarsi in modo chiaro e conciso, evidenziando i propri punti di forza e le proprie competenze, ma mantenendo sempre un tono educato e formale.