Blacklist: definizione fiscale ed elenco dei Paesi
Il termine blacklist, traducibile in italiano come lista nera, viene oggi utilizzato in una serie di ambiti specialistici (tra cui, e forse più famosamente, quello informatico). Con il passare del tempo, esso è anche entrato a far parte del linguaggio comune, in origine presso i paesi anglofoni, e successivamente anche nel resto del mondo. Non è difficile, infatti, al giorno d’oggi, quando si sente nominare una parola come lista nera o blacklist, che ciò evochi molto velocemente un’immagine ben precisa. Una lista di cose, nomi, concetti, azioni, o altro, in qualche modo proibite, bannate, insomma da evitare per un motivo o per l’altro.
La blacklist fiscale
Mentre non è difficile intuire il significato del termine blacklist nel contesto, ad esempio, dell’informatica (caso in cui si riferisce ad una lista di elementi o utenti che non hanno accesso ad un determinato file, sito, o altro, o insieme di essi), quando si tratta di fisco non è per nulla scontato riuscire a coglierne il senso al primo tentativo. Ebbene, nel contesto fiscale italiano, il termine blacklist fa riferimento alla lista di paesi che vengono comunemente chiamati ‘paradisi fiscali’. Paesi nei quali, i governi di riferimento impongono tasse sostanzialmente più basse rispetto a quelle previste nel territorio italiano. Si tratta di paesi in cui vige un cosiddetto regime fiscale privilegiato, ovvero dove si pagano tasse nettamente inferiori. Per essere più precisi, come stabilito dalla legge italiana, per far sì che un paese entri a far parte di tale lista, esso deve imporre un cosiddetto ‘livello nominale di tassazione’, sulla singola attività commerciale o individuo, uguale o inferiore al cinquanta per cento di quello imponibile in Italia. In sintesi, qualunque paese del mondo in cui si paghi un corrispondente di tasse uguale o minore della metà, rispetto a quanto si paghi in Italia, è riconosciuto come paradiso fiscale. Tale paese rientra di conseguenza nella cosiddetta Blacklist compilata per conto dell’Agenzia delle Entrate dello Stato Italiano.
Per essere più precisi, però, occorre specificare che esiste anche una blacklist relativa ai soggetti fisici, e non alle attività soggette a oneri fiscali, di paesi in cui le tasse sono molto basse (se non addirittura nulle). Tale lista è molto più lunga e presenta criteri leggermente differenti per l’assegnazione o meno, verso un paese, del titolo di ‘paradiso fiscale’. In questo articolo, ci concentreremo sulla blacklist che interessa i possessori di partita IVA, e il mondo del fisco relativo alle attività commerciali. Ciò nonostante, riteniamo doveroso riportare l’esistenza di questa differenziazione.
L’Unione Europea stabilisce chi appartiene alla lista nera
A partire dal 2017, grazie ad una legge approvata dall’UE nello stesso anno, tutti gli Stati membri dell’Unione non sono più responsabili della redazione delle proprie blacklist ‘interne’. Al contrario, devono attenersi ad una sola, unica lista compilata e approvata a livello europeo. Ciò facilita di gran lunga i processi di identificazione e di eventuali ricorsi giuridici relativi all’evasione fiscale, non solo a livello nazionale ma anche dell’intera UE. Per quel che riguarda invece le specifiche normative, stipulate dai singoli Stati membri, riguardanti le interazioni fiscali con i paesi che rientrano nella blacklist, l’Unione lascia liberi i singoli enti governativi nazionali di procedere come meglio credono. Viene incoraggiata, da parte dell’UE, una politica severa nei confronti degli scambi commerciali e relativi procedimenti. Nonostante ciò, le decisioni ultime vengono comunque lasciate in mano ai singoli Stati membri.
Elenco dei paesi presenti nella Blacklist
Ad oggi, fanno parte della blacklist dell’Unione Europea i seguenti stati:
- Isole Samoa Americane
- Isole Vergini Americane
- Isole Marshall
- Isole Fiji
- Samoa
- Guam
- Trinidad e Tobago
- Barbados
- Emirati Arabi Uniti
- Aruba
- Belize
- Bermuda
- Dominica
- Vanatu
- Oman
Come abbiamo visto prima, l’Italia, in quanto stato membro dell’Unione Europea, resta libera di interagire come meglio crede con gli stati sopraelencati. Nell’interesse dei commercianti italiani è sapere che, visti i regimi fiscali privilegiati che caratterizzano tali stati, è possibile che alcuni tipi di attività fiscale da e verso di essi possa essere soggetto di regolamentazioni di qualche tipo da parte dell’Agenzia delle Entrate. Nonostante, dal 2017, non sia più obbligatorio comunicare all’Agenzia delle Entrate le transazioni da e verso tali paesi, è bene tenersi informati riguardo future possibili variazioni.
Per ora, l’Italia non interferisce con le attività fiscali che riguardano gli stati appartenenti alla blacklist.