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Caporalato: reato, vittime e azioni contro lo sfruttamento del lavoro

Caporalato: reato, vittime e azioni contro lo sfruttamento del lavoro

Caporalato
  • Sara Elia
  • 14 Luglio 2025
  • Guide
  • 4 minuti

Caporalato: un reato che nel mercato del lavoro colpisce i più deboli

Il caporalato è una forma di sfruttamento lavorativo illegale, spesso legata al lavoro agricolo e alla manodopera stagionale, che rappresenta una delle piaghe più gravi del mercato del lavoro in Italia. L’introduzione del reato di caporalato, sancita con la legge n. 148 del 2011 e successivamente riformata in modo significativo con la legge n. 199 del 2016, ha segnato una svolta importante nella lotta contro lo sfruttamento e l’intermediazione illecita di manodopera.

Grazie a questo quadro normativo, oggi è possibile perseguire penalmente non solo i cosiddetti caporali – intermediari che reclutano e gestiscono i lavoratori in modo illecito – ma anche i datori di lavoro che ne traggono vantaggio, consapevolmente o meno. Il fenomeno, tuttavia, è ancora diffuso in diverse zone del Paese e non riguarda solo l’agricoltura, ma anche l’edilizia, la logistica e altri settori ad alta intensità di lavoro manuale.

Ma che cos’è esattamente il caporalato? Come si configura dal punto di vista giuridico e in quali casi si applica la normativa?
In questo articolo analizziamo insieme nel dettaglio il significato del termine, il quadro legislativo attuale, le conseguenze per chi lo pratica e gli strumenti messi in campo per contrastarlo.

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Che cos’è il caporalato

Il caporalato è un fenomeno di intermediazione illegale tra datore di lavoro e lavoratore, nel quale il primo recluta manodopera, tendenzialmente in situazioni di difficoltà economica o senza permesso di soggiorno, al fine di impiegarla presso terzi in condizioni peggiorative e sfavorevoli.
Queste condizioni di sfruttamento sono legate a contesti lavorativi a salariali in netto contrasto con le garanzie che la legge prevede a tutela dei diritti degli stessi.
 
In particolare:
  • è presente un’elusione e una violazione delle regole del diritto del lavoro;
  • non sono garantite le misure di sicurezza;
  • il guadagno è di somme esigue, pari a 4 o 5 euro all’ora;
  • non vengono versati né contributi né altre forme di assistenza.
Come è evidente, da parte dei datori di lavoro il risparmio è considerevole. Il caporale è infatti un mediatore illecito, procacciatore di manodopera, che sfrutta la situazione di disagio di alcune fasce della popolazione che non hanno altra alternativa che dedicarsi ad attività con metodi poco ortodossi.
 
Ad oggi, il caporalato assume forme diverse in base all’area territoriale: meridione riguarda prevalentemente l’attività agricola, mentre nel Italia del Nord concerne per lo più l’attività edilizia. 
 
Questo fenomeno denota una vera e propria crisi di sistema, che incide fortemente sull’economia portando a:
  • evasione fiscale;
  • crisi della domanda di lavoro;
  • rilevanti ripercussioni sulla filiera agricola.

Storia delle leggi contro il caporalato

Prima del 2011 il caporalato non era punito con pene severe.  Nello specifico:
 
  • riforma Biagi (2003): introduce due fattispecie di reato quali l’intermediazione illecita, o caporalato di primo livello, e l’interposizione illecita e fraudolenta, o caporalato di secondo livello.. Il primo veniva punito con l’arresto fino a sei mesi e l’ammenda fino a 7.500 euro, mentre il secondo con 70 euro per ogni lavoratore irregolare e per ogni giornata di lavoro. Tuttavia, la sua applicazione risulta molto difficoltosa;
  • legge del 2011 e riforma del reato art. 603 bis del codice penale: approvata a seguito di rivolte di braccianti e dalla procedura di infrazione avviata dall’’Unione europea. Gli Stati membri hanno l’obbligo di introdurre norme minime contro i datori di lavoro che impiegano mano d’opera di paesi terzi senza titolo di soggiorno regolare;
  • la legge n. 199 del 2016, riforma che riscrive la legge per ampliarla ed è volta a rafforzare la lotta contro lo sfruttamento del lavoro in nero. Essa estende le sanzioni previste per gli intermediari anche al datore di lavoro. Tra le novità introdotte: la sanzione al datore di lavoro che approfitta dello “stato di bisogno” del lavoratore, l’obbligo di arresto in flagranza, l’utilizzo della confisca di prodotti e profitti e l’adozione di misure cautelari contro l’azienda in cui è commesso il reato.

Sanzioni previste

Grazie alla legge del 2016, il reato di caporalato prevede la pena della reclusione da 1 a 6 anni e una multa tra i 500 e i 1.000 euro per ciascun lavoratore reclutato, nei confronti di chi si occupa di:
 
  • reclutare manodopera allo scopo di destinarla al lavoro presso terzi in condizioni di sfruttamento;
  • approfittare dello stato di bisogno dei lavoratori;
  • utilizzare, assumere ed impiegare lavoratori mediante l’attività di intermediazione, in riferimento sia al caporale sia al datore di lavoro.
In particolare, gli indici di sfruttamento riconosciuti come tali dalla normativa sono:
 
  • retribuzioni difformi dai contratti collettivi nazionali o sproporzionate rispetto alla quantità e qualità di lavoro prestato;
  • orario di lavoro superiore a quello ordinario;
  • condizioni lavorative degradanti;
  • violazioni delle norme in materia di sicurezza e igiene nei luoghi di lavoro.
In questo contesto, per le aziende che usufruiscono del caporalato è previsto:
  • controllo giudiziario;
  • sequestro dell’impresa;
  • affiancamento all’imprenditore di un amministratore giudiziario, scelto dal giudice dall’Albo, che si occupa di gestire l’azienda, autorizzando svolgimento di atti.
Quest’ultimo istituto avviene quando sia fondamentale che l’azienda in questione continui ad operare, in quanto una sua eventuale interruzione comporterebbe un significativo pregiudizio per l’attività e ripercussioni negative sull’occupazione generale. 

Supporto ai lavoratori

La legge contro il caporalato del 2016 ha previsto anche alcune modalità per garantire supporto ai lavoratori, in particolare quelli stagionali che si occupano dell’attività di raccolta dei prodotti agricoli. 
 
Nello specifico, è stato introdotto un piano di interventi, adottato di intesa tra più ministeri e le Regioni che prevede:
 
  • misure per la sistemazione logistica e il supporto ai lavoratori, che coinvolge enti locali e rappresentanti dei datori di lavoro e dei lavoratori del settore;
  • collaborazioni con le sezioni territoriali della Rete del lavoro agricolo di qualità, il registro in cui sono iscritte tutte le imprese agricole del settore;
  • modalità sperimentali di collocamento agricolo modulate a livello territoriale;
  • ampliamento del catalogo dei reati ostativi all’iscrizione;
  • concessione del permesso, ai soggetti autorizzati al trasporto di persone di stipulare convenzioni con la Rete del lavoro agricolo per consentire il trasporto stesso dei lavoratori;
  • modifica alla cabina di regia della Rete e alle relative mansioni;
  • aggiunta di ulteriori requisiti per le imprese agricole che intendano partecipare alla rete;
  • attuazione del Libro Unico del Lavoro tramite l’adozione del sistema UNIEMENS al lavoro agricolo.
Infine, stato disposto che le sanzioni amministrative legate alla violazione delle citate materie possono anche non essere definitiva senza che ciò precluda il divieto di iscrizione.
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