WhatsApp: le chat valgono come prova in giudizio
La comunicazione moderna è principalmente basata sull’uso di dispositivi informatici e viaggia, ormai, tramite chat e messaggistica simultanea, WhatsApp in primis. A questo proposito, negli ultimi tempi anche la giurisprudenza si è adeguata ai nuovi usi e costumi e iniziano a far notizia le cause legali che si sono risolte proprio grazie alla prova delle conversazioni estrapolate dal cellulare o dal pc.
Le chat WhatsApp come prova in giudizio
Quando si cita qualcuno in giudizio, accusandolo di aver commesso un illecito o un reato, è necessario presentare al giudice adeguate prove di quanto si sta affermando. Al giorno d’oggi, molto spesso, queste si trovano archiviate nel cellulare, diventato ormai la scatola nera di ognuno di noi. Una volta le chat non erano tenute in considerazione perché considerate un mezzo comunicativo falsante della realtà. Ultimamente, invece, la giurisprudenza ha riconosciuto l’importanza dei nuovi mezzi comunicativi e li ha affiliati a pieno titolo alla vita reale. In parole semplici, se una volta si pensava che “in chat si può dire ciò che si vuole” adesso non è più così. I primi sentori di questa inversione di pensiero sono stati riscontrati seguendo i grandi ed importanti processi mediatici nei quali, sempre più spesso, si è parlato di celle telefoniche, profili di Facebook e conversazioni WhatsApp per ottenere importanti informazioni e dati su presunti assassini o sulle vittime di omicidio o sequestro.
Esempi di inammissibilità in giudizio di chat WhatsApp
Restando nell’ambito di una giurisprudenza quotidiana, ci sono stati due casi, ultimamente, in cui le chat hanno rappresentato la prova finale per la decisione del giudice. La sentenza 5510 del 6/03/2017, per esempio, ha addebitato interamente il divorzio ad un marito, incastrato proprio dalle conversazioni WhatsApp con la sua amante. Un altro caso interessante è quello di un uomo di Ravenna, che è riuscito a farsi restituire i soldi prestati all’ex fidanzata per acquistare una macchina proprio presentando al giudice le conversazioni WhatsApp, in cui lei giurava che glieli avrebbe restituiti. In conclusione, oggi come oggi ciò che scrive tramite social e messaggistica sta assumendo, sempre più prepotentemente, un risvolto di ufficialità molto importante. Da un lato questo potrebbe essere un utilissimo strumento tutelativo, dall’altro impone a tutti una riflessione ed un uso più consapevole della tecnologia, che non può più essere considerata un gioco o un modo per vivere vite parallele.