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Università: a dicembre 2022 immatricolazioni ancora in calo

Università: a dicembre 2022 immatricolazioni ancora in calo

universita dicembre 2022 immatricolazioni calo
  • Sara Elia
  • 2 Febbraio 2023
  • Scuola e università
  • 4 minuti

Università: a dicembre 2022 immatricolazioni ancora in calo

Il Ministero dell’Università ha reso noti dei dati molto preoccupante a riguardo delle immatricolazioni. Le matricole risultano essere in calo del ben 2% rispetto all’anno precedente.

Analizziamo insieme la situazione e le possibili cause.

Indice
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Immatricolazioni al 2%

I dati relativi alle immatricolazioni all’anno accademico 2022-2023 sono preoccupanti. A dicembre ne sono state registrate infatti 295mila. E quindi meno 2% rispetto all’ anno precedente.
 
Le cifre certificano oltre 6 mila iscritti in meno. Nello specifico:
  • meno 6mila unità (2%) rispetto al 2021/2022;
  • immatricolazioni di 295.660 studenti di cui 129.085 uomini e 166.575 donne;
  • quasi 17mila in meno (5,4%) rispetto al biennio precedente: nell’anno accademico 2021/2022 le immatricolazioni arrivavano a 301.776 (di cui 169.981 maschi e 131.795 femmine).
Nota positiva, c’è da sottolineare che i dati sono relativi in quanto le immatricolazioni in fieri. Potrebbero dunque ancora registrarsi variazioni.
Resta comunque il fatto che, ad oggi, gli immatricolati ai corsi delle Università sono in minor numero soprattutto in Meridione.
 

Immatricolazioni per aree di studio e regioni

Per l’anno accademico 2022/2023 le immatricolazioni si sono registrate:
  • corsi STEM: 91.625 di cui 36.373 ragazze; 
  • Scienze, Ingegneria, Tecnologia e  Matematica: 93.913 studenti di cui 37.076 donne. 
  • facoltà letterarie: dai 57.285 del 2021/2022 ai 55.789 del 2022/2023;
  • ambito sanitario: passati da 48.252 a 45.908;
  • area economica, giuridica e sociale: 102.326 del 2022 ai 102.338 del 2023.
Per quanto riguarda invece le regioni di appartenenza gli atenei meridionali sono meno frequentati da nuove immatricolazioni. Il decremento è di mezzo punto percentuale sul biennio e di 0,2 punti in 12 mesi. In totale, le università del Sud accolgono oggi il 27,8% dei 295.660 immatricolati nel 2022/2023. Alcune facoltà sono addirittura a rischio chiusura per il bassissimo numero di nuovi iscritti.
 

Facoltà a rischio chiusura

Alcune università sono a rischio chiusura per le immatricolazioni troppo basse. In base ai dati la situazione causata dal calo delle iscrizioni è sempre più allarmante. Osserviamo l’attuale classifica dei principali Atenei a rischio chiusura in Italia:
  • Sannio
  • Foggia
  • Casamassima – LUM
  • Salento
  • Salerno
  • Bari
  • Bari Politecnico
  • Napoli II
  • Basilicata
  • Roma UNINT
  • Cagliari
  • Napoli l’Orientale
  • Napoli Benincasa
  • Messina
  • 
Molise
  • Napoli Federico II
  • 
Enna – KORE
  • Napoli Parthenope
  • Sassari
  • Perugia Stranieri
  • Roma Biomedico
  • Catania
  • Roma Europea
  • Reggio Calabria
  • L’Aquila
  • 
Roma Foro Italico
  • Macerata
  • Chieti e Pescara
  • Roma LUMSA
  • Marche
  • Teramo
  • Calabria
  • Castellanza LIUC
  • Aosta
  • Milano San Raffaele
  • Roma LUISS
  • Torino Politecnico
I dati sono da leggere considerando sopra il 10% del calo iscrizioni.
 

Cause e motivi del calo di nuove iscrizioni

Il calo delle immatricolazioni presso le università italiane purtroppo non stupisce. L’Italia si colloca infatti in penultima posizione a livello europeo per numero di laureati tra i 25 e i 34 anni, superata solo dalla Romania. 
 
Secondo le analisi del Censis, le principali motivazioni che portano i  giovani a cercare strade alternative all’università sono:
  • disponibilità economica inadeguata rispetto ai costi da sostenere;
  • alto numero di fuorisede che devono sostenere anche costi d’affitto e/o trasporto;
  • strutture non adeguate;
  • conseguenze portate dalla pandemia del 2020;
  • crisi economica che alimenta la sfiducia per il futuro;
  • aumento dei Neet;
  • integrazione degli stranieri;
  • calo demografico;
Il calo demografico attualmente registrato dal Censis nell’anno corrente è allarmante. Il 56esimi rapporto sulla situazione sociale del Paese rilascia dati non di certo promettenti. Se la situazione dovesse procedere allo stesso modo, o peggiorare, ci saranno conseguenze estreme per il futuro. Scuole e università con pochissimi studenti.
 

Correlazione tra calo demografico e università

Il problema principale della crisi demografica si ripercuote innanzitutto in ambito educativo. Secondo i dati ISTAT l’effetto del calo demografico avrà profonde conseguenze in tempi brevi sulle immatricolazioni in Italia. Nei prossimi venti anni è previsto che la popolazione compresa tra i 18 e i 20 anni diminuisca fino a diventare l’85% di quella del 2021. Inoltre, la quota degli immatricolati a facoltà universitarie potrebbe ridursi a 260.000 persone. Proseguendo con previsioni ancora a più lungo termine, possiamo affermare che entro il 2040 potrebbero non esserci più iscritti. 
 
È quindi necessario porre delle modifiche al sistema scolastico per disincentivare questo deficit. E quindi:
  • dare agli Atenei maggior internazionalizzazione;
  • garantire un’offerta più ampia;
  • procedere con politiche inclusive;
  • orientare per tempo e attraverso un ampio dialogo informativo.

Dispersione degli studenti tra Neet ed integrazione degli stranieri

La scuola italiana è alle prese con i problemi causati di immatricolazione. Il tasso di dispersione è infatti estremamente alto. I giovani 18-24enni escono con troppa rapidità dal sistema di istruzione e formazione.
Il Paese detiene inoltre il primato europeo per il numero di Neet, i giovani che non studiano nè lavorano. Il 23,1% dei 15-29enni a fronte di una media Ue del 13,1%. E nelle regioni del Mezzogiorno l’incidenza sale al 32%.
 
Un’altra problematica evidente è quella sull’integrazione degli alunni di nazionalità non italiana. In base all’indagine del Censis nelle Università a elevata presenza di stranieri (oltre il 15%):
  • 19,5% ritiene il livello di integrazione completamente soddisfacente;
  • 35,5% non ha riscontrato alcuna criticità di integrazione;
  • 53% ha affrontato problematiche di vario tipo.
Come abbiamo visto insieme le problematiche sono molte e la gestione non semplice. Non resta che attendere nuovi dati per capire come procederà la situazione.
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