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Le start up in lotta contro i deepfake

Le start up in lotta contro i deepfake

deepfake - le start-up contro i deepfake
  • Sara Elia
  • 16 Aprile 2024
  • News
  • 4 minuti

Le start up in lotta contro i deepfake

Al giorno d’oggi il problema dei deepfake e il conseguente rischio di disinformazione sta raggiungendo una consistenza sempre più ampia. Per questo motivo, le startup tentano di arginare la sovrapposizione tra contenuti originali e falsi. 

Analizziamo al meglio insieme come!

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Che cos’è un deepfake

Il web offre una miriade di immagini e video con cui ognuno di noi percepisce la realtà che lo circonda.
Ma i deepfake e i deepnude ci mettono davanti alla consapevolezza che non sempre questo materiale è autentico. La rete, infatti, permette di inserire e pubblicare contenuti senza necessità di autorizzazioni.
 
In questo contesto è nato il fenomeno dei deepake.
 
Il significato del fenomeno è essenzialmente la manipolazione di immagini e/o video volte a creare una alterazione delle medesime.
La parola nasce dall’unione dei termini “fake” e “deep learning”. Per via delle tecnologie attuali, risulta piuttosto semplice modificare contenuti reali ricreando caratteristiche. Usando software dotati di Intelligenza Artificiale, infatti, si possono ricreare immagini realistiche, imitando movimenti del corpo e persino voci.
Il risultato sarà la nascuta di una nuova immagine e/o video che ritrae la vittima in una situazione scomoda o diffamatoria che nella realtà non è mai avvenuta.
 
Molto simile al deepfake, il fenomeno del deepnude. Esso consiste nel ricreare, manipolando immagini e/o video di persone ignare, dei fotomontaggi in cui il soggetto ritratto è nudo o in pose esplicitamente sessuali.
 
Questi falsi digitali sono una violazione della sfera privata e possono ledere in modo grave l’immagine della persona vittima dell’imitazione. Per non parlare del problema conseguente, ovvero il pagamento di una somma di denaro per evitare che siano divulgate immagini lesive della sua persona.

Allarme deepfake

L’intelligenza artificiale non è una semplice innovazione, ma una vera e propria rivoluzione. Nuove pratiche permettono non solo un nuovo modo di pensare e di vedere la realtà, ma anche per ingannare l’utente e creare disinformazione.

Questo l’allarme lanciato dal World Economic Forum nel report sui rischi globali 2024.
Il rapporto, basato sulle opinioni di oltre 1.400 esperti, politici e leader internazionali, sottolinea il nesso tra informazioni falsificate e disordini sociali. L’instabilità è infatti sempre più dettata da narrazioni polarizzanti.

A seguire in classifica, condizioni meteorologiche estreme e cambiamenti critici nei sistemi.

A causa del fenomeno dei deepfake, nulla è come sembra. Questa tecnica di sintesi dell’immagine umana basata su AI che combina contenuti multimediali esistenti con video/immagini originali, ha ormai acquisito effetti devianti. In questo modo, infatti, bufale e truffe si stanno moltiplicando sempre di più.

In passato solo i governi e i potenti potevano manipolare l’opinione pubblica presentando bugie come verità. Oggi lo può fare chiunque abbia accesso a Internet perché la nozione stessa di verità si è frammentata.

Narrazione e percezione della realtà sono già di per sé condizionate da ciò che si vuole vedere. Oggi la tecnologia intensifica quest’aspetto creando qualcosa di verosimile da far rientrare nella finestra di attenzione, ponendoci in errore. I deepfake traggono in inganno e non ci permettono di distinguere il vero dal falso.

Una maggiore consapevolezza sul problema dei deepfake

Per fortuna, ad oggi, è nettamente aumentata la consapevolezza della problematica dei deepfake. Ciò ha portato la gente a dubitare di tutto, riuscendo spesso a intercettare eventuali artefatti.
Se prima queste creazioni erano appannaggio di pochi soggetti governativi, ora qualsiasi utente può crearsi il proprio mondo. Quello che accade, infatti si sta diffondendo ai consumatori finali, fatto che fino a pochi fa non sarebbe accaduta.
 
C’è quindi stata un’evoluzione da parte di molti utenti nel fare debunking, ovvero sbugiardare e smentire notizie false e dubbie. L’illusione che immagini e video siano veri è stata ormai persa da un pezzo.
Chi lavora in ambito cybersecurity si sta inoltre dando da fare per trovare algoritmi capaci di riconoscere le immagini manipolate ed evitare la diffusione di questo fenomeno.
 
Quello che ciascuno di noi può fare, come singolo, è provare a combattere il nascere di ogni tipo di violenza o azione illegale tramite un’educazione composta da rispetto ed insegnamento dei diritti umani.
 
Il Garante della privacy si è premurato tramite una scheda informativa  di sensibilizzare le persone alla tutela. L’attenzione viene posta su rischi e danni legati a un utilizzo improprio della tecnologia, con particolare attenzione ai minorenni. Le lesioni alla privacy, alla dignità e all’immagine dei singoli, possono infatti essere deleterie e i danni irreparabili sono amplificati in caso di una circolazione incontrollata di tale materiale.

Sistemi utilizzati dalle startup in difesa

Ad oggi, criminali informatici e malintenzionati hanno a disposizione tutti gli strumenti per produrre materiale capace di disinformare. L’intelligenza artificiale è infatti una tecnologia sempre più diffusa e facile da utilizzare
 
Alla luce del problema, si stanno moltiplicando sempre di più start up in grado decodificare la realtà nel contesto dell’informazione sociale. Tra queste, spicca soprattutto, l’israeliana Clarity. L’azienda innovatrice ha sviluppato un software per contrastare e provare a decodificare i deepfake e, ad ora, ha guadagnato già 16 milioni di dollari.
 
Nello specifico, la società è al lavoro su una tecnologia in grado di individuare le tracce di AI generativa in video, audio e altri contenuti in grado di inquinare il dibattito pubblico.
Clarity è al momento anche in fase di collaborazione con il governo di Israele per verificare filmati e materiale che circolano online.
La startup intende infine offrire il proprio software anche come strumento di verifica anche all’interno delle testate giornalistiche. Spesso, infatti, quotidiani, tv e radio riportano contenuti che poi si rivelano manipolati e falsi.
 
Il problema non sta però soltanto nella capacità dei giornalisti di fare le dovute verifiche, ma anche nella sempre più fine verosimiglianza dei materiali che circolano.
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Sara Elia
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