Settimana lavorativa corta: favorevole il 50% dei lavoratori
La settimana lavorativa corta è un tema dibattuto in ambito del diritto del lavoro. Alcuni Paesi europei stanno sperimentando la possibilità di ridurre il numero di giorni della settimana lavorativa, senza intaccare lo stipendio abituale o riducendo di poco.
Anche in Italia si possono notare delle aperture in questo senso, sia da parte delle organizzazioni sindacali che dalle forze politiche. Inoltre, ci sono alcune aziende che la stanno sperimentando nelle loro sedi.
Lo studio di ADP Research Institute ha mostrato che su un campione di 2 mila lavoratori italiani, ben il 56% di essi vorrebbe lavorare meno giorni alla settimana, anche al costo di lavorare più ore di fila. Il motivo? Avere più tempo libero per sé stessi da spendere con le persone care o svolgendo le attività lavorative preferite.
Sebbene ci siano dei vantaggi anche per le aziende, come la riduzione dei costi di mantenimento degli uffici, una modifica così repentina della tradizionale organizzazione del lavoro non è possibile. Infatti, quella che deve cambiare ancor prima è la cultura aziendale e il rapporto tra attività e dipendenti.
Chi vuole la settimana lavorativa corta
La settimana lavorativa corta si sta ponendo come la nuova frontiera da sdoganare nell’ambito lavorativo. Come in passato le manifestazioni, gli scioperi e le occupazioni delle fabbriche hanno portato all’attuale regolamentazione delle ore di lavoro, oggi si discute (pacificamente) sulla possibilità di fare un passo in più. Stando alla ricerca di ADP Research Institute all’interno del proprio studio “People at Work 2022: A Global Workforce View ” a desiderare la settimana lavorativa corta sono migliaia di lavoratori da tutto il mondo.
La ricerca è stata svolta intervistando circa 33mila lavoratori provenienti da 17 Paesi, di cui circa 2 mila erano italiani. Ebbene, stando alle dichiarazioni degli intervistati italiani, ben il 56% di questi sarebbe disposto a passare alla settimana lavorativa di 4 giorni, anche aumentando il numero di ore di lavoro nei restanti giorni della settimana.
Il desiderio di recuperare il proprio tempo è così forte che il 35% sarebbe perfino disposto a vedere il proprio stipendio ridotto, mentre il 26% degli intervistati potrebbe acconsentire a una riduzione del 10% circa per avere maggiore flessibilità nell’organizzazione e più libertà nella scelta delle ore in cui lavorare, anche se dovesse suddividere il tempo nei canonici 5 giorni.
Quello che appare evidente da questi dati è un sempre più chiaro il bisogno di trovare un nuovo equilibrio tra vita privata e vita lavorativa e questo equilibrio passa sicuramente dalla possibilità di avere più tempo a disposizione o una maggiore flessibilità nell’organizzazione del proprio lavoro. Questo, infatti, non dovrebbe essere più misurato in base al tempo, quanto, piuttosto, in base alle effettive prestazione e risultati. Quando possibile. Infatti, ci sono alcune categorie di lavoro che non possono usufruire di molte possibilità come lo smart working: in questi casi la settimana lavorativa corta e la possibilità di lavorare su turni è particolarmente sentita.
La situazione in Italia
Abbiamo accennato al fatto che l’Italia non si sta chiudendo alla possibilità di sperimentare la settimana lavorativa corta. Attualmente in media un lavoratore full-time lavora 5 giorni alla settimana per 8 ore, per un totale di 40 ore settimanali. In un anno, quindi, il tempo dedicato alle attività lavorative è di circa 1760. Rispetto alla media europea, gli italiani lavorano circa 100 ore in più.
Tra le varie voci che si sono mostrate favorevoli alla sperimentazione e all’introduzione della settimana lavorativa corta, si distinguono quella del segretario della CIGL Maurizio Landini, seguita a ruota da CISL e UIL.
Anche sul fronte politico non mancano figure che si sono mostrate attente al tema. Nell’attuale governo, il ministro delle Imprese del Made in Italy, Adolfo Urso, si è mostrato interessato a intavolare un dialogo. Tuttavia, non ha mancato di segnalare l’importanza di agire con cautela, ponendo particolare attenzione al Mezzogiorno. Il rischio, infatti, potrebbe essere che molti lavoratori dal Sud Italia si spostino nelle regioni che offrono soluzioni più flessibili, rafforzando l’emigrazione.
Ci sono poi, alcune imprese che hanno deciso autonomamente di testare la settimana lavorativa corta nei propri uffici. Tra queste, si distingue l’Intesa Sanpaolo. A seguito di un accordo con i sindacati ha offerto ai dipendenti che volessero partecipare alla sperimentazione di poter lavorare soltanto per 4 giorni alla settimana per 9 ore al giorno. Inoltre, sempre nell’accordo, è stata messa a disposizione la possibilità di lavorare in smart working fino a un massimo di 120 giorni in un anno, nonché una maggiore flessibilità nell’orario. La partecipazione alla sperimentazione è su base volontaria.
La sperimentazione in Inghilterra
La ragione per cui anche in Italia si sta così tanto parlando della settimana lavorativa corta è la pubblicazione del report in cui sono stati esposti i risultati della sperimentazione della settimana lavorativa corta in alcune aziende inglesi.
La sperimentazione ha avuto una durata di sei mesi, iniziata nel settembre del 2022 e conclusasi nella sua prima parte nel febbraio 2023 e troverà il suo pieno compimento nel novembre 2023. A essere coinvolti in questa sperimentazione sono gruppi di ricercatori indipendenti che fanno capo alle Università di Oxford, Cambridge e al Boston College, negli Usa.
Questo test vede coinvolte 71 aziende di settori diversi e coinvolto 3.300 dipendenti. Tra le varie aziende che vi hanno preso parte si distinguono banche digitali come Atom, società dell’universo del gaming come Hutch e anche l’azienda hi-tech di WANdisco. Il modello inglese prevede, in sostanza, la possibilità di lavorare per 4 giorni alla settimana senza alcuna riduzione dello stipendio.
I risultati ottenuti sono particolarmente interessanti: l’86% delle imprese che hanno partecipato all’esperimento hanno dichiarato di avere una forte intenzione a continuare in questa direzione. Infatti, nonostante la riduzione dei giorni di lavoro, la produttività non è affatto calata. Anzi, in alcuni casi è perfino aumentata.
I vantaggi della settimana lavorativa corta
Sebbene ci siano ancora diversi studi da completare e, soprattutto, si debba ancora capire come si potrebbe introdurre questa nuova organizzazione del lavoro senza stravolgimenti, sono già visibili con chiarezza alcuni vantaggi.
Innanzitutto, è stato dimostrato che molto spesso lavorare per molto tempo non significa necessariamente produrre di più. Lo studio dell’OECD (Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico) ha dimostrato come dopo un certo limite ci sia un calo drastico di concentrazione e produttività. Una sorta di stanchezza fisiologica che, ovviamente, si ripercuote anche sull’attività dell’azienda.
Inoltre, rendendo flessibili le ore e i giorni lavorativi si permetterebbe al dipendente di lavorare in base ai risultati e non al tempo. Non avrebbe più importanza quante ore effettivamente si sono trascorse alla scrivania, quanto, invece, i frutti del proprio impegno.
Un ultimo vantaggio è sicuramente legato a una questione economica e ambientale. Lavorando meno giorni alla settimana porta a una forte riduzione dei consumi per le aziende. Si pensi ai sistemi di raffreddamento e riscaldamento, per esempio. Inoltre, sarebbe un ottimo modo per limitare gli spostamenti in auto con risparmio sul carburante e minori emissioni di gas inquinanti.