Proteine alternative: un settore in crescita e opportunità di business
Le proteine alternative, gli alimenti in grado di sostituire la carne per fabbisogno proteico, stanno diventando sempre più diffuse sulle nostre tavole. Non soltanto sulle nostre, ma su quelle di tutto il mondo.
La volontà di ridurre il consumo di carne per tutelare la propria salute e quella del pianeta, infatti, ha dato una forte spinta a questo settore. Ma non solo. La possibilità di ridurre le emissioni e impattare meno sul pianeta è sicuramente un’altra ragione da tenere in considerazione.
Gli investimenti negli ultimi anni dell’industria alimentare sono aumentati vertiginosamente in pochissimo tempo. Complice di questo successo è sicuramente la possibilità di acquistare prodotti che non siano validi soltanto dal punto di vista nutrizionale, ma che siano anche effettivamente buoni.
Il mercato asiatico, in particolare, si sta mostrando molto interessato alle proteine alternative. Molti alimenti che possono essere inseriti in questa categorie di cibi, infatti, sono già abitualmente consumati dalla popolazione. Se in occidente l’alternativa più comune alla carne sono legumi e uova, in Asia è la soia a fare da padrone.
Ma come sono cambiate le cose nel tempo? E quali sono le prospettive per il futuro di questo settore? Continua a leggere per scoprirlo.
Cosa sono le proteine alternative
Di cosa si parla quando si affronta l’argomento delle proteine alternative? Che cosa si intende esattamente? Genericamente con proteine alternative si intendono tutti quegli alimenti che possono essere utilizzati come fonti proteiche in alternativa alla carne.
Per avere un’alimentazione davvero bilanciata è importante inserire alimenti con diversi tipi di nutrienti come grassi, carboidrati e, per l’appunto, proteine. Queste sono contenute in grande quantità nella carne che siamo consumiamo abitualmente, come bovino, suino o anche ovino. Eppure alla carne ci sono molte alternative.
I legumi sono sicuramente l’alternativa vegetale alla carne che sono già ampiamente inseriti nelle nostre abitudini a tavola.
Negli ultimi anni, però, anche l’industria alimentare si è accorta dell’importanza di fornire delle alternative alla carne in grado di fornire la giusta quantità di proteine. Ecco che il mercato ha accolto tra i suoi scaffali i burger vegetali, latte di soia, finte uova e tanti altri prodotti che sembrano carne o derivati che però non lo sono.
Sapore, consistenza e qualità è decisamente migliorata nel tempo, riuscendo a soddisfare anche i palati più difficili. Frutta secca e legumi sono rimescolati con spezie ed erbe aromatiche e reinventati in nuove ricette.
Per non parlare della carne costruita in laboratorio. La cosiddetta “carne in provetta” che nasce a partire dalle cellule prelevate da animali che così possono continuare a vivere la propria vita. A Singapore e Israele esistono perfino ristoranti cell-based.
Il trend degli ultimi anni
Gli ultimi anni hanno visto una crescita esponenziale degli investimenti del settore alimentare mondiale nelle proteine alternative. Un primo dato che può darci un’idea sul valore economico viene dai budget del marketing delle diverse aziende: circa 30 miliardi di dollari all’anno.
Considerando che la carne tradizionale vede coinvolti 1 trilione di dollari in tutto il mercato mondiale possono sembrare pochi spicci, ma non è così.
Nel 2019 il settore delle alternative-proteine nel mercato mondiale era di appena 1 miliardo di dollari. Nel 2020 gli investimenti hanno avuto un primo incremento, arrivando a 3 miliardi. In un solo anno sono praticamente triplicati.
Nel 2021 il trend non si è fermato e si è arrivati a 4,9 miliardi di dollari. Poco meno della metà (2 miliardi) era dedicata a prodotti vegetali, come bevande di soia, mandorle, riso o prodotti a base di verdure, ortaggi e legumi. La parte rimanente, invece, era dedicata alle proteine cellulari cresciute in laboratorio o fermentate.
Le motivazioni alla base di questi cambiamenti sono varie e si legano sia all’attenzione delle nuove generazioni alla salvaguardia ambientale che al proprio stato di salute. Ormai si sono assestati e diffusi gli studi sull’inquinamento prodotto dall’industria alimentare della carne. A questi poi si aggiungono le ricerche che hanno certificato i benefici della riduzione del consumo di carne e insaccati.
Tuttavia, la migliore qualità dei nuovi alimenti alternativi alla carne è stato un incentivo ad ampliarne l’uso.
Il business delle proteine alternative
Il miglioramento dei prodotti in grado di essere davvero proteine alternative alla carne è stato possibile grazie a un lavoro sull’intera filiera.
Per sostenere questo processo, sono stati necessarie degli investimenti non indifferenti. A trarne maggiore vantaggio sono state quelle aziende che si occupano del processo dall’inizio alla fine. Mantenendo il controllo e la gestione dell’intera filiara, infatti, possono agire in modo strategico su qualsiasi punto della produzione e introdurre liberamente innovazioni e sperimentazioni. Però, non è quello che si prevedere per il futuro.
La crescita del settore e l’evoluzione di questo business porta a credere che si distingueranno due strategie di investimento diverse: una a livello tecnologico e l’altra a livello di produzione.
Nel primo caso, le aziende ad attirare nuovi fondi sono quelle che riusciranno a risolvere quelli che sono ancora degli aspetti problematici degli alimenti alternative-proteine. L’aromatizzazione, per esempio, è una tecnologia alimentare in cui c’è ancora molto spazio di azione. Per quanto oggi la “finta carne” sia diventata molto più buona e somigliante alla carne tradizionale, ancora non riesce a replicarne al meglio il sapore. E questo rappresenta un forte limite.
La prima che riesce a risolvere una particolare sfida tecnologica è destinata a diventare il punto di riferimento per quella fase della supply chain. Le altre, quindi, potranno adottare la loro nuova tecnologia e accodarsi.
Nel secondo caso, le attività che potranno attirare finanziamenti sono quelle che si rivelano essere delle buone piattaforme idustriali e adattarsi alle esigenze del mercato. La loro competitività sta tutta nella logica di costo.
Case study: il mercato asiatico
Come abbiamo visto, le proteine alternative si stanno espandendo anche nella produzione industriale di tutto il mondo, attirando non pochi capitali. Questo vale sia per l’Occidente che per l’Oriente. Ma è soprattutto nei Paesi asiatici che sembra esserci un rinnovato e particolare interesse per questo tipo di prodotti alimentari.
Storicamente parlando, l’Asia ha sempre avuto un consumo minore di proteine alimentari se messo a confronto con i Paesi occidentali. Giappone, Corea, Cina, Singapore, Malesia, Indonesia, Vietnam e Thailandia da secoli consumano prodotti derivanti dalla soia, per esempio.
Questa attitudine li rende particolarmente portati e interessati a provare nuove opzioni vegetali di food-tech perché si inseriscono senza interruzione nella tradizione culinaria e nelle abitudini alimentari. Anzi, in un certo senso, queste nuove tecnologie alimentari sono viste come evoluzioni di cibi già noti.
Non stupisce, quindi, il crescente interesse (e quindi investimenti) per questo settore. Secondo le analisi di FAIRR, i capitali devoluti al settore delle proteine alternative sta esplodendo.
Anche i governi asiatici supportano questa iniziativa, vedendo in questo la possibilità sia di intervenire attivamente sul cambiamento del clima, deforestazione e scarsità d’acqua, sia di assicurare autosufficienza e riserve alimentari.
La Cina, nello specifico, ha da poco inserito nel suo piano quinquennale per l’agricoltura l’importanza della ricerca per l’innovazione nelle carni cell-based e carni alternative a cui si aggiungono le uova vegetali. Il suo obiettivo, infatti, è quello di diventare Paese a zero emissioni entro il 2060.