È notizia di questi giorni: il Parlamento potrebbe apportare alcune modifiche all’istituto della prescrizione.
La recente riforma concernente la prescrizione, entrata in vigore dal 1° gennaio 2020, sembra già poter essere messa in discussione e del tutto cambiata.
A quanto pare, su istanza di alcune forze politiche e di alcune classi di professionisti, sembra che si andrà verso uno “smussamento” dei termini della riforma stessa.
Se fino a questo momento si ragionava in termini di prescrizione sia sulle sentenze di assoluzione che su quelle relative alla condanna, il discorso sembra volersi muovere ora solo ad un fermo dopo la sentenza di primo grado.
Prescrizione: Cosa prevede la nuova riforma?
La riforma, proposta dal Ministro della Giustizia Bonafede e poi sostenuta dal Movimento 5 Stelle, vede la sua entrata dal nuovo anno, ma il dibattito già ferve.
Di fatto si pensa a uno stop dei termini di prescrizione sempre, prevedendo, così, il rischio che i processi continuino all’infinito, con un prolungamento che paralizzerebbe i già fermi palazzi di giustizia.
I sostenitori della riforma obiettano, al contrario, che questa manovra impedirà ai colpevoli dei reati penali di uscire impuniti da ogni capo di accusa.
Prescrizione: Osservazione sulla riforma
Secondo molti la previsione di punire i colpevoli, nella sua attuazione pratica, potrebbe rivelarsi vana e, addirittura incostituzionale, poichè allungando i termini delle indagini, di conseguenza, si allunga tutta l’azione penale.
Un altro aspetto riguarda il mancato interesse a proseguire dopo il primo grado, se il reato cadesse in prescrizione, ciò renderebbe eterni i processi.
È ovvio che si scontrano due correnti di pensiero opposte: da un lato si vuole garantire una maggiore punibilità, dall’altro si considerano i procedimenti che “ingolferebbero” la già preoccupante macchina giudiziaria.
Viene spontaneo dire che al momento queste considerazioni si basano su eventualità ipotetiche, trattandosi ancora di una legge appena approvata e per la quale si vogliono suggerire già manovre di correzione.
A una analisi più attenta non sfuggirà il fatto che le percentuali di prescrizioni sono, poi, assai diverse in tutti i tribunali d’Italia.
Si manifesta una netta differenza, per esempio, tra le percentuali di Roma o Catania, che sono tre volte quella di Milano.
Una riflessione che ci si deve porre poi è se lo stop alla prescrizione possa divenire strumento utile per il legittimo andamento dei processi, ovvero se possa essere l’unico strumento utile a garantire la corresponsione della pena ai colpevoli.
Si potrebbe sollevare il dubbio che sarebbe meglio anche concentrarsi su una maggior applicazione delle pene alternative o la depenalizzazione dei reati oppure l’incremento dei mezzi messi a disposizione della struttura della giustizia.
In proiezione, però, sono già state avanzate delle stime secondo cui si è calcolato che molti tribunali dovrebbero fronteggiare circa 30 mila procedimenti in più annualmente.
Certo si tratta di una stima di massima, che sicuramente è variabile da ufficio a ufficio, ma ciò non toglie il fatto che l’eventualità di un aumento di lavoro, difficilmente gestibile, ci sarebbe per tutte le strutture giudiziarie, ovunque sul territorio italiano.