Licenziamento e tutela: conoscere i propri diritti per difendersi sul lavoro
Il licenziamento è un argomento molto delicato da trattare. Di certo tra i più discussi da parte di chi si occupa di diritto del lavoro. E di chi si impegna tutti i giorni per difendere i diritti dei lavoratori.
Scopriamo al meglio insieme:
- cosa significa il termine;
- quali sono i casi in cui è possibile essere licenziati;
- come comportarsi qualora i diritti dei lavoratori non vengono tutelati;
- come si espone a riguardo la legge.
Indice
Che cos’è e quando si usa questo termine
Si parla di licenziamento ove un rapporto di lavoro venga interrotto senza il consenso del lavoratore. In altre parole il licenziamento è l’istituto giuridico tramite cui il datore di lavoro recede unilateralmente dal rapporto di lavoro subordinato.
Il datore di lavoro può licenziare solo se esiste una giusta causa o un giustificato motivo, oggettivo o soggettivo.
Come vedremo in seguito, esistono diverse motivazioni che possono dare origine al licenziamento.
Il licenziamento deve procedere nella seguente modalità:
- atto scritto che contenga le motivazioni alla base del recesso;
- rispetto da parte del datore delle procedure previste dalla legge in caso di licenziamento disciplinare;
- comunicazione del licenziamento da parte del datore di lavoro o di un soggetto legittimato;
- avviso preceduto da una specifica procedura che consenta al lavoratore di svolgere le proprie difese.
Il licenziamento privo di forma scritta o carente di contestuale motivazione è inefficace. Chi è stato licenziato ha diritto a 5 giorni per fornire le proprie giustificazioni alla violazione comportamentale. Trascorso tale periodo di tempo il datore di lavoro può procedere con il licenziamento, ove non ritenga adeguate le motivazioni addotte.
Motivazioni plausibili in base alla legge
In Italia il licenziamento è consentito in base alla legge per differenti motivazioni:
- per giusta causa: si basa sul rapporto di lavoro individuale: attengono al rispetto di regole, disposizioni e regolare svolgimento delle attività lavorative. La condotta del lavoratore è quindi talmente grave da far venir meno il vincolo fiduciario con il datore di lavoro e impedire la prosecuzione. In questo caso non è necessario dare il preavviso. Il provvedimento espulsivo effettuato con immediatezza deve essere proporzionato all’inadempimento;
- giustificato motivo soggettivo: ove il lavoratore non abbia adempiuto agli obblighi contrattuali provocando un grave pregiudizio all’impresa. Tale valutazione deve avvenire tenendo conto anche dell’eventuale intenzionalità della condotta;
- giustificato motivo oggettivo: a fronte di esigenze organizzative o produttive è possibile procedere al licenziamento con preavviso. Esempi classici: riorganizzazione della struttura aziendale o soppressione di alcune posizioni di lavoro;
- motivi economici che hanno a che fare con l’organizzazione ed il funzionamento dell’azienda. E quindi in caso di crisi aziendale. In questi casi l’azienda possiede lavoratori in esubero e per sostenersi deve ridurre l’organico. Solitamente non riguardano solo un singolo dipendente e per questo motivo sono definiti licenziamenti collettivi.
Quali sono i diritti di chi viene licenziato
Il licenziamento è soggetto a delle procedure piuttosto rigide a tutela dei diritti dei lavoratori. Deve infatti:
- essere comunicato con preavviso con tempistiche che variano in base alla tipologia;
- venir accompagnato da motivazioni;
- nei casi di giusta casa, essere data la possibilità al dipendente di difendersi fornendo la sua versione dei fatti.
Difendersi da un licenziamento ingiusto e senza diritto è possibile, seppur un procedimento abbastanza complicato.
In questi casi infatti la legge dà la possibilità alla persona di difendersi in Tribunale. Il Giudice del Lavoro valuta il caso e, se ritiene che un licenziamento sia illegittimo, può:
- disporre il reintegro in azienda annullando a tutti gli effetti il licenziamento. Questo è il caso in cui i comportamenti dell’azienda vengano valutati discriminatori o le ragioni infondate;
- condannare l’azienda a pagare un’indennità compensativa all’ex dipendente senza l’obbligatorietà di reintegrazione in azienda.
A partire dal 28 febbraio 2023, è stato introdotto un nuovo procedimento per le controversie in materia di licenziamento con domanda di reintegrazione. Tali domande:
- hanno carattere prioritario;
- mirano ad un giudizio rapido;
- danno la possibilità al giudice di ridurre i termini del procedimento fino alla metà.
Per il resto, il procedimento è regolato dalle norme ordinarie del rito del lavoro.
Che cos’è il licenziamento ad nutum
Come per tutte le leggi, anche in questo caso esistono delle eccezioni. In questi casi non si applica il principio generale secondo cui il datore di lavoro può licenziare il lavoratore solo se ci sono giuste motivazioni.
In tale ipotesi, detta di libera recidibilità, il datore di lavoro:
- non è tenuto a fornire motivazioni;
- è svincolato da obblighi formali;
- non è soggetto alle conseguenze sanzionatorie previste in caso di licenziamento illegittimo
Il licenziamento ad nutum riguarda il licenziamento di:
- lavoratori in prova;
- dirigenti;
- apprendisti al termine del periodo formativo;
- soggetti che hanno raggiunto i limiti d’età per l’accesso alla pensione di vecchiaia;
- lavoratori domestici;
- atleti professionisti.
Come abbiamo detto per questa tipologia di provvedimento non è richiesta una motivazione in forma scritta che giustifichi la decisione presa.
Il datore di lavoro può inoltre rivolgersi a un’agenzia di investigazioni aziendali per approfondire le motivazioni relative al recesso. E l’agenzia può condurre delle indagini sui dipendenti. È possibile svolgere azioni di supervisione per raccogliere materiale fotografico, ad esempio pedinamento e appostamento.
Questa fase è finalizzata alla verifica della condotta del dipendente, in relazione a permessi di lavoro e attività secondarie.
I risultati dell’indagine potrebbero fornire supporto e tutelare il datore e la sua decisione ove il dipendente faccia ricorso post licenziamento.
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