Lavoro e istruzione: la condizione lavorativa delle donne tra i 25 e i 49 anni
Recentemente riunitosi insieme alle commissioni Bilancio e Politiche UE in sede del Senato, l’ISTAT ha esposto dei dati particolarmente allarmanti. La complessa relazione tra lavoro e istruzione viene resa ancor più difficile per le donne che hanno scelto di diventare madri. E, se questa triste realtà emerge un po’ ovunque tenendo conto della media nazionale, le percentuali registrate al Sud sono particolarmente preoccupanti.
L’analisi dei dati presentati dall’Istituto alle due commissioni in Senato ha permesso di comprendere il profondo divario territoriale in Italia.
Per comprendere anche noi la situazione del divario e il complesso rapporto tra lavoro e istruzione, ma anche scelte di vita della lavoratrice, analizziamo i dati ISTAT più nel dettaglio.
Lavoro e istruzione: la situazione generale in Italia
Il noto istituto ISTAT, che si occupa di statistiche relative al territorio nazionale, ha analizzato la condizione lavorativa di donne tra i 25 ed i 49 anni di età. Lo studio, esposto in Senato alle commissioni Bilancio e Politiche UE ha permesso di analizzare il nesso tra successo nel lavoro e istruzione.
Innanzitutto, esamineremo i dati presentati da ISTAT analizzando la situazione generale in Italia.
Secondo lo studio compiuto dall’Istituto, nel 2022 l’80,7% delle donne single tra i 25 ed i 49 anni aveva un impiego stabile. Il tasso di occupazione scende però al 74,9% per le donne che non vivono da sole, ma in coppia.
Ancor più basso, purtroppo, il tasso di occupazione delle donne italiane con figli, che scende al 58,3%, sempre tenendo conto della fascia d’età indicata in alto.
Tuttavia, da questi dati emerge anche lo stretto nesso tra lavoro e istruzione. Infatti, considerando il livello di istruzione ed il titolo di studio conseguito, la situazione cambia radicalmente.
Le donne laureate, pur con una famiglia, ma che dunque possiedono un titolo di studio elevato hanno un tasso di occupazione del 70%. Si comprende da questo dato l’importanza che l’istruzione elevata ha nella possibilità di trovare un impiego, che si abbia una famiglia alle spalle o meno.
Il divario tra Nord e Sud
Tuttavia, i dati appena analizzati e riguardanti il nesso tra lavoro e istruzione nel nostro Paese sono stati ricavati effettuando una media nazionale.
Analizzando invece il report dell’istituto ISTAT valutando i dati a livello locale, emerge una situazione molto eterogenea. E, in particolare, ciò che è stato messo in luce è un divario profondo tra Nord e Sud.
La fascia d’età analizzata è ancora una volta quella che va dai 25 ai 49 anni. Nel dettaglio, al Sud la situazione è quella peggiore, che si colloca sotto la media nazionale.
Abbiamo già detto che le donne con figli hanno registrato un tasso di occupazione del 58,3%. Ebbene, al Sud in molti casi questo tasso scende al 21,4%. Si tratta della percentuale minima, che riguarda le donne del Meridione che, al contempo, hanno dichiarato sia di avere figli, sia di possedere un basso titolo di studio.
Emerge dunque ancora una volta l’importanza del nesso tra lavoro e istruzione elevata, che consente di accedere al mercato del lavoro seppur in presenza di figli.
La percentuale di occupazione migliore se la guadagnano invece le donne laureate e single del Nord. In questo caso, il tasso di occupazione registrato dall’ISTAT è del 92,7%. Si tratta dunque del dato migliore a livello nazionale.
Lavoro e istruzione, quanto conta il titolo di studio?
Il possesso di una laurea sembra quindi avere un ruolo fondamentale nella possibilità di trovare un impiego. Innegabile, però, che le differenze di genere giochino come sempre un ruolo altrettanto fondamentale.
Infatti, lo studio compiuto dall’ISTAT ha messo in luce come, tra gli individui tra i 30 ed i 34 anni, il 12,1% non ha mai avuto un impiego. Analizzando però le differenze tra donne e uomini, le prime appaiono comunque svantaggiate.
Ad ogni modo, il peso del nesso lavoro e istruzione è ulteriormente confermato da un altro dato. Per la fascia d’età dai 30 ai 34 anni non hanno mai lavorato il 7,5% delle laureate, contro il 38,3% delle donne con la sola licenza media.
Il divario uomo-donna resta comunque elevato e si affianca alla relazione lavoro e istruzione ponendo le donne in netto svantaggio, dato che le percentuali di uomini dai 30 ai 34 anni laureati e non laureati ma senza lavoro sono rispettivamente del 6,2% e dell’8,5%.
Lavoro e istruzione, ma non solo: gli altri fattori che pesano sull’occupazione femminile
È chiaro dunque, in base a quanto detto fino ad ora, che possedere un elevato titolo di studio può influire positivamente nel trovare un impiego.
E, in quest’ottica, le donne e madri del Mezzogiorno con titolo di studio non elevato appaiono quelle più svantaggiate. Ma non possiamo dire che il basso tasso di occupazione rilevato al Sud sia tutto da imputare al nesso lavoro e istruzione.
Il divario tra Nord e Sud dipende anche da moltissimi altri fattori, che vanno considerati se vogliamo meglio comprendere il fenomeno nella sua interezza.
Oltre al livello di istruzione, giocano un ruolo fondamentale diversi aspetti, tra cui modelli culturali e carichi familiari.
Ma c’è anche un altro aspetto fondamentale, che di certo non favorisce l’occupazione delle madri al Sud, indipendentemente dal grado di istruzione.
Il peso della mancanza di asili e servizi di cura al Sud
Parliamo dell’aspetto legato alla mancanza di servizi di cura per l’infanzia e di asili nido nel Mezzogiorno. Se infatti è vero che, dato che il nesso tra la possibilità di trovare lavoro e istruzione è fondamentale, è altrettanto vero che le madri aspiranti lavoratrici del Sud partono con un grandissimo svantaggio.
Sebbene in Italia da anni ci si stia impegnando nel tentativo di potenziare gli asili nido, la situazione nel Mezzogiorno continua ad essere critica. Lo dimostra il fatto che, in Regioni quali la Calabria e la Campania, solo un bambino su dieci trova posto al nido.
Se, analizzando la media nazionale, la situazione sembrerebbe sotto controllo, dato che la totalità delle strutture nazionali assicura la copertura per più del 27% dei bambini, a livello locale le cose cambiano sensibilmente. Altra testimonianza è rappresentata dalla Sicilia, dove la copertura equivale al 12,5%, al di sotto del limite minimo valido per legge.